No per le 49 persone a bordo delle due navi delle ong al largo delle coste maltesi. Sì per le 165 persone sbarcate in Italia dal 22 dicembre al 30 dicembre scorso.
Il rifiuto dei migranti, dello straniero, del prossimo sono la negazione del nostro essere cristiani, del nostro essere persone civili e della realtà fondamentale della fraternità umana.
L’inclinazione crescente e sempre più in aumento “a non accogliere” “a non fra attraccare” “ad uccidere” e “a diffidare”, mina e insidia le radici profonde e i pilastri dell’umanesimo.
Difatti la questione del rapporto tra Chiesa cattolica e gestione del fenomeno migrazione da parte della politica italiana sta diventando sempre più conflittuale.
Ben vengano le posizioni dei vescovi: Bagnasco, Forte, Mogavero, Bassetti, Paglia, e dello stesso Papa Francesco che sottolineano il dovere morale di accogliere i migranti, che sono persone, e di esercitare obiezione di coscienza contro un decreto sicurezza cieco e volto a creare disordini e confusione, unicamente al fine di conseguire consenso elettorale, anzi come apripista per le prossime consultazioni in modo da poter aver un argomento di propaganda.
La posta in gioco da parte della Chiesa Italiana, nella scelta di alzare la voce davanti ai 49 migranti lasciati in mare da due settimane, è la stessa credibilità della Chiesa Italiana nell’annuncio del Vangelo come Parola di Vita.
La comunità cristiana in questo momento più che mai deve poter dare conto della propria “fede” e impegnarsi nella “lotta” per il bene dell’umanità su quel terreno spinoso della violenza, del razzismo, della mafia, della corruzione.
Il concetto di difesa della vita va ampliato, non si può parlare solo di aborto ed eutanasia, quando tantissime persone sono sopraffatte nella dignità da parte di una politica senza futuro e senza ragione. Qui siamo davanti a qualcosa che chiama in causa tutta la comunità italiana ecclesiale e laica, per difenderci da questo imbarbarimento culturale e sociale per riscoprire ancora e ancora il volto pulito di un Italia, culla di civiltà e democrazia.
Semplice come una colomba e forte come un’aquila, il Papa è tornato ancora una volta a parlare di accoglienza dello straniero e lo fa con toni ancora più scuotenti del suo solito stile che, comunque, sta segnando il passo su un tema tanto delicato quanto urgente, ovvero la condizione di estrema vulnerabilità di milioni di persone in fuga dal proprio Paese. Le sue parole non lasciano spazio a dubbi: “Essere cristiano e cacciare via un affamato, un rifugiato, è da ipocriti…Tutti i giorni, nei giornali e nei telegiornali, si sente parlare di chi vuole difendere il Cristianesimo in Occidente e va contro i rifugiati e le altre religioni: questa è una malattia, anzi un peccato” (Papa Francesco messaggio per Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato che 2017).
Caro Geremia, sono con te e siamo in tanti. Non si può essere uomini, cristiani e non, senza il senso dell’umanità. A maggior ragione, non si può essere cristiano e nemico del proprio simile, né esibire la Bibbia ai comizi ed essere razzisti. La Bibbia è il Libro dei perseguitati di sempre, gli ebrei, ed è l’antenato del Vangelo di Cristo. Il mondo oggi ha mezzi e risorse per accogliere i disperati e, in molti Paesi, ha bisogno di loro per crescere in prosperità. E allora che cos’è il rifiuto ad accoglierli se non razzismo? La Chiesa oggi è l’ultima speranza, anche per i non credenti, contro l’imbarbarimento dei nostri tempi.
Carissimo Antonio grazie di tutto. Condivido, con te e con gli amici di Odysseo, una riflessione di un grande uomo: “È finito il tempo di fare da spettatore sotto il pretesto che si è onesti e cristiani. Troppi ancora hanno le mani pulite perché non hanno mai fatto niente. Un cristiano che non accetta il rischio di perdersi per mantenersi fedele a un impegno di salvezza, non è degno d’impegnarsi col Cristo.”