Pubblicato da Castelvecchi Editore, “Tre per una. I crimini di Stuart Newell” è il nuovo romanzo di Roberta Palopoli, psicologa romana che, quasi da mentalista navigata, indaga negli ossimori più macabri e sinuosi dell’essere umano
Ciao Roberta. La logica follia di “Tre per una. I crimini di Stuart Newell” riprende il doppio letterario di “Dr. Jekyll e Mr. Hide” di Stevenson?
Scrivendo questa storia non ho pensato a questo argomento, ma è certo che il tema del “doppio” è sempre stato molto visitato in letteratura, perché riguarda la possibile realtà di ognuno, la nostra parte rigorosa versus quella buia, tormentata, che in alcuni personaggi esce con prepotenza. In questo senso possiamo dire di sì, che Stuart sia un personaggio che non può fare a meno di agire il suo doppio, essendo stato maltrattato fin dall’infanzia; il suo lato oscuro non può essere tenuto a bada.
Cosa spinge Stuart, affascinante uomo in carriera, a commettere delitti?
Stuart ha subito violenze emotive e fisiche dal padre, durante l’infanzia e l’adolescenza e ha quindi sviluppato una personalità psicopatica, con un lato folle che si placa soltanto quando può uccidere qualcuno che a suo parere stona, in questo mondo. Essendo molto bello e intelligente, non ha difficoltà ad agganciare le sue vittime.
Paradossalmente, sarebbe giusto giudicare onesto e coerente il protagonista?
Assolutamente si. È un uomo logico e per questo onesto. Si innamora perdutamente e aggiusta la sua vita in accordo col sentimento che lo pervade.
I viaggi che Stuart intraprende influiscono nel suo essere “fashion killer”?
Direi che parecchio influisce il fatto che abbia studiato, imparato ad osservare, anche viaggiato, certo, che si sia mimetizzato e che la sua naturale eleganza mista alla bellezza fisica lo porti ad avere gusto e stile. Per questo motivo veste le vittime con capi costosi, le pettina, le fa trovare perfette, eleganti.
Quale evoluzione è riscontrabile rispetto al tuo primo romanzo, “Mater dolcissima” (Emersioni, 2018)?
Sono due storie assolutamente diverse. “Mater Dolcissima” racconta le vicissitudini drammatiche di una famiglia romana, in quarant’anni di vita. Le loro bugie, le tragedie velate, i sogni infranti, l’incapacità di reagire. È un libro emozionante, vicino alla realtà di molti. “Tre per Una” è irriverente, chiede al lettore un salto mentale, fantasia, ironia, gli chiede di accettare il diverso, fa apparire normale un killer. Pagina dopo pagina si impara a volergli bene, ad apprezzare la sua determinazione, e i crimini rimangono sfumati. È una folle storia d’amore, con un finale sorprendente. Non so dire se ci sia stata un’evoluzione, sicuramente esiste una profonda differenza tra i due racconti, che abbracciano argomenti talmente diversi da non poter essere minimamente paragonati. Li amo entrambi moltissimo.