Norte gestiva servizi d’informazione nella città di Juarez, nello Stato del Chihuahua. Chiude i battenti dopo ventisette anni di reportage, interviste e inchieste. “Adios!”, questo il titolo della lettera che il suo direttore, Oscar Cantu Murguia, ha inviato ai suoi lettori.

“Adios!” L’ultimo saluto sulla prima pagina del giornale messicano, Norte, è un segnale di resa contro la criminalità organizzata, la presa di coscienza di un giornalismo rassegnato a soccombere sotto il volere dei poteri forti, sotto la loro censura, sotto una delinquenza che sopprime la libertà d’espressione, sotto i colpi d’armi da fuoco. Otto, per la precisione, quelli che, lo scorso 23 marzo, hanno raggiunto e ucciso,mentre usciva di casa con suo figlio, Miroslava Breach, reporter del quotidiano nazionale La Jornada.

Gli assassini le hanno lasciato una dedica: “Per la tua lingua lunga…”. Già, perchè in Messico le pubblicità governative rappresentano la principale fonte di reddito per gli organi di stampa. Norte gestiva servizi d’informazione nella città di Juarez, nello Stato del Chihuahua. Chiude i battenti dopo ventisette anni di reportage, interviste e inchieste. Norte raccoglieva le impressioni di 1,3 milioni di abitanti, e, con una tiratura vicina alle 35mila copie settimanali, divideva l’angolo notizie con altre testate locali, quali El Diario, El Mexicano, El PM e Hoy.

“Adios!” Questo il titolo della lettera che il direttore di Norte, Oscar Cantu Murguia, ha inviato ai suoi lettori. Un’abbacinata epigrafe scritta a caratteri cubitali, il ripudio per l’acquiescenza con cui molti colleghi trattano argomenti scottanti, calamita di violenza da parte del cartello della droga. Murguia è dalla parte dei portatori sani di verità, spalleggia la cronaca che fa giustizia, ha radunato, in Plaza de Armas, centinaia di manifestanti con lo slogan “Todos somos Miroslava”.

Ma la Breach non è l’unica vittima mediatica della malavita messicana. Secondo il Committee to Protect Journalists, sono addirittura trentotto i giornalisti uccisi, dal 1992 ad oggi, conseguentemente al loro lavoro. Nel solo mese di marzo, del corrente anno, sono stati denunciati omicidi in località come Guerrero, Vera Cruz, Poza Rica e San Josè del Cabo.

La chiosa è affidata a Carlos Lauria, coordinatore del CPJ in America: “Il Messico sta chiaramente attraversando una profonda crisi per la libertà di esperessione. Non è un colpo solo per i giornalisti, ma per tutti i messicani perchè il fatto che un giornale chiuda significa privare la gente di informazioni di cui hanno bisogno per prendere decisioni.”

Anche il direttore Murguia giustifica la singolare scelta: “Stimati lettori, mi rivolgo a voi per segnalare che non ci sono più le garanzie e la sicurezza necessarie per l’esercizio critico e controbilanciato del giornalismo. In questi 27 anni ci siamo battuti contro la marea, ricevendo attacchi e punizioni da parte di individui e governi per aver esposto le loro cattive pratiche e atti di corruzione che hanno solamente danneggiato la nostra città e le persone che ci vivono. Non sono preparato a perdere altri collaboratori, nè la mia vita, ma continuerò a combattere da altre trincee…“.

Un “Adios” che sa, speriamo di arrivederci…