«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia»

(Lorenzo Milani)

Caro Direttore,

a proposito di riflessioni in un’estate per molti versi “strana”.

Strana per tutto quanto abbiamo vissuto nei mesi bui, freddi e tristi; per quanto abbiamo sperimentato nella sofferenza, nella tristezza che ci ha colpiti in modi, intensità e tempi diversi, nello smarrimento generale che continua a farla da padrone vista l’incertezza delle prospettive che continuiamo ad avere accanto, nonostante i tanti passi avanti fatti dalla scienza, dalla medicina, dall’economia e dall’impegno e il sacrificio di tutti e di ciascuno per contrastare tutta la “devastazione” creata ed alimentata dalla diffusione di questo “strano virus”.

Strana perché invece che spingerci a rilassarci e a riposarci (come in genere avviene durante le vacanze) ci invita a rialzarci, a riprendere il cammino e a cercare la strada giusta ed efficace perché i risultati della ripresa, seppur in salita, comincino a dare frutti.

Strana perché ci invita anche ad una riflessione politica che ci illumini nelle scelte che andremo a fare (guarda caso proprio alla fine dell’estate, nei due giorni di passaggio all’autunno) nelle diverse consultazioni elettorali nazionali, regionali e locali a cui saremo chiamati in molti.

E proprio in merito a quest’ultima “stranezza” mi sono fermata a riflettere su quanto il discorso politico, dal quale per molti di noi risulta quasi naturale rifuggire (vuoi per le continue delusioni, vuoi per le solite “attrattive temporali” proposte, vuoi per i tanti “giochi sporchi” che ahimè fanno purtroppo parte della storia della politica), non può non essere associato all’idea e alla voglia di progetti concreti, scelte costruttive individuali e collettive, idee e decisioni sagge e soprattutto condivisee costruiteinsieme. Certo ideecostruite e condivise, non è un caso. Nel significato etimologico del termine “politica” di origine greca (politikḗ) molto spesso si tende (oltre alla pòlis = la città o stato, prima parte del termine) a tradurre la parte (téchnē) con “tecnica” piuttosto che con “arte”.

Può sembrare il mio un gioco di termini, ma francamente trovo più adatto, naturale e completo parlare di politica come arteche attiene alla città o allo stato e non “tecnica”. La gestione della “cosa pubblica” non può limitarsi ad una tecnica, a degli schemi e delle regole (ovviamente importanti) dati e condivisi, per essere vera, autentica e completa, la gestione della “cosa pubblica” deve andare oltredeve “osare” arricchendosi di tutte quelle risorse, doti e preziosità che la natura umana ha avuto in dono e che riesce a realizzare nel pieno delle potenzialità solo mettendole a disposizione degli altri, condividendoe confrontandosi insiemenel rispetto di tutti e di ciascuno per costruire, non solo “tecnicamente” ma anche “artisticamente” nel senso più alto del termine, il vero bene comune.

Qualcuno potrà dirmi “bella scoperta!”…Già, a volte sembrano solo belle parole, bei concetti, belle prospettive, ma se imparassimo a dare il giusto peso al significato delle cose che leggiamo, diciamo, facciamo, se imparassimo ad ascoltaredavvero, forse cominceremmo a non dare tutto per scontato e invece cominceremmo ad essere consapevoli del fatto che l’impegno politico, inteso come “arte del prendersi cura della cosa pubblica”, non è una cosa esclusiva di chi bene o male ci governa, ma è un impegno da cui nessun cittadino può sentirsi esonerato, o meglio, un impegno a cui istintivamente e naturalmente ciascuno di noi dovrebbe sentirsi partecipe.

Non le nascondo, caro direttore, che mentre riflettevo su queste idee pensavo a quanto forse fosse scontato tutto il mio pensiero in merito, le “solite frasi fatte” che si ascoltano in determinate circostanze, a quanto invece dovrebbe essere per noi naturale pensare ad una gestionedella cosa pubblica che sia realmente condivisa, costruita insieme, gestita cercando di arricchiresempre i propri punti di vista e le proprie scelte. Casualmente, proprio nei giorni scorsi, mi è capitata tra le mani questa bellissima idea di Aldo Moro, per me uno degli autentici miti della politica, ma quella vera: «Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo».

