dono

L’idea che oggi comunemente si ha del “dono” e dell’atto del donare, è un’idea prettamente cristiana. Nei Vangeli si leggono frasi come “Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo non richiederlo”.

Oppure “se prestate a coloro da cui sperate di ricevere, che merito ne avrete?” Si pensa al regalo dunque come qualcosa da fare in maniera disinteressata, anonima e senza aspettarsi niente in cambio.

Eppure, negli anni ’20 del secolo scorso, l’antropologo francese Marcel Mauss, decise di avviare delle ricerche etnografiche sul dono, indagando sul suo ruolo soprattutto nelle società arcaiche. Fece diverse scoperte e queste, assieme alle sue osservazioni, finirono nel Saggio sul dono, uscito nel 1923, destinato a diventare testo fondamentale dell’antropologia contemporanea. Mauss nel suo lavoro osserva che il dono non è una pratica vezzosa alla quale ci si dedica spassionatamente per far felice il prossimo, è invece un fatto sociale con regole ben precise, importantissimo per la nascita e la tenuta dei legami comunitari.

Quello che cercherò di dimostrare nel resto dell’articolo è che se pur schiacciata da un lato dalla sua concezione cristiana, dall’altro dagli scambi di natura commerciale onnipresenti nella società contemporanea, una pratica del dono premoderna è sopravvissuta nel meccanismo dei matrimoni della città pugliese di Andria (e magari anche in altre zone del Sud Italia).

Il dono secondo Mauss

L’antropologo francese definisce il dono come un “fatto sociale totale”, ossia un qualcosa che influenza diversi aspetti di una società: quelli pratici, economici, affettivi, religiosi. Il dono infatti è un vero e proprio meccanismo di scambio, e la sua particolarità non è quella di essere uno scambio disinteressato o di non mirare all’utile, ma quello di non tenere distinto l’ambito produttivo da quello etico-affettivo.

Se nelle società moderne lo scambio è per lo più formale, commerciale, e prevede un “dare” e un “ricevere”, nelle società arcaiche lo scambio prevede un “dare”, “ricevere” e “ricambiare”. Il terzo passaggio è fondamentale perché aspettarsi che il dono venga ricambiato vuol dire nutrire una certa fiducia. Ciò personalizza per forza di cose il rapporto (non si ha fiducia in chiunque, ma in una persona ben precisa) e questo crea inevitabilmente un legame sociale, cosa che invece uno scambio monetario non fa.

D’altro canto, in tutte le società possibili, la natura peculiare del dono è quella di “obbligare nel tempo”, nota lo studioso. Gli individui delle società arcaiche sono obbligati a donare. L’obbligo deriva da vincoli di onore. Se non si dona, se si rifiuta un dono, o non si ricambia in modo congruo, s’incrinano i rapporti tra la famiglia del donatore e quella del donatario, si rompono legami di parentela, si creano rancori che possono durare tutta una vita. Il dono dunque finisce per obbligare a restare uniti, a coltivare i rapporti. Tutti hanno un interesse concreto nell’economia del dono, eppure, oltre a questo, la sua pratica rinsalda e fortifica un fitto insieme di relazioni sociali e comunitarie.

I matrimoni ad Andria

Chiunque partecipi a un matrimonio ad Andria e dintorni, non può che rimanere colpito dalla fastosità dell’evento. Qualunque aspetto è curato nei minimi particolari e tutto è orientato all’abbondanza, all’eleganza e alla magnificenza. Le cifre che si spendono per cerimonie del genere sono enormi, eppure non lo fanno solo i ricchi, ma tutti o quasi. Ciò è possibile perché, tranne che per alcune componenti animistiche, la pratica del dono ad Andria, in ambito nuziale, è sopravvissuta rimanendo esattamente uguale a quella delle società arcaiche.

Sostanzialmente a pagare l’intera festa sono gli invitati stessi, in conseguenza del fatto che non è richiesto loro un dono di nozze simbolico a piacere (concezione cristiana), ma qualcosa di molto preciso (concezione arcaica). Agli sposi si regala “la busta”, ossia un involucro in carta con dentro dei soldi. Calcolare quanto denaro donare è una pratica che di solito spetta alle donne della famiglia, lo fanno in base a una scienza fondata su criteri ben precisi, tramandati oralmente.

Oggigiorno ad esempio una “busta” media deve contenere almeno 600 euro a coppia. Si tiene conto infatti che un pranzo costa dai 150 ai 180 euro a persona, più 30 euro circa di bomboniera, infine 100 euro o poco meno di regalo vero e proprio. Le cifre poi variano in base al grado di parentela e di amicizia rispetto agli sposi, come anche in base al ruolo che si ha (da un testimone ci si aspetta un regalo più grosso). Famigliari dei coniugi annotano con dovizia nome della famiglia e cifra donata, a futura memoria. Com’è facile capire non è una circostanza in cui basti il pensiero.

I risvolti sulla comunità

Considerato quanto detto, invitare o meno qualcuno a un matrimonio, accettare o meno una partecipazione, è una questione assolutamente non secondaria. Le famiglie pianificano la loro vita anche in base ai matrimoni a cui prevedono di essere invitati nel futuro prossimo. Due o tre matrimoni in uno stesso anno fanno saltare le vacanze, l’acquisto di una macchina nuova, la ritinteggiatura dell’appartamento. Abbiamo accennato sopra che nelle società arcaiche se non si dona o non lo si fa in modo congruo “si rompono legami di parentela, si creano rancori”, ed è così anche ad Andria.

Se io sono venuto al tuo sposalizio o a quello di tuo figlio, tu poi sei costretto a venire al mio, banalmente, per rendermi i soldi che ti ho donato all’epoca. Se il tuo regalo non rispetta i livelli richiesti, o la tua scusa per non partecipare alla cerimonia non risulta credibile, tutti lo sapranno e perderai l’onore. Il dialetto andriese ha anche coniato un’espressione per definire questo genere di dinamiche, le chiama “manul ca s chiekn”. Alla lettera vuol dire “tovaglioli che si piegano”, e sta ad indicare fatti in cui qualcosa prima o poi ti torna, come i lembi del tovagliolo che piegati tornano a stare insieme.

Eventi così fastosi e curati creano un indotto più che apprezzabile all’interno dell’economia cittadina. A parte questo, però, un sistema di doni così strutturato, finisce effettivamente per riattivare i legami comunitari. L’obbligo di invitare a una cerimonia e l’obbligo di andarci, trasforma queste circostanze in occasioni di conoscere o rivedere gente con cui altrimenti non si sarebbe avuto (più) alcun rapporto. Il legame poi si riattiva perché grazie al contributo di una cerchia allargata, si riesce a far vivere – in primis agli sposi – una giornata che altrimenti solo i più ricchi si sarebbero potuti permettere. Quegli sposi poi, e le loro famiglie, saranno chiamati a contribuire perché la viva qualcun altro. Tutto ciò, ad una lettura razionale, potrebbe sembrare una pratica antieconomica, si potrebbe suggerire però altereconomica, se per economia si intende anche quella dei simboli, delle relazioni, e della tenuta comunitaria.