«Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l’aquilone. Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace»

(Samuele Bersani)

Lo aveva capito, lo aveva capito bene qual era il problema, ciò che inceppava tutti gli ingranaggi di quel meccanismo.

Tempo addietro, qualcuno le aveva spiegato che la società funziona come il corpo umano: se non ci sono tutti gli organi a posto e, soprattutto, se non collaborano tutti affinché il corpo funzioni bene, quello crolla.

Il punto è che chi aveva parlato, non si era posto la più importante delle domande, la Queen: se fosse stato proprio il corpo umano in sé il guaio?

Ecco, quindi qual era il problema? Era esattamente lei il problema, nella sua economia del tutto. Da ragazza le avevano detto di essere inabitabile: lo aveva incomprensibilmente vissuto sempre come un complimento, anche perché sapeva essere un’affermazione tremendamente vera. Non si può abitare una terra che non fa niente per rendersi fertile e a lei non era mai interessata l’idea di riempirsi di prodotti chimici per risultare più ferace e produttiva. Certo, avrebbe potuto essere piena di ben noto concime naturale, ma evidentemente non lo era.

Letto fra le righe, era un bene.

Non era fatta per piccoli turbamenti, i rancori meschini, le invidie dissimulate, le opere di carità, gli affetti logorati, la cortesia amabile o le considerazioni banali. Era uno di quegli esseri nati per la grandezza di un solo amore, per lodio esagerato, per la vendetta apocalittica e per leroismo più sublimee come riusciva a descriverla la Allende a parole potevano farlo solo pochissime altre persone, spesso non parlando.

Così un pomeriggio, mentre sentiva di non poterne più, di aver raggiunto il massimo limite umanamente pensabile per la sopportazione stessa di sé, quando l’unica sua preghiera era nella richiesta impossibile di scomparire senza lasciare traccia, né ricordo, si trovò a sprofondare sotto le coperte alla ricerca spasmodica di vecchie sensazioni ormai perdute e lì trovò il suo cane.

Già, il cane: quel cocciuto quadrupede che proprio non ce la faceva a trattarla come lei non esistesse. Si era piantato lì di fianco, le aveva puntato muso e sguardo contro e resosi conto che non scatenava reazioni non si era accontentato: le aveva cercato la mano con la zampa come a dirle: tanto lo so che ci sei e so pure che alla fine cedi.

Ma lei no, era talmente fuori da non aver ceduto e quello, imperterrito, lì, a fissarla. Avrebbe voluto parlasse, certamente avrebbe potuto dirle cosa c’era fuori posto, prendendola in giro e facendole credere di averle fatto scoprire ciò che di più nascosto c’era per il genere umano.

Sì, infatti, nascostissimo: il segreto per l’acqua calda. Quello buono per gli scemi che non sono capaci di farsi entrare i concetti in testa. Di conseguenza lei poteva considerarsi un genio: la sua scatola cranica poteva aprire le svendite, per quanto strabordava di contenuti.

E poi, poi quei pensieri per gran parte erano cianfrusaglie da ripulire e regalare agli ultimi, che poi sarebbero stati i primi, come le copia dei mille riassunti che Bersani aveva partorito per sparare con un fucile a canne mozze contro un uccellino. Quanto doveva essere stato stronzo però quel volatile con Samuele!

Lo stesso uccellino di cui ancora, forse, non aveva ammazzato il ricordo considerato il testo del nuovo singolo che sarebbe uscito il giorno dopo e di cui un’anima pia (dannata!) le aveva girato il testo in anteprima,

“Leggi, esce domani”, la didascalia per il link.

“Santa Maria Vergine”, l’espressione che voleva celare la bestemmia, mentre si stava chiedendo su quale musica mai poteva essere stato inciso un ricordo che trova un buco in una rete e si infila nel cervello… più o meno così dicevano quei versi.

Macché, macché! Alla fine non c’era proprio un bel niente da scoprire. Era solo arrivata ad aver bisogno di vomitare per la generale e disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera (adorava i fumetti e difficilmente trovava frasi arcaiche ed eleganti da riutilizzare come quelle partorite da Paperino) e continuava a soccombere, soccombere e ancora soccombere davanti a certe noiose e mondane evidenze quotidiane.

Il mondo, d’altra parte, non era che quello: un cumulo di scemi che non riusciva a fare uscire i concetti dalla testa, non la fesseria contraria di cui sopra (per questo lei era lontanissima dall’ essere geniale) ed in mezzo a loro c’era chi faceva le cose a caso e chi, invece, faceva caso alle cose.

Punto. Noia. Dormire. Era molto meglio dormire.

Anche perché, diciamocelo francamente, il sonno è il primogenito di tutte le più recondite insoddisfazioni; l’affanno è solo suo fratello. Insieme, figli della stessa madre, sono due cretini.


FontePIxabay.com
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.