Da questa lettura scaturisce che siamo davvero bravi a “complicarci la vita”. Perché ostinarci, nei nostri “progetti di gestione della cosa pubblica”, a convincere l’altro delle proprie idee, del proprio punto di vista tanto da portarlo a pensare le stesse cose che penso io, ad “immaginare e sperare il mio stesso destino” piuttosto che provare a “collegarci” tra di noi in un progetto di condivisionee rispetto della libertàdi ciascuno con l’obiettivo fisso del dialogo costruttivo? Come dice bene un brano di Baglioni “Tamburi lontani” (allegato in coda a queste mie riflessioni) che racconta di come tutti i rapporti interpersonali vengono a crearsi perché si prova, ad un certo punto, a “suonare lo stesso ritmo” anche se a volte fisicamente distanti,  ma sempre più in sintoniacol cuoree allora che si diventa madri, padri, figli, fratelli, amici, compagni, amanti, gruppi…solo allora, condividendolo stesso ritmo,  si sperimenta quanto “in nessun luogo e in nessun’altra età potrò fermar l’urgenza del mio cuore, il cuore di un uomo a metà”. Non è difficile “suonare lo stesso ritmo, andare in sintonia”, non bisogna avere “lo stesso tamburo”, la stessa idea, pensarla necessariamente allo stesso modo, assolutamente no, la sintonia, l’accordo armonico dei diversi timbri e suoni, il mettersi insieme per un obiettivo comune che sia il bene di tuttisi raggiunge facilmente solocon la voglia vera di collaborareper il bene di tutti, costruirla insieme, la vera armonia, che solo se è davvero autentica non sarà perfetta, ma sicuramente armonica. Caro Direttore, mi si potrà facilmente chiedere, “Ma cosa centra l’armonia con la politica? Mi piace rispondere con un pensiero che amava ripetere don Lorenzo Milani: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».

Certo un pensiero “essenziale” e molto schietto (come era nello stile di don Milani), ma un’idea che rende perfettamente quale sia l’autentica missionedella politicavera. Credo che se davvero tutti arrivassimo ad associare la parola politica al concetto di “Arte della Condivisione progettata e vissuta”, solo allora potremmo davvero sentirci indispensabilmente parte attivaalla costruzione e alla crescita condivisadel bene comune. Solo nelloscambiocostruttivodella libertà di ciascuno e di tutti si può crescere in maniera davvero arricchente …proprio come diceva il grande G. Gaber «…la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione».

Allora caro Direttore, alla luce di queste riflessioni “ispirate” da tanti grandi che ci hanno preceduti, spero davvero che cominciamo al più presto a suonare (e aggiungerei ad accorgerci di suonare) lo stesso ritmo, lo stesso canto.

«Ognuno ha il suo tamburo

Un solo ritmo un canto

Della comune solitudine

Che noi mettemmo insieme

A starci un poco accanto

Su questa via dell’abitudine…

Il tempo vince sempre

Il tempo lui soltanto

Si muove e noi restiamo immobili

Finché ci porta un suono

Atteso chissà quanto

E ci promettiamo indivisibili…

Non piansi mai davanti alla tristezza

Ma verso l’onestà… 

E come tutto torna

E come tutto passa

Le cose cambiano per vivere

E vivono per cambiare

Il mare s’alza e abbassa

E mai una goccia si va a perdere…

le storie muoiono quando c’è più paura

Di perdersi che voglia di tenersi…

Io non potrò in nessun luogo 

E in nessun’altra età

Fermar l’urgenza del mio cuore 

il cuore di un uomo a metà»

               (C.Baglioni)


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Non riuscirei ad immaginare un mondo senza “l'altro” (inteso nella sua accezione più ampia possibile): dall'Altro che ci guida da lassù a tutti gli altri che ogni giorno ci regalano la gioia della condivisione, dello stare insieme, del percorrere insieme, arricchendoli, pezzi della nostra vita. Ogni giorno scopro sempre di più quanto leggere, ascoltare, comunicare e confrontarsi restino (dopo quello della vita e dell’amore) i doni più belli che potessero darci... gli unici modi per godere appieno di tutte le meraviglie che ci circondano. Laureata in Pedagogia (materia che mi appassiona e mi incuriosisce ogni giorno di più), insegno in un'Istituto Comprensivo dove rivesto da un po' di anni anche il ruolo di vicariato e di sportello d’ascolto pedagogico. Appassionata di musica (suono la chitarra da parecchi anni), ritengo vincente ed efficace educare e formare le nuove generazioni anche attraverso il linguaggio alternativo dell’arte e della musica, facendo confluire in modo armonico, attraverso un percorso creativo di sperimentazione di gruppo, le diverse dimensioni artistico-musicali individuali e collettive.

2 COMMENTI

  1. Grazie mille…mi fa piacere sapere che condivide le mie riflessioni davvero fatte in serenità mentre pensavo anche al nostro “scendere in campo” ….un abbraccio
    Dora

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