
Il filosofo tedesco e l’indagine sull’essere, l’esilio e l’amore per la sua allieva di origini ebraiche Hannah Arendt
Tra i maggiori filosofi del ‘900, la sua è una figura ancor’oggi controversa. Nacque nel 1889, a Messkirch, nella Germania meridionale. Martin Heidegger faceva parte di una famiglia cattolica: l’ambiente religioso influenzerà gli anni della sua formazione. Nel 1909 iniziò a frequentare l’università di Friburgo, essendo iscritto alla facoltà di teologia, che abbandonò per un’altra facoltà, filosofia, partecipando ai corsi del neokantiano Heinrich Rickert.
Conseguì la laurea nel 1913. Nel 1915 ottenne la libera docenza, insegnando prevalentemente presso la stessa università fino al 1923. Qui, inizialmente ricoprì il ruolo di assistente di Edmund Husserl, avvicinandosi al suo pensiero; successivamente assunse le sue veci, divenendo rettore nel 1933. Si ricorda una parentesi di docenza a Marburg, dal 1923 al 1928.
Originariamente aderì alle ideologie naziste. Dovette dimettersi dal suo incarico poiché gli fu imposto dal governo di Hitler di licenziare due colleghi non nazisti. ‘’Essere e tempo’’, uno dei suoi maggiori lavori, è pubblicato nel 1927, quando il filosofo si trovava a Friburgo; è dedicato ad Husserl, che lo pubblicò sulla propria rivista filosofica. Nell’opera Heidegger mira a indagare il senso dell’essere. Decide di partire da colui che si pone tale quesito: l’uomo. Si analizza l’uomo nel suo essere nel mondo; ciò si esplicita a partire dal prendersi cura delle cose. L’uomo è l’unico in grado di potersi distaccare dalle cose e di vivere un’esistenza progettando il futuro e ritornando al passato, essendo conscio dell’esistenza della morte. Dunque, è la temporalità ad avere un ruolo fondamentale nella questione di Heidegger.
Due anni dopo, il filosofo pubblicò tre lavori fondamentali: “Kant e il problema della metafisica’’, “L’essenza del fondamento’’ e “Che cos’è la metafisica?’’. Nel 1931, lo stesso Husserl si distanzierà dalla filosofia dell’esistenza heideggeriana. Si ricorda un discorso, in veste di rettore all’università di Friburgo, di apertura dell’anno accademico, nel quale Heidegger parlò con accezione positiva del nazismo. Successivamente si avvicinò al pensiero del poeta Friedrich Hölderlin; da lui derivò il suo mutamento di pensiero.
Le autorità naziste non gradirono la svolta e incominciarono a sospettare di lui; per tal motivo, nel 1934, il filosofo dovette dimettersi dal rettorato e fu emarginato. Fu anche allontanato dall’insegnamento fino al 1949, per interdizione accademica decisa dagli alleati, riprendendo a insegnare nel 1952. Così, perse i rapporti con le personalità più eminenti della cultura tedesca, come, ad esempio, Karl Jaspers.
Heidegger decise di ritirarsi in esilio volontario nella sua residenza nella Foresta Nera; qui si dedicò quasi interamente alla ricerca e alla didattica. Durante gli anni di isolamento il filosofo rivoluzionò il suo pensiero; è così che la ricerca del senso dell’essere si spostò sull’essere stesso. L’essere era ritenuto come ‘’evento’’ e si creava un continuo rapporto tra uomo e essere. L’essere era nascosto e la realtà diveniva un qualcosa del quale bisognava servirsi; in questo modo era superata la metafisica. Nella sua opera, pubblicata nel 1935, “Contributi alla filosofia’’ criticò il nazionalsocialismo; tale critica la si trova anche nelle lezioni tenute tra il 1936 e il 1940 su Nietzsche, nelle quali criticava le sue interpretazioni.
Ebbe varie problematiche e una profonda crisi; grazie al ricovero nel sanatorio di Badenweiler riuscì a riprendersi, fino alla pubblicazione, nel 1946, della ‘’Lettera sull’umanismo’’. È da sottolineare che il filosofo non ha mai ritrattato nulla del suo periodo di adesione al nazismo. Ufficiali francesi fecero in modo che lui potesse incontrarsi con Jean Paul Sartre, grazie a quale il filosofo tedesco poté rimettersi in careggiata dal punto di vista internazionale. La collaborazione non andò a buon fine, ma nacque uno scambio di corrispondenze tra i due che portò Heidegger a redigere la celebre “Lettera sull’umanismo”; con essa il filosofo si distanziò dalla corrente esistenzialista diffusasi in tutta Europa. Il suo pensiero originario sarà comunque ritenuto di fondamentale importanza per l’esistenzialismo.
Heidegger pose le sue problematiche filosofiche maggiori nei lavori del suo ultimo periodo di vita, il quale pensiero sarà il più arguto. Tale periodo incomincia con i successivi studi alla “Lettera sull’ Umanismo”; le sue opere, più che testi filosofici, saranno maggiormente simili a saggi, a forme dialogiche. I suoi allievi decisero di distanziarsi da ciò che affermava il filosofo, non concordando più con ciò che lui pensava. Celebre è ‘’Ormai solo un dio ci può salvare’’, l’intervista rilasciata nel 1966 a uno dei più importanti giornali tedeschi, a condizione che la pubblicazione fosse avvenuta in seguito alla sua scomparsa. Nell’ultima fase della sua vita, il filosofo considerò il linguaggio imprescindibile.
Quanto discusso e ancor oggi animato è il dibattito su Martin Heidegger, va ricordato come un suo allievo, Ernst Nolte, storico noto per le sue tesi revisioniste sulla Germania durante il periodo nazista, nel suo libro dei primi anni ’90 (Martin Heidegger, politica e storia nella vita e nel pensiero, ed. Propylaen, pagg. 330), lo definì, sorpendentemente “precursore del movimento studentesco del ’68 e nazista sui generis”, alimentando ulteriormente il confronto su questo filosofo. Morì nel 1976 a Baden-Wurtemberg. Sposato con Elfride Petri, donna molto gelosa, ebbe da lei un figlio, Hermann, ufficiale pluridecorato dell’esercito tedesco, docente ai licei e curatore dello sterminato archivio paterno. La mamma Elfride aveva fatto una rivelazione sorprendente al 14enne Hermann: non era il figlio biologico di Martin, ma del medico Friedrich Caesar, amico di gioventù della madre. Di questa vicenda era a conoscenza Martin Heidegger, che malgrado ciò non esitò a dichiarare Hermann suo figlio legittimo. Alimentando un lungo gossip accademico, Martin Heidegger ha sempre provato un sentimento d’amore per la sua allieva Hannah Arendt, di origini ebraiche: famose le sue lettere d’amore, pubblicate postume.