Le Lemnie, le donne di Lemno, sono una commedia di Aristofane, giuntaci in maniera frammentaria, di carattere mitologico. Mette in scena la storia delle donne di Lemno, che, poiché non avevano celebrato gli onori della dea Afrodite, furono punite e divennero maleodoranti, tanto che i loro mariti preferirono le schiave ad esse, ripudiandole. Le stesse mogli si vendicarono, però, dei rispettivi mariti, uccidendoli. Si salvò il solo re Toante, risparmiato dalla figlia Issipile, fino all’arrivo degli Argonauti che si unirono alle donne di Lemno.
Il tema ginecocratrico (ovvero relativo al potere nelle mani delle donne), che si collega all’incontinenza sessuale delle donne, è di intonazione misogina ed ha come testimonianza un frammento in cui si parla dell’incapacità delle donne di osservare l’astinenza sessuale, tant’è che una donna propone all’altra l’uso dello schytinos (fallo di cuoio; insomma: l’antenato dei moderni vibratori…). Il dialogo avviene durante le feste dette “Tesmoforie”, dedicate a Demetra, che prevedevano tre giorni di digiuno e di allontanamento dai mariti:
Donna1: Oltraggiate!
Donna2:Sì, per Zeus, ma noi se avessimo senno, guarderemo non più a costoro.
Donna1:Che cosa hai in mente tu? Ah! Ecco te lo spiego che cos’è questo che dicono le donne Micene hanno per giocare: il fallo di cuoio.
Donna2: Sciocchezze piene di oltraggio e anche vergogna e derisione, infatti utilizzare questo come uovo pieno di vento, (perché non ha) pulcino, così anche questo. Servirà a questo, pieno di molta insoddisfazione.
Donna1:Eppure si dice che anche questo è simile a quello vero.
Donna2: Sì, per Zeus, come la luna al sole. La pelle è simile a vedersi, ma non riscalda affatto.
Donna1:Tu dici che non ne vale la pena?
Donna2: Suvvia, se noi condividemmo l’altare con gli schiavi, cosa sarebbe? Di nascosto…)
Aristofane rappresenta una comunità governata da donne, ma dietro questa metafora vuol denigrare alcuni suoi avversari politici, naturalmente uomini. Non sappiamo con certezza quale persona o personaggio fosse oggetto delle critiche del commediografo. Naturalmente il poeta greco vuole sottolineare la mancanza di un buon governo da parte dei suoi uomini contemporanei e lo fa attraverso il tema della misoginia, utilizzando l’espediente retorico della parodia e attraverso il capovolgimento comico-grottesco della realtà. Lo stesso tema lo si ritrova nelle Ecclesiazuse e nelle Tesmoforiazuse, commedie dello stesso autore.
Quello che Aristofane voleva dire ai suoi contemporanei era basato sulla coerenza morale, che i suoi avversari politici di certo non possedevano, e non sul cambiamento delle leggi da effettuare. Si tratta di un insegnamento ancora attuale per i nostri governanti contemporanei, chiamati a rispettare i principi costituzionali di democrazia e bene comune, nonché a perseguire un minimo di coerenza morale e sociale.
Aristofane non è pero l’unica voce del passato che capace di dare lezione ai nostri politici. Un altro autentico esempio e modello di democrazia che la civiltà greca ci ha lasciato è contenuta nell’orazione di Pericle, tramandataci dallo storico Tucidide, che afferma: “Noi prima di prendere qualsiasi decisione, prendiamo in considerazione le vostre opinioni (del popolo) che discutiamo in piazza (agorà) tutti i giorni”.
Chi ha orecchi per intendere, intenda.