«Era grande il rispetto per una testa coperta di capelli bianchi»

(Ovidio)

C’è un cantiere che, qualche mese fa, altro non era che una casa nata alla fine del 1800 e, da allora, non era mai più stata toccata nella sua struttura.

Ricordo che quando ho varcato la soglia la prima volta, mi sono innamorata all’istante di ogni centimetro: ciò che era vecchio, ai miei occhi lasciava spazio all’antico. Era una signora ultracentenaria con tutta l’aria di poter tornare ad essere una ragazzina, sebbene conservando le sue rughe. Nuova bellezza, senza botulino.

Mentre vagavo al di là dello sporco, del cadente, delle ragnatele, mentre pensavo che mi sembrava di essere in un museo, ho notato qualcosa su due pareti: un crocifisso in legno ed una stampa di Maria in una cornice a giorno.

Sono rimasta a guardarli quasi imbambolata: chissà cosa era stato messo o tolto in e da quegli spazi, eppure “quei due” evidentemente erano rimasti al loro posto. Chissà chi lo aveva scelto quel posto, chissà perché nessuna delle persone che avevano svuotato tutto, non avevano pensato di portarli via.

Il crocifisso era piccolo, non volevo rischiare sparisse da quel momento in poi, quella nonna di tufo adesso era mia, potevo mettere in tasca l’oggetto in legno, promettendo alle pareti e a me stessa che, a tempo debito, sarebbe tornato lì.

Da quel giorno sono trascorsi altri giorni, settimane, mesi: insieme al tempo, sono passate tante persone che, per mestiere, non sono esattamente delicate. Persone che hanno le mani ingrossate dal lavoro pesante, per intenderci: muratori, elettricisti, idraulici e con loro picconi, martelli, cemento, betoniere, miscelatori. In realtà tutto questo è lì ancora oggi. Ci sono stata stamattina e mentre nuovamente vagavo, questa volta con le idee ben più chiare, ho notato un’altra cosa: il muro su cui era appesa Maria era stato completamente rasato… l’avranno messa chissà dove, mi sono chiesta, prima di sorridere.

Sono uomini “duri”, parlano poco italiano, conoscono il loro mestiere come scienziati davanti ai microscopi, ma scienziati non sono: Maria è appesa su un’altra parete, dove restava un chiodo e dove avranno ritenuto giusto sistemarla.

La morale è che qualsiasi sia il nostro genere, la nostra estrazione, la nostra cultura, la nostra tradizione, la nostra età, per quanta crema possano aver visto le nostre mani, o per quanti calli possano ospitare, Maria non si tocca.

Al più si sposta. Ma resta lì dov’è.

Mi sono vergognata per aver pensato il crocifisso potesse andare perso: ci sono Cose, a quanto pare, che nutrono in seno il rispetto storico a prescindere e per questo insegnano il rispetto. Un po’ forse lo incutono anche.

Sono le Cose sempre e ovunque.

Le Cose sempre e comunque.

Quelle che non sono, per antonomasia, una Cosa qualunque.


FontePhotocredits: Myriam Acca Massarelli
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.