Non interessa il processo alle intenzioni. Serve la verità subito, soluzioni efficaci, sicurezza per tutti.

Sono stati Plutarco e lo storico Paolo Orosio a descrivere, per primi, la battaglia di Eraclea e Ascoli Satriano, lo scontro in cui il Re dell’Epiro, Pirro, sconfisse i Romani nel 280 e nel 279 a. C.

La vittoria, però, comportò così tante perdite tra gli uomini del proprio esercito, che Pirro non poté godersi appieno un successo macchiato dal sangue dei suoi soldati, temerari che avevano riposto fiducia e speranza nel loro sovrano, a cui avevano affidato famiglie e risparmi.

Ecco, la battaglia legale che si sta prospettando sulla vicenda del disastro ferroviario dello scorso 12 luglio, sul binario unico della tratta Andria-Corato, sta assumendo le sembianze della sfida che incendiò il Mar Ionio.

Schierandosi tra innocentisti e colpevolisti, rischieremmo di perderci nei meandri di un’effimera soddisfazione che non ci restituirà la vita dei nostri cari. Certo, parenti e amici hanno il diritto di sapere, di conoscere la verità, di ricevere risposte pertinenti ed esaurienti. Ma siamo proprio sicuri che questo risolleverà il morale di cittadini eternamente sconvolti da quanto accaduto?

Istruire un infinito processo alle intenzioni non farebbe altro che prolungare un’agonia che, per quanto possibile, vorremmo dimenticare al più presto. Dimenticare non vuol dire rimuovere, dimenticare significa andare avanti, compiere un ulteriore step, progredire nell’idea che tutto va superato per migliorarsi e migliorare la vita di chi ci sta intorno, con infrastrutture che garantiscano efficienza e sicurezza, trasparenza e regolarità, che sarebbe il miglior modo per onorare la memoria delle vittime innocenti e per lenire il dolore inconsolabile dei familiari.

Perché, in fondo, morire in questo modo lascia l’amaro in bocca, è un imponderabile che doveva essere previsto, una fatalità da ridurre ai minimi termini in una scala di probabilità che avrebbe dovuto annoverare anche l’impossibile: figuriamoci il possibile!

Un’altra vittoria come questa e me ne torno in Epiro senza più nemmeno un soldato“. Questa è la frase, secondo Orosio, pronunciata da Pirro dopo Eraclea, già, perché avventurarsi tra burocratiche peripezie di tribunali e avvisi di garanzia, potrebbe deturparci ancora una volta, potrebbe svilirci fino a renderci, irreparabilmente, sterili, incapaci di concepire un futuro che getti le basi sul ricordo di quelle 23 povere vittime, temerari che avevano riposto fiducia e speranza nello Stato Sovrano, a cui avevano affidato le famiglie e le loro stesse vite.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.