Ovvero: come assurgere allo status di liberti

Osservata da occhi miopi, la libertà assoluta sembra risolversi in libertà di scelta nonostante rappresenti il suo ossimoro: coerentemente con la propria etimologia, alla libertà non necessitante non serve niente, nemmeno la scelta.

Procedere nel ragionamento consente il confronto tra il significato letterale del concetto libertà di scelta, con l’evidenza dell’unicum oggettivo: verità discordanti sono da ritenersi inammissibili a meno che, al pari della menzogna, difettino in coerenza e chiarezza perdendo autorevolezza.

Ma se la libertà di scelta discende dall’ignoranza, l’individuo come dovrebbe porsi di fronte alla domanda: l’essere umano può considerarsi libero?

Una risposta plausibile sancisce che la scelta, per essere credibile, decidibile e coerente, si promette fedele alla condotta etica. L’adesione alla legge morale, esonerata dalla schiavitù imposta dall’interesse personale, esprime l’unica scelta degna di tale nome benché, essendo la sola ammissibile, pare limitare l’effetto prodotto dal libero arbitrio. Cambiando prospettiva, trascurare i principi morali equivale a rinunciare alla libertà assoluta, elevando l’ignoranza a scudo dietro il quale la sua antitesi si para. Difatti, se il decisore fosse onnisciente, anziché finito e ignorante, la libertà di scelta perderebbe il suo riparo collassando sulle proprie possibilità al pari di un castello di sabbia sorpreso dall’alta marea. In sintesi, quando vi è grande chiarezza, la scelta diventa superflua.

Pur contemplando il lascito di Nietzsche, le controversie interpretative estratte dalla meccanica quantistica e la consapevolezza di vivere in un mondo complesso, chiarire la libertà assoluta tramite l’illuminazione etica la rende realizzabile, a patto di non implicare una condotta sovra-naturale inaccettabile in termini razionali.

In un sistema isolato, quale il nostro universo, il guadagno è lo scopo del movimento. Da questa legge naturale deriva che qualunque intenzione, compresa la più nobile, deve intendersi dedicata al profitto. Ma quale sarebbe il premio deducibile dall’agire eticamente se la legge morale, eludendo l’interesse personale generato dall’istinto di sopravvivenza, non è soggettivamente conveniente? La libertà incondizionata, denominata amore gratuito dalla religione, è un assurdo, un’utopia sovra-naturale, un delirio antropocentrico simulante il Dio disinteressato, oppure rappresenta il compenso riservato all’individuo convinto della condotta etica? Infrangere la legge morale significa tumulare la libertà? Il termine ‘etica’ rimanda al potere decisionale – atto a distinguere il bene dal male – nonostante la libertà di scelta sia stata definita un astuto raggiro?

Se così fosse, le astrazioni bene e male corrisponderebbero a variabili irriducibili, inesprimibili tramite il concetto di libertà assoluta. Finalizzando l’intuizione si capisce come il bene implica la presenza della libertà non necessitante, immune all’interesse personale e definente l’unica scelta geneticamente coerente, mentre il male sacrifica l’individuo, schiavizzato dal ricavo auspicato, evidenziando come infrangere la legge moraleconduce al servilismo.  La variabile indipendente denominata libertà assoluta è quindi paragonabile a un bit di informazione uno o zero, dove al posto dei numeri vengono utilizzati i simboli bene e male.

Anelando il sunto, torna utile la maestria della metafora: la libertà di scelta ingrassa l’Ego, mentre la libertà assoluta interpreta la legge morale come una luna che, causando l’eclissi del sole alimentato dall’Io, consente agli altri astri di rendersi visibili completando la meraviglia del cielo stellato.

Concludendo la presente attraverso il confronto tra stili e culture differenti, si evince come al mondo non esiste alcun modello efficace di organizzazione liberale. Al pari dei regimi autoritari, o peggio dittatoriali, che violano libertà individuali e diritto all’autodeterminazione, la democrazia attuale, per mezzo dell’economia drogata di consumismo, impone alle popolazioni il medesimo destino con l’unica differenza di demandare la responsabilità, anziché alle istituzioni, al singolo tossicodipendente. Nello sventolare la libertà di scelta,occultando la schiavitù che essa implica, la società consumistica si serve di un comodo malinteso al fine di preservare status quo e miopi interessi di parte, impossibili da mantenere, se non per una presa di coscienza collettiva, per la sostenibilità del pianeta terra.

Sarebbe dunque saggio, conveniente e cautelativo preferire fin da subito, alla comune libertà di scelta, un’individuale, responsabile e morale scelta di libertà. Solo praticando questo principio l’essere umano potrà assumere il grado di liberto, confermando come la voglia di libertà abolisce scelta e compromesso.

Simone Lattanzio


FontePhoto by Basil James on Unsplash
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Nato a Varese nel 1978, si laurea in Ingegneria Biomedica presso il Politecnico di Milano. Consegue un Dottorato di ricerca in Fisiologia Sperimentale e Clinica, per poi lavorare nel campo privato del settore biomedicale. Padre di quattro figli, vive felicemente sposato in provincia di Varese. Si interessa alla divulgazione scientifica, alla filosofia e al teatro applicati alla libertà di pensiero. Alcuni suoi articoli ed estratti sono stati pubblicati su Odysseo, Societalibera, Teatro Contemporaneo e Cinema, Corrierenazionale, Theworldnews, Nuovogiornalenazionale, Stampaparlamento, ildenaro, Corrierepl, Pensalibero, Politicamentecorretto, 247.libero.it, twnews, Glonaabot, Progetto-radici, Journal of Biomechanics, The Journal of Physiology, Eurointervention, Acta Anaesthesiologica Scandinavica.