Perth, 2023 – Undicesima puntata

Tutti i settori produttivi di Roma hanno al loro attivo almeno un pendolare oltre regione e poi tanti pendolari regionali che magari senza l’Alta Velocità ci mettono anche di più.  Loro fanno una vita da inferno ma evitano i costi dell’esilio.

L’esilio pesa.  Non pesa solo quando lo progetti o quando lo esegui.  Non pesa solo quando ti insedi o quando impari una nuova lingua o quando realizzi che non la parlerai mai come i nativi.  Sarai muto per sempre nei meandri più nascosti della tua anima.

L’esilio pesa quando lo senti definitivo, anche se sai che nulla è veramente definitivo.  Magari puoi tornare indietro.  Per noi occidentali spesso è così.  Noi possiamo quasi sempre tornare indietro se non siamo fuggiti dalla legge.  Noi abbiamo sempre alle spalle un bel posto dal quale siamo partiti.  Almeno noi della nostra generazione.  Quelli che son partiti in nave e sono arrivati ad Ellis Island o in Sudamerica, quelli non erano convitti come i primi Australiani ma certo condividevano con loro l’impossibilità di comprare un biglietto di ritorno.  Non avevano un posto in cui tornare o se ce l’avevano non avevano proprio nessun risparmio perché spesso alle loro spalle c’era la miseria nera, la fame, lo sfruttamento e la povertà. Molti dei convitti spediti in Australia dall’Inghilterra avevano avuto condanne lievi per pene minori.  Restava lo scoglio insormontabile del nostos.  I Greci dopo i plurimi viaggi, dal XII a.C. in poi, nell’VIII secolo vennero in Magna Grecia per restarci, per insediarvisi.  E furono definiti i Nostoi e diedero vita all’etimologia della magica parola nostalgia.  Algos, dolore, del ritorno.  In che senso?  Giunti in Grecia di ritorno soffrivano di nostalgia dell’esilio?

Casa è dove stai bene.  Nell’esilio puoi star meglio che altrove nel tuo background.

Nostalgia è una parola bustrofedica che come l’aratro va nelle due direzioni.

Forse i convitti erano nostalgici dell’Inghilterra ma incapaci di affrontare il viaggio di ritorno?

Sto leggendo in quest’Australia 2023 “La maledizione della noce moscata” di Amitav Ghosh.  È il luogo adatto per leggere una pietra miliare sul colonialismo delle Compagnie delle Indie, Olandese certo ma Inglese anche.

Gli Aborigeni d’Australia di certo erano già qui 40.000 anni fa, ma ormai si pensa 60.000 anni fa.

Secondo gli antropologi erano Polinesiani del Pacifico giunti con alta tecnologia marittima poi dismessa.

In altre parole il caso non è dissimile da quello dei convitti.

Solo che il successivo colonialismo inglese ha perpetrato lo sterminio sistemico, non diversamente da quanto Ghosh descrive nel 1600 per le popolazioni autoctone delle isole della noce moscata ad opera degli Olandesi.  Era prassi.  Dalla scoperta dell’America in poi.

I migranti di prima generazione, quelli che si incontrano ogni giorno nei CPIA, sono diversi.  Non hanno intenti bellici.  Non sono etnicamente organizzati.  Non sembrano teste di ponte della sopraffazione.

Piuttosto appaiono sgomenti all’ingresso nei CPIA, sbalorditi dall’accoglienza e dal garbo e dalla gentilezza e dalla competenza dei docenti a ritagliar su di loro percorsi flessibili.

Magari abitavano in Italia da anni se non da una decade, nel sottobosco dello sfruttamento e all’improvviso col “tam tam” aprono una porta e trovano la dignità.  Prima in genere avevano conosciuto solo la libertà a carissimo prezzo, ma non l’empatia diffusa organizzata.

I CPIA sono scuole pubbliche per adulti ma vengono per lo più sfruttati solo dagli stranieri di più o meno recente immigrazione o dai loro congiunti appena giunti.

Non tutti hanno attraversato gli orrori del deserto, del mare, della tortura e della testimonianza dell’altrui morte-

Alcuni sono giunti serenamente con i ricongiungimenti. In aereo.

I primi hanno l’orrore negli occhi e la gratitudine per essere approdati vivi.  I secondi hanno la nostalgia impressa sui volti.

I secondi hanno alle spalle del loro esilio tanta gioia e tanto colore e tanta natura e tanta famiglia e tanta bellezza.  Tanto clan.  I ricongiungimenti familiari sono i casi più frequenti.  Ma anche la nostalgia va accolta.

