…come la vita

Ci sono cose che si spezzano e cose che si frantumano.

I pezzi sono le parti di un tutto che smette di essere intero; i frammenti sono parti delle parti. Ne consegue che ricostruire qualcosa che va in pezzi è possibile, non sempre è chiaro. Mentre riparare qualcosa che si è frantumato è difficile ai limiti dell’impossibilità.

I frammenti sono abbastanza ingestibili. Quando un oggetto si frantuma, potremmo ritrovarne schegge sparse per la casa a distanza di anni, magari negli angoli più nascosti. La frammentazione è una specie di esplosione: non sai mai fino a quale distanza lascia i segni. Finché un frammento non te lo ricorda. La rottura è più contenuta, forse più rumorosa, forse più eclatante, ma i pezzi sono tutti lì e occorre solo un buon attaccatutto. Magari una colla dorata, per imitare l’arte giapponese del kintsugi e trasformare la rottura in arte. E che dire, poi, dei legami spezzati, i quali, una volta riannodati, accorciano le distanze tra le parti, dimostrando che a volte la rottura fa addirittura bene ai rapporti. A volte, però, le relazioni si sfilacciano, come quegli odiosi nastri che, una volta tagliati, non sono riannodabili: le loro estremità vanno ormai per conto proprio, non seguono la trama e perdono continuamente fili e peluria.

Ecco, ci sono cose semplicemente irrecuperabili, come un vaso di cristallo che cade, come uno specchio che scivola a terra durante un trasloco, come un legame che ha impattato gli urti violenti dell’errore e dell’errare lontano dall’altro, lontano da sé. E quella familiarità tra frangere e fragile ci suggerisce che sono proprio le cose vulnerabili quelle più esposte alla rottura senza rimedio. Fragili, non deboli. È diverso. Fragili sono le cose che non possiamo controllare, le preziosità incalcolabili. Fragili sono tutte le cose che ci ricordano che essere infrangibili non è mai la soluzione.

Paradosso? Forse. Se andare in frammenti equivale a non ristabilire più la situazione precedente, a perdere qualcosa di prezioso, perché mai non si potrebbe coltivare un po’ di sana infrangibilità? Semplicemente perché non rompersi, non spezzarsi, non frantumarsi non è possibile, a meno di una chiusura ermetica in un equilibrio stantio, magari in un silenzio di comodo, magari in una serie di convenzioni paesane, magari nella falsa verità del «sono fatto o fatta così e non posso farci nulla». Una di quelle casseforti in cui ci si conserva così bene da ossidarsi, rimanendo intatti ma perdendo bellezza, lucentezza, valore.

Il punto è maneggiare con cura le fragilità, sia quando sono intere sia quando sono irrimediabilmente perse. Il punto è non piangere sui frammenti sparsi, sognando ricostruzioni impossibili e nostalgici ritorni alle situazioni di partenza. Quei frammenti sparsi, ingestibili fino all’inverosimile, ci ricordano che nella vita non si può tornare indietro, ma che si può andare avanti. A patto di non rimpiangere il cristallo perduto, ma di impegnarsi a trovarne di nuovi, è ovvio.

Se poi non è possibile perché mancano il coraggio, la forza, la volontà, la libertà, la serenità, quei frammenti resteranno per sempre a perenne memoria di quanto disintegrare e disintegrarsi sia, a volte, estremamente facile. Per questo essi saranno una lezione importante sull’uso corretto della forza, della parola, del silenzio, della rabbia, della crisi. Una di quelle lezioni alle quali conviene farsi trovare presenti e attenti, perché fatta da maestri affidabili, da pezzi di pezzi di vita, che insegnano con la vita stessa, con le loro spigolosità taglienti, ma affidabili, autentiche e vere.

Il resto dei maestri conviene lasciarli stare, soprattutto se la fanno troppo facile, puntando a stondare gli spigoli con faciloneria da buontemponi. O se cercano di spazzare i frammenti alla meglio per conservare le apparenze, tacendo le rotture e dando così prova, ahimè, di avervi contribuito.

La fragilità è un bene comune e i frammenti delle rotture riguardano tutti coloro che hanno partecipato all’intero, acclamandolo a suo tempo. Ma tante volte non lo si sa, o si fa finta di non saperlo. Maneggiare le fragilità, si sa, è rischioso tanto quanto essere vivi, veri, umani.


FontePhotocredits: Michela Conte
Articolo precedenteCara me…
Articolo successivoAlchemy of Feelings
Sono un'insegnante, anche se il più delle volte sono io quella in-segnata dai miei studenti. Sono una ricercatrice, perché cerco piste di rilevanza pubblica per una materia troppo fraintesa e troppo di nicchia: la teologia. Sono una giornalista e faccio cose con le parole. "Quello che non ho è quel che non mi manca" (F. De André) e sono immensamente grata alla vita perché, non senza impegno e sacrificio, "ho trovato amore nel mezzo de la via, in abito legger di peregrino" (Dante Alighieri, Vita nova)

1 COMMENTO

Comments are closed.