
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Mario Caldarola…! Il suo nome è giunto anche all’orecchio dell’International Maitres Association Hotel Restaurant che ha apprezzato in lui qualità da barman senza precedenti. A pochi giorni di distanza dal ritiro della targa con il titolo di “Grande Maestro”, abbiamo deciso di incontrare Mario per farci raccontare le sue emozioni
Ciao, Mario. Come ci si sente nei panni di “Grande Maestro”, titolo di cui ti ha insignito l’IMAHR (International Maîtres Association Hotel Restaurant)?
Lo considero un riconoscimento ai miei sforzi, mi inorgoglisce e mi spinge a migliorarmi. Ricevere un simile attestato di stima mi restituisce determinazione e voglia di innovarmi anche a quest’età.
Ritieni sia più difficile promuovere il “Made in Italy” qui al Sud?
Oggi, forse, sì. Anche se, soffermandoci, la nostra terra offre prodotti di alta qualità. Ciò che diventa difficile trovare è un’imprenditoria in grado di valorizzare il territorio, troppo lassismo opprime la possibilità di aprirsi a nuovi orizzonti.
Professionalità, estro e intraprendenza, sono solo questi gli ingredienti per un “cocktail” di successo in campo lavorativo?
Ci aggiungerei anche la tenacia. Nel corso di una carriera capita di affrontare alti e bassi. L’importante è non perdersi mai d’animo, e “sorseggiare” le soddisfazioni che arrivano dal fare ciò che più ami.
Anche tua moglie, Anna Albano, ha ottenuto in precedenza lo stesso riconoscimento, diventando la prima barlady IMAHR. Il vostro decennale sodalizio può essere inteso come sostegno reciproco o, dopo questo premio, si è trasformato in simpatica competizione?
1-1, palla al centro. (ride) Scherzi a parte, Anna ed io ci sosteniamo a vicenda, lei è la spalla su cui ripongo i miei sogni. Senza mia moglie, probabilmente, non avrei avuto il coraggio di dedicarmi alla mia passione.
Da ambasciatore eno-culinario della nostra Città, quali e quanti altri ostacoli deve superare, secondo te, Andria prima di poter imporre i propri prodotti a livello nazionale?
Credo si tratti di un retaggio culturale. Come ho già detto, Andria deve prendere coscienza dei progressi a cui può anelare. Ci vuole lavoro, sacrificio e un pizzico d’amor proprio…
Che dirvi, cari 25 lettori, posso solo citarvi Ligabue e promettervi che “ci vediamo da Mario prima o poi…”