A Singapore nella notte attendendo distrutta come tutti il volo per Perth e già in viaggio da 15 ore ho legato con due donne indiane, una giovane e l’altra no.  Madre e figlia.  Andavano ad Auckland.

Ho chiesto come mai i genitori avessero scelto Auckland come meta dell’esilio.

La risposta della giovane donna mi ha sbalordito.  Era l’unico posto dove non conoscevano nessuno e dove erano sicuri di non incontrare dei parenti o degli affini del clan.

Non sempre il clan genera nostalgia.

A seguito dei congiunti, giungono poi ai CPIA gli emigranti pionieri, i primi Nostoi moderni,  quelli che prima di allora hanno solo lavorato ed ora finalmente intravedono una possibilità di riscatto, di ripartenza, di sogno di progetto o semplicemente si tratta di gente molto educata nei loro paesi di origine che desiderano seguire i loro figli nei percorsi scolastici.

Le donne, in particolare del Bangladesh, spesso provengono dal countryside e non hanno nel loro paese di origine una cultura cittadina.

Magari a Roma, città magnanima che tutto accoglie, si divertono perché si organizzano subito con la loro comunità di appartenenza di origine, e questo accade per tutti ma di più per gli Asiatici.  Magari i Bangladesi abitano a Tor Pignattara, un quartiere dove possono tranquillamente parlare la loro lingua anche nei negozi.  Iscrivono subito i loro bambini nelle nostre scuole pubbliche e nei nidi a tempo pieno.

A quel punto le donne scoprono, col beneplacito degli uomini che in occidente si rilassano, la scuola degli adulti.  Son bravi a cogliere le opportunità.  Già selezionati dall’esilio.  A quel punto gli uomini di rimando scoprono la flessibilità di questo tipo di scuola e cercano di riprendere l’abitudine allo studio lì dove l’avevano dismessa.

Oppure, e non è raro, vanno a scuola per la prima a volta in Italia.  In quest’ultimo residuale ma non inusuale caso, i docenti sono così bravi che insegnano ad un adulto a scrivere e a leggere per la prima volta in L2 – lingua seconda straniera.   Come ci riescano è un mistero della fede.  Però accade.  Ogni giorno.

Alcuni, e non son pochi, hanno alle spalle nei loro paesi 12 anni di scolarizzazione.

Non pochi hanno una laurea almeno triennale nei paesi di origine.  Molti per via del colonialismo sono bilingui.

Pensare all’equipollenza dei titoli di studio è come trasformare Blade Runner in una procedura.

L’ufficio competente del MIM – Ministero dell’Istruzione – è quello che ha soltanto altre mille competenze.  Inutile dire che la dichiarazione di valore, l’Apostylle e il Report delle materie e dei voti è per i più una chimera.

E allora si ricomincia daccapo, dalla terza media che è un percorso L2-B1 in lingua seconda e che in un anno può portare ai requisiti per la cittadinanza, oppure ci si accontenta di un certificato A2 per il permesso di lungo soggiorno.


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Sono una Dirigente Scolastica in pensione da un anno. Per 15 anni ho fatto la preside. Ho diretto per otto anni un Liceo Scientifico oggi IIS Evangelista Torricelli Roma. Per sette anni – corrispondenti all’ultima parte della mia carriera –, ho fondato, insieme con la DSGA, e diretto il CPIA1 di Roma – Centro Provinciale per l’Istruzione degli adulti, con competenza su tutte le quattro Direzioni Penitenziarie di Rebibbia. Nel corso del settennio mi sono allontanata per due anni con un incarico di Principal Consultant al Consolato di Perth WA – MAECI-. Precedentemente ho insegnato Materie Letterarie per 15 anni negli Istituti Tecnici e Professionali e nei Licei Artistici di Roma. All’interno di questo periodo ho insegnato per quattro anni Italiano agli Stranieri nell’Istituto Professionale Don Bosco di Alessandria d’Egitto – MAECI. Precedentemente ho lavorato per 10 anni all’Università L’Orientale di Napoli come laureanda, dottoranda e post doc. Sono Dottore di Ricerca in Archeologia – Rapporti tra Oriente e Occidente e la mia carriera scientifica si riferisce a questo primo periodo professionale durante il quale ho partecipato a varie Missioni Archeologiche in Italia e a sette Progetti in Asia Media – uno in Pakistan, uno in India e cinque in Nepal.