Così come l’emergenza…

Anche per quest’anno Centri d’Italia ha reso pubblici i dati sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia, la prima piattaforma che offre un rilevamento indipendente, strumento utile per tutti, addetti a lavoro e non.

Il titolo per il report del 2022, Il vuoto dell’accoglienza, si pone criticamente in continuità con quello dell’anno precedente, L’emergenza che non c’è, rilevando, attraverso l’indagine statistica, quelle che sono le falle di un sistema che non è scevro da una certa strumentalizzazione politica e ideologica, un fenomeno che a folate si impone nel dibattito pubblico, nazionale ed europeo, come dimostrato dalle recenti schermaglie tra Roma e Parigi, che hanno una diversa visione sul fenomeno migratorio e sugli sbarchi di migranti delle navi umanitarie sulle coste della Sicilia.

Il report si apre con il dato dei migranti giunti nel nostro paese nel 2022, 105000 persone, più 55% rispetto al 2021, un dato che tuttavia non tiene conto di vie di accesso altre, come quella via terra della rotta balcanica. Molto spesso, si parla, non senza una perniciosa cognizione di causa, di un sistema al collasso, soprattutto facendo riferimento all’hotspot di Lampedusa e al centro d’accoglienza di Crotone. I dati raccolti e analizzati hanno evidenziato che i posti a disposizione, ossia la capienza di ciascun centro – indipendentemente dal fatto che in quel momento i posti siano occupati o meno – rappresentano il 20% circa al 31/12/2021 del totale, tendenza rilevabile anche nelle due regioni italiane, Friuli Venezia Giulia e Sicilia, principali via d’accesso rispettivamente della rotta balcanica e del Mediterraneo centrale. La narrazione del “sistema al collasso” verrebbe smentita dai posti liberi presenti nelle varie strutture.

Un altro dato che fa pensare è il numero di strutture chiuse dal 2018 al 2021, 3576, con un calo del 29,1%, il segnale di una contrazione degli arrivi. Nel 2021 vennero messi a disposizione 59466 posti nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria), prediligendo con malizia un approccio emergenziale che tale non è in realtà, depotenziando il sistema ordinario di accoglienza e integrazione (Sai). Ad esempio in Emilia Romagna, che è la provincia con il più alto numero di territori interessati da centri di accoglienza, su 39 strutture, 36 sono Cas e soltanto 3 Sai. Roma è la provincia italiana con il più alto numero di posti disponibili (3796), seguita Torino (3637) e Milano (3524).

Le ispezioni sono state nell’ordine di 2223 su un totale di 5482 centri, di cui il 54% delle strutture  non ha subito alcuna contestazione, mentre 5 centri hanno ottenuto più di 10 contestazioni in un anno. Le contestazioni  sono legate al personale, alla fornitura di beni e i servizi alla persona. Restando nell’ambito dell’accoglienza, viene sottolineata la particolare situazione di Roma, poc’anzi menzionata. Dei 3796 posti, ben 3795 risultano occupati al 31 dicembre 2021. Facile concludere che il sistema sia effettivamente sovraffollato. Invece non è così: ci sono dei centri in esubero, come quello di Rocca di Papa e di Anzio, che vengono trattati alla stregua di mini hub, luoghi transitori per i tanti ospiti che verranno poi redistribuiti sul territorio e che in realtà potrebbero già essere ospitati nei vari centri che hanno effettiva disponibilità. Il dato visivo obbligherebbe a considerare il sistema al collasso, di centri che non riescono ad offrire l’accoglienza minima, fomentando una certa retorica dell’invasione.

Altro aspetto controverso è legato alla gestione dei centri, spesso nelle mani di un unico gestore, come accade a Roma, dove 25 Cas sono gestiti da 7 soggetti, un monopolio che rischierebbe di tenere in ostaggio le amministrazioni pubbliche e la qualità del servizio. Non a caso Medihospes, il principale gestore nella Capitale, ha ricevuto il 72,7% di contestazioni a Roma.

Non tutti i numeri sono stati menzionati, ma soltanto quelli che sono funzionali ad una riflessione su questo annoso problema. Il ministro Piantedosi, sin dal suo insediamento, parlava di “un sistema di accoglienza senza regole”, “al collasso”, “in forte difficoltà”. Da quello che abbiamo visto invece spesso il sistema di accoglienza non è assolutamente sotto pressione, ma soffre di un’azione di deterrenza di una fazione politica  e degli ostacoli che non sempre questure e preture devono affrontare. Privilegiando spesso le Cas alle Sai, quindi un approccio emergenziale che, come abbiamo visto, tale non è e che invece denota la mancanza di politiche efficaci di accoglienza, si lascia passare il messaggio che siamo di fronte a una continua invasione, di regioni sottoposte a uno stress così pressante da renderle quasi “campo profughi d’Europa”, a motivo anche del sovraffollamento di certi centri (Lampedusa) che sono il segno anche dell’inerzia del sistema che non è in grado di programmare. Nella presentazione del report, si afferma che questo rilevamento statistico non è soltanto uno strumento utile agli addetti ai lavori, ma anche per i cittadini che sicuramente non conoscono molto, se non nulla, sul sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati e che non possono farsi un’idea neutrale sullo stato delle cose, poiché il più delle volte la tematica è contaminata dall’ideologia politica, dalla convinzione di essere assediati da migranti che per di più, nella maggior parte dei casi, tre volte su quattro, non vedono nell’Italia una terra di approdo, ma una rotta di passaggio.

L’emergenza esiste per chi si ostina a vedere nel migrante un essere pericoloso, da ricacciare oltre i confini o da tenerlo relegato sulle navi umanitarie che vengono osteggiate, più facile mantenere un approccio emergenziale, che non contempli un’accoglienza ordinaria e inclusiva, perché questa potrebbe risultare dannosa, come qualche politico ha osato avanzare in un anacronismo pericoloso, che conferma tutte le preoccupazioni per un ritorno alle ideologie del passato, per la stessa etnia italiana.

Il link del report: