
Nella religione induista, Indra è il Signore delle saette e dei temporali, il principale responsabile delle calamità naturali, ma anche colui che irrora la sapienza degli uomini con piogge mistiche, riti magici che restituiscono fertilità al Mondo. Indra è un dio guerriero, nobilmente iracondo ed è solito ubriacarsi di vino e virtù, quali forza e coraggio.
Alla fine dell’Ottocento, gli ordinativi dell’Olimpo orientale arrivavano direttamente al vigneto del Signor Sestilio e della Signora Maddalena, in una piccola frazione della toscana chiamata Fucecchio, per condizioni atmosferiche e conservazione, senza dubbio l’habitat giusto per produrre il Chianti, inebriante e gustoso nettare degli dei. Sestilio era ‘ingiuese’, lei , Maddalena, ‘insuese’. Qui, le diatribe shakespeariane tra Montecchi e Capuleti sono noccioline a confronto. Sì, perché tra “quelli di su” e “quelli di giù” la rivalità era così accesa che quando Maddalena seppe di essere incinta, si dovette inevitabilmente giungere ad un compromesso che non urtasse gli umori e l’onore delle due famiglie. Si decise, perciò, di far nascere il bimbo nella zona collinare di Maddalena, mentre la scelta del nome spettava, come da buona tradizione contadina, a papà Sestilio che, per dispetto, orgoglio e ripicca, optò per un nome adespota, non presente sul calendario.
Poco male, perché Indro Alessandro Raffaello Schizogene Montanelli segnerà tutto il Novecento italiano, venendo riconosciuto, all’unanimità, come il più grande giornalista ad aver raccontato, con una prosa secca ed asciutta ed un corsivo pungente, la storia del nostro Paese. Fu, per quasi quattro decenni, la prima firma de “Il Corriere della Sera” e, successivamente, diresse per vent’anni “Il Giornale”, un quotidiano d’opinione da lui stesso fondato.
Dal bipolarismo congenito, Indro Montanelli ebbe la capacità di tesaurizzare tutte le esperienze negative che lo avevano temprato. Il suo carattere scorbutico nascondeva una fermezza nel difendere i propri ideali tipica delle divinità, quelle che vanno sul fronte per dire chi sono, per rivendicare un’identità riscontrabile in ogni sua parola, in ogni suo articolo. Dal primo scoop, quando intervistò il magnate Henry Ford per la rivista francese “Paris-Soir”, all’incontro con Benito Mussolini che ne elogiò la caparbia presa di posizione anti-razzista, Indro Montanelli ci ha mostrato le sfumature di una politica in continuo mutamento, condividendo quasi l’hegeliana giustificazione filosofica della guerra come male necessario per poter essere, dopo, liberi di architettare pensieri creativi. Anche per questo rischiò, assieme a sua moglie, la fucilazione durante la prigionia a San Vittore, nonostante avesse deposto di non appartenere più al Partito Fascista.
L’immagine di Indro Montanelli seduto su una pila di giornali e fotografato da Fedele Toscani mentre batte a macchina su una Olivetti MP1, è l’immagine di un uomo sereno e consapevole di fare ciò che più gli piace.
Nonostante la laurea in Giurisprudenza, non era nato per fare l’avvocato né tantomeno per dare acqua, come Indra, agli uliveti di Fucecchio. Quando sul Corridoio di Danzica i suoi occhi incrociarono la svastica di Adolf Hitler, capì che il potere doveva essere tenuto a distanza di sicurezza. Tale convinzione lo portò a rifiutare la carica di senatore a vita offertagli da Cossiga e, intervistato dal maestro e collega Enzo Biagi, ammise:
“Io mi considero un condannato al giornalismo, perché non avrei saputo fare niente altro”.