«L’unico modo per accettare la vita è accettare la morte»
(Leo Buscaglia)

Lui deve crescere ed io diminuire: dice più o meno così il Battista del suo rapporto con Gesù di Nazareth.

Qualcuno deve vivere e qualcun altro morire: sembra questa la legge della vita a cui tutti, presto o tardi, sottostiamo, che piaccia o no.

Detta così, pare una brutta cosa. La morte, in generale, non riscuote grandi consensi.

Eppure, a ben pensarci, morire può essere il più grande atto d’amore.

Mi consumo perché tu viva, mi spengo perché tu riluca, mi annullo per lasciare che il mio spazio diventi solo tuo­: potrebbe dire più o meno così ogni predecessore a chi lo segue, ogni genitore al figlio, ogni amante all’amato.

E poco conta che ci sia riconoscenza oppure no. Chi ama, non può farlo che in modo gratuito, vale a dire senza mirare al tornaconto, ché è già un gran bella restituzione la gratitudine. Desiderarla, è come uccidere l’amore.

Dunque, chi ama, ama che l’amato sia. Gode della felicità altrui e altro non desidera. Ama a vuoto. Ama anche nel vuoto. Punto.

Certo, non è che questo gli allievi la morte.

Una mamma che, in determinate situazioni, ad esempio perché ammalata di cancro, accetta di perdere la propria vita, pur di far nascere il figlio, non è che possa farlo a cuor leggero. Gioisce infinitamente perché lui sarà e, nello stesso tempo, è infinitamente triste perché lei non sarà con lui.

Per molti, rimane la convinzione che i due, madre e figlio, saranno comunque insieme, in altro modo e per altra via.

Per altri, un simile convincimento fa parte dei “massimi sistemi” e tocca non parlarne ché tanto non porta frutto e non si deve. Non resta che accogliere e lasciare andare. Una questione di priorità.

E torniamo al punto: lui deve crescere ed io diminuire.

Il Battista lo disse di Colui che ci ha invitato ad essere luce del mondo. Chissà, magari una luce si può accendere anche attraversando il buio.

In fondo è questa, solo questa, la nostra speranza.

Proverbio buddhista: «Alla fine solo tre cose contano: quanto hai amato, come gentilmente hai vissuto e con quanta grazia hai lasciato andare le cose non destinate a te».

Antoine de Saint Exupéry: «Le cose per le quali siamo disposti a morire sono anche le cose per le quali viviamo: ciò che dà un senso alla vita, lo dà anche alla morte».

Alda Merini: «Tutti gli innamorati sono in Dio».


FontePhotocredits: Paolo Farina
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...