Il codice dell’Anima

Sovversivo, anticonformista, lontano dai cliché che incasellavano il rapporto dottore-paziente nelle fessure di una psicologia inquadrata e senza eccessi, James Hillman, dopo aver studiato con lo psichiatra svizzero Carl Jung, ha ribaltato il mondo dell’analisi terapeutica finendo per diventare una spina nel fianco di molti illustri colleghi.

La sua psicologia, considerata “archetipica”, rifiuta di ridursi al semplice risultato oggettivo presente, abbracciando, invece, idee evoluzionistiche di uno sviluppo umano più reiterato nel tempo. Basandoci sulla realtà delle cose, secondo Hillman, rischieremmo di assumere pleonastiche dosi di egocentrismo, accettazione razionale che scava comuni vie di fuga dimenticando, altresì, che le questioni mentali vadano affrontate ad personam, perché, in fondo, non c’è nulla di più personale dell’esperienza, severa insegnante che prima ti fa l’esame e poi ti impartisce la lezione.

Esplorare i misteri della natura umana ci aiuta a riscoprirci fragili godendo della caduca condizione di esseri viventi, siano essi persone, piante o animali. Carattere e destino, sono questi gli ingredienti di una ricetta gourmet, sono le qualità innate in ciascuno di noi ed è nostro preciso compito realizzare tali propensioni.

“Il Codice dell’Anima”, uno dei suoi ultimi bestsellers, traccia proprio la linea di demarcazione tra contingenza e vocazione, una vita, la nostra, impressa in una specifica missione, in un’immagine particolare. La definisce  “la teoria della ghianda”, il principio secondo cui, quasi a mo’ di sineddoche, il destino di una quercia sia contenuto in quello della sua piccola ghianda:

Quello che intendo dire è che, se un bambino ha dei problemi o è scoraggiato, il problema non è solo dentro il bambino; è anche nel sistema, nella società. Non credo che possano esserci dei miglioramenti finché le idee non cambiano. Il punto di vista occidentale abituale è credere che qualcosa sia sbagliato nella persona. Trattiamo le persone allo stesso modo con il quale trattiamo l’automobile. Portiamo il povero bambino da un medico e gli chiediamo: “Che problema ha? Quanto mi costerà? Quando posso tornare a riprendermelo?”Non possiamo cambiare qualcosa finché non abbiamo delle idee fresche, finché non iniziamo a vedere le cose in maniera diversa. Il mio obiettivo è quello di creare una “terapia di idee”, di cercare di portare nuove idee, così che possiamo vedere gli stessi problemi in modo diverso. ”

Si parla, sostanzialmente, di un riverbero del pensiero orientale, la convinzione che un pesce non possa essere giudicato per la sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, il desiderio genitoriale di tramandare il proprio talento per pura osmosi, per diritto divino o di appartenenza desossiribonucleica, cozza, invece, con la ferrea volontà dei figli di tagliare quel cordone ombelicale e volare verso lidi di indipendenza e mancanza resistenza ereditaria, un posto da cui ripartire ex novo, un luogo in cui credere che l’amore e la libertà individuale siano la tomba dell’ego.