Ospite dell’Associazione Culturale Fucina Domestica, l’attrice Nunzia Antonino, venerdì 6 maggio, inizio ore 21.00, porta in scena una rappresentazione de Lo Scialle Andaluso. Tratta dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, questa pièce teatrale solca il confine della tangibile superficie delle cose, penetrando, in maniera chirurgica, nelle coscienze degli spettatori. Lo Scialle Andaluso è un’opera la cui riconoscibilità è propedeutica ad un altro importantissimo scritto della Morante, L’isola di Arturo, capolavoro grazie al quale la scrittrice romana riceverà il Premio Strega nel 1957.

Ciao Nunzia, dalla tua biografia si scruta un’anima abbastanza apolide. Possiamo paragonare i tuoi viaggi artistici a quelli di Giuditta Campese, protagonista de Lo Scialle Andaluso?

Ho viaggiato tanto sin da bambina, cogliendo ogni possibile occasione per allontanarmi da casa e dal mio paese. Anch’io, come Giuditta Campese, a causa del mio amore per il teatro, mi son messa contro tutti i parenti, ho lasciato Bisceglie, famiglia e amiche e sono partita per Roma. Nella capitale ho studiato con approfondimenti nelle accademie di Varsavia e Parigi, cominciando a lavorare prestissimo. Le mie prime tournée con la compagnia Pagliai-Gassman sono state fittissime: Milano, Firenze, Roma, Napoli, Palermo… ma anche tanta provincia! Si lavorava ogni giorno da Novembre a Maggio! L’Italia è piena di bellissimi teatri anche nelle piccole città. La compagnia di giro in cui entra Giuditta Campese, dopo essere stata licenziata dal teatro dell’Opera, è una di quelle compagnie italiane di avanspettacolo degli anni ’50, un po’ sgangherata e senza quattrini; mi ha ricordato il teatrino della baraonda del film Roma di Federico Fellini: spero di non trovarmi mai in una simile condizione! Ho viaggiato anche tanto all’estero con due fortunatissimi spettacoli: Ballando ballando, di Giancarlo Sepe con il teatro de La Comunità di Roma e Bella e Bestia di Teresa Ludovico con il teatro Kismet di Bari. Anche qui: Inghilterra, Francia, Olanda, Sud America, Giappone, Australia…

Con Lo Scialle Andaluso Elsa Morante traccia una linea retta che sembra attraversare tutta l’Italia e infrangere le apparenze esteriori del successo, in una sorta di rivisitazione del Verismo. Il romanzo potrebbe rappresentare un espediente per denunciare, forse in modo anacronistico, una crisi di valori?

Sì, una rivisitazione del verismo nel senso che nella sua scrittura, credo, la Morante fondi una nuova, quasi fiabesca, realtà; pur nella cura e nella precisione con cui descrive personaggi, luoghi e oggetti (l’interruttore guasto, della stanza nell’Albergo Caruso, che s’era schiodato dal muro e pendeva giù dal suo filo… ) Elsa Morante, ponendosi di fronte alla realtà in modo assolutamente autentico e sincero, non si limita a scoprirla, ma penetra profondamente in essa fino a incontrare il rischio mortale della coscienza e a risvegliare il demone che è in noi e nelle cose. Ci lascia stupiti, affascinati, ci costringe a guardarci dentro e non avere pietà, ma amore! “Solo chi ama conosce…”

Proprio come Giovanni Verga ne I Malavoglia, anche Elsa Morante ambienta il suo romanzo in un’arretrata realtà siciliana, mettendo in rilievo crepe nelle dinamiche familiari. Il rapporto conflittuale di Giuditta con suo figlio Andrea è conseguenza di un ego amplificato dalle roboanti ed effimere luci della ribalta?

In questo racconto affronta uno dei temi che le stanno più a cuore: l’amore, qui quasi incestuoso, che unisce una madre al proprio figlio, lei che madre non è mai stata! La difficoltà, ancora adesso attuale, di sottrarsi ad un destino di donna madre, succube della supremazia maschile, ricattata dall’amore familiare e filiale.

Giuditta vive frustrata la parabola discendente della propria carriera. Quasi come un deus ex machina, suo figlio Andrea abbandona il convento in cui si era rifugiato per salvare una donna dal sicuro tracollo emotivo. In quel preciso momento i ruoli si invertono e Giuditta avvolge Andrea in uno scialle di scena. Metaforicamente può rappresentare l’epifania di un amore ritrovato?

No, perché Andrea non le sarà grato. Giuditta si spoglierà del suo scialle andaluso e delle sue illusioni e coprirà la nudità di suo figlio Andrea, che lasceremo avvolto in quello scialle come dal velo di Maya: “Un triste, protervo eroe avvolto in uno scialle andaluso”.

Progetti futuri?

Nella prossima stagione girerò con tre nuove produzioni: L’abito nuovo, di Eduardo de Filippo e Luigi Pirandello. regia Michelangelo Campanale; Lorenzo Milani, una produzione del teatro degli Apocrifi con la regia di Cosimo Severo, ed Else, da La Signorina Else di Arthur Schnitzler, regia Carlo Bruni; continuerò già in estiva la tournée di Lenòr, un lavoro dedicato a Eleonora de Fonseca Pimentel e alla rivoluzione napoletana del 1799. In cantiere uno spettacolo su Elsa Schiaparelli, grande stilista Italiana della prima parte del ‘900, tratto dalla sua bellissima e curiosa autobiografia Shocking life, con la scrittura di Eleonora Mazzoni, la collaborazione per i costumi di Atelier 1900 e la regia sempre di Carlo Bruni.