Vangava per terzi un podere

seguendo dappresso i due buoi

a un passo dal forte vomère.

 

Mai padrone di terreni suoi,

faticava da sempre a giornata:

da che fu orfano in poi.

 

Vita grama, dura e salata

come i rivoli sulla sua fronte

a Fatica e Dover dedicata…

 

Ma quel dì, il traino bifronte

s’incaglia in qualcosa di duro:

s’arresta il cornuto bisonte.

 

L’uomo si dice, in viso scuro,

“Magari è una radica forte…

magari di qua era un tratturo…”

 

Con le dita robuste e corte

scava attorno al ferro incastrato:

delle mani al terreno fa porte;

 

dopo avere un bel poco scavato

intravede con gran meraviglia

uno sfondo in metallo dorato.

 

Batte e sbatte veloce le ciglia

mentre affonda più in basso le mani,

sino a prendere una maniglia:

 

con fatica e sforzo immani

tira fuori il forziere pesante,

colmo di ori e diamanti diafàni!

 

Fuor di sé – non ci pensa un istante –

risotterra il prezioso baule,

mette un segno che guardi a Levante.

 

Va in paese, si vende le mule,

vende il carro, l’aratro e la zappa

e il setaccio che spazza le pule.

 

Dal padrone del campo fa tappa,

lui, che ignaro del grande tesoro,

gli rivende il terreno e la mappa.

 

E quell’uomo ritorna sul foro,

saltellando in piena letizia:

finalmente al suo duro lavoro

 

il Cielo ha reso giustizia.

Ascolta la “Matteo 13,44” interpretata da Giuseppe Porro:

 


FonteFoto di Victor Sobrado su Unsplash
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Giuseppe Porro nasce ad Andria nel 1985, vive in Seminario gli anni della sua fanciullezza e adolescenza. Frequenta il Liceo Classico “Carlo Troya” e si laurea in Lettere presso l’Università di Bari. Dal 2015 vive a Martina Franca con sua moglie e le sue figlie. Da sempre amante della poesia, l’endecasillabo lo diverte particolarmente: Per gioco cominciai al cento die convivio, i pari miei per allietare, vincendo primordiali retrosie dinnanzi ai prof non temmi di parlare: usai da dilettante il bello metro, per dare ai brindisi una veste un po’ più ilare. Ridea di gusto, vetusta, la Di Pietro, la Tarantini, ch’avvampa di vermiglio e la teatrale musa Notarpietro. Da allora quando carta e penna piglio, se voglio raccontare di qualcosa, m’imbarco in ‘sì nobile naviglio che può suonar più dolce della prosa.