L’era nella quale sentirsi “vecchi” è un orgoglio

Siamo cresciuti con qualsiasi tipo di genere musicale, dal rock al pop, dal neomelodico al rap, ma quello a cui ho assistito l’altra sera è stato uno scempio, un trionfo di inciviltà, la maleducazione trasferita in un testo, rumori al posto di suoni.

Uno stuolo di ragazzini che inneggiano al “TRAP”, al sesso facile, alla droga, a donne da sfruttare e gettare nel cassonetto dell’immondizia, il tutto venerando un idolo su di un palco, un tiktoker, prodotto commerciale di smartphone oppio della gioventù, la scorciatoia della superbia, della legge del più forte, l’era nella quale sentirsi “vecchi” è un orgoglio, una nostalgica rappresentazione della musica che fu, il timore di un domani assoggettato ai lauti guadagni di falsi miti.