I disturbi della sfera sessuale sono definiti dal DSM IV R come parafilie o perversioni e sono contraddistinti da impulsi, fantasie o comportamenti sessuali intensi, ricorrenti, che implicano oggetti inanimati, sofferenza od umiliazione di se stessi o del partner, coinvolgimento di bambini o altre persone non consenzienti.

Si manifestano per un periodo di almeno sei mesi. Tra queste forme ricordiamo il dongiovannismo, il satirismo, la ninfomania, l’esibizionismo, il feticismo, il sadismo, il masochismo, il voyeurismo, la pedofilia.

Ognuno di questi disturbi rappresenta una modalità particolare e sui generis da parte di alcuni soggetti di esperire la propria sessualità; tra i criteri diagnostici è considerata inoltre la presenza di disagio clinicamente significativo o di compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre importanti aree del funzionamento individuale.
Si sottolinea come tra queste forme non venga più inclusa la omosessualità, considerata una variante naturale del comportamento sessuale umano che comporta l’attrazione sentimentale e/o sessuale tra individui dello stesso sesso.

Nella impostazione sessuale parafilica, intendendo con questo tutto l’ampio capitolo delle perversioni sessuali a cui si accennava sopra, si riscontra, in primo luogo, un reale disagio, esteso talora sino alla incapacità di accogliere l’altro in quanto persona e con lui rapportarsi per quel che chiede.

L’altro viene colto non nella sua completezza di persona, ma secondo criteri di utilità e convenienza che lo destituiscono dalla sua significazione insieme interlocutoria e dialogica. Il parafilico, infatti, prende possesso ed utilizza il corpo dell’altro, non incontra l’altro.

Il corpo dell’altro è ridotto a mera espressione o cosa sessuata, perdendosi nella manifestazione della vita sessuale di queste persone ogni dimensione di relazione, oblatività e amore.

In questa tipologia di incontro sessuale non si realizza mai un dialogo con l’altro, ma il soggetto continua in un suo personale monologo, certificando l’incapacità di aprirsi all’altro attraverso il corpo, che a questo punto rappresenta la sua prigione.
Conseguentemente, la vita sessuale dei parafilici altro non consiste che in un autoerotismo, dove viene esclusa ogni possibilità di aprirsi all’altro in reciproca trasparenza corporea.

A scanso di equivoci, bisogna aggiungere che se nel parafilico quella data modalità rimane la prevalente e ripetitiva possibilità di esperire la sessualità, al contrario non sono da considerarsi patologici quei comportamenti “trasgressivi” che si manifestano in modo transitorio e restano circoscritti all’interno di una sessualità normale e di una relazione di coppia.

Per concludere, le deformazioni della vita amorosa e sessuale mettono ancor più in risalto l’immagine ideale dell’eros, per cui ben si può affermare che la vita sessuale di una persona è storia, storia che ci offre la chiave esplicativa della sua vita, proprio in quanto nella sua sessualità egli progetta il suo modo di essere nel mondo, le sue relazioni con gli altri, il suo futuro; la persona si apre, attraverso il corpo, all’”altro”, desiderio del suo desiderio, ove trova risposta alla sete di amore, alla propria invocazione!


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Ho esercitato per oltre 40 anni la professione di neurologo e noto che oggi sembra di gran moda discutere di situazioni o comportamenti che riguardano l’uomo, servendosi di parole e concetti estrapolati da letture di di psicologia o psichiatria. Si cerca di dare una veste scientifica alle nostre opinioni, azzardando talvolta anche diagnosi specifiche, perdendo di vista la comprensione dello “specifico umano”, che sempre eccede le nostre categorie e che, come specchio, riguarda anche noi, in prima persona. Nelle mie brevi riflessioni presenterò alcuni aspetti della vita quotidiana di ognuno di noi, spesse volte portati all’attenzione di medici o psicologi, rileggendoli semplicemente come “accadimenti umani”, non rientranti nel patologico, cercando di de- psicologizzare e de- medicalizzare situazioni che, invece, sono proprie della condizione umana.