Vangava per terzi un podere
seguendo dappresso i due buoi
a un passo dal forte vomère.
Mai padrone di terreni suoi,
faticava da sempre a giornata:
da che fu orfano in poi.
Vita grama, dura e salata
come i rivoli sulla sua fronte
a Fatica e Dover dedicata…
Ma quel dì, il traino bifronte
s’incaglia in qualcosa di duro:
s’arresta il cornuto bisonte.
L’uomo si dice, in viso scuro,
“Magari è una radica forte…
magari di qua era un tratturo…”
Con le dita robuste e corte
scava attorno al ferro incastrato:
delle mani al terreno fa porte;
dopo avere un bel poco scavato
intravede con gran meraviglia
uno sfondo in metallo dorato.
Batte e sbatte veloce le ciglia
mentre affonda più in basso le mani,
sino a prendere una maniglia:
con fatica e sforzo immani
tira fuori il forziere pesante,
colmo di ori e diamanti diafàni!
Fuor di sé – non ci pensa un istante –
risotterra il prezioso baule,
mette un segno che guardi a Levante.
Va in paese, si vende le mule,
vende il carro, l’aratro e la zappa
e il setaccio che spazza le pule.
Dal padrone del campo fa tappa,
lui, che ignaro del grande tesoro,
gli rivende il terreno e la mappa.
E quell’uomo ritorna sul foro,
saltellando in piena letizia:
finalmente al suo duro lavoro
il Cielo ha reso giustizia.
Ascolta la “Matteo 13,44” interpretata da Giuseppe Porro: