Non si mendica!

Ma di che cosa vogliamo parlare! Di una farsa, un sogno, una catastrofe oppure della malattia congenita dell’uomo?

Dal 24 febbraio 2022 ad oggi, sono passati la “tristezza” di 15 accaniti mesi: di scontri tra due Stati, a dir si voglia, congiunti. Se n’è raccontato un po’ di tutto tanto da uscirne dagli argini del raziocinio per allagare un settore, dove l’indifferenza sta di casa. Rimane sott’acqua appunto, la ragione di tutto ciò e che non vuole emergere, forse per lo stesso motivo di vergogna per cui ha dato sfogo al sentimento ostico, sgradevole e, umanamente inconcepibile: la guerra.

Col passar dei giorni, nell’intingolo che si è venuto a creare, sia i media, sia le voci di borgo, sia la confusionaria leggerezza dei nostri tribuni, non hanno fatto ancora completa scarpetta dell’ultimo “unto”, del “sugo” da essi stessi cucinato. La ricetta adoprata fa parte di un manuale antico quanto attuale e che riporta all’egocentrismo innato dell’uomo, cui nulla sfugge in fatto di profitto ma tanto gli manca in mira di traguardi comuni e di pacifiche intese. Pensando ad una farsa rappresentata la si potrebbe definire abbastanza lunga da fare invidia sia a Richard Wagner col suo Lohengrin e sia a Giuseppe Verdi col suo Macbeth. Già ma queste non sono farse, sono tragedie, come la guerra attuale innescata dalla Russia, in guisa apocalittica, sulla scena mondiale. Fin qui, lo scempio procurato esce da ogni parametro di valutazione e si confonde con una “normalità” soggettiva, dove al soggetto in questione gli manca il “dogma” del viver civile.

L’intento di sanare una ferita versandoci sopra dell’acido astioso: è solo servito a renderla più purulenta. Questo ha fatto sì che, al medesimo tempo, si è rimasti contagiati per il grave ammorbamento del malato il quale, per reazione, è divenuto lui medesimo un pericoloso untore: infestante di una tragedia senza spiragli di avvedutezza e di assennata conclusione.

Il tira e molla sul come fermare l’obbrobrio, da parte di chi si alterna a dire la sua, assomiglia più allo sfogo verbale di un balbuziente. Questi ha reso l’argomento trattato: un traballante naviglio tra i marosi, sopra il mare dell’incomprensione.  Non si tratta di stoicismo dacché rimane evidente l’avvilimento, lo sconforto e la disperazione di un popolo frantumato nel proprio essere e reso errante contro il proprio volere.

Ma siamo sempre alla macabra farsa se solo apprestassimo la nostra sana mente a ciò che succede veramente e a ciò che vorrebbero farci credere attraverso le, così chiamate informazioni, rilasciate dai media. Farebbe più specie leggersi un rotocalco, tipo Grand Hotel o vedersi delle mille e più puntate, tipo Dallas o quant’altro offre la melliflua, blandizia affettata, di quelle serie proiettate a mo’ di oppiacei in TV per gli ammalati di tristezza e di surrogato romanticismo.

Visto che il mondo intero sta recitando una tragedia, economica, di scarse speranze per i giovani e di riduttivi insegnamenti morali in genere, non vedo come non si debba calare il sipario e mandare la “compagnia recitante” a riposo permanente. Ormai le lacrime si sono fatte grosse quanto le castagne… e i fazzoletti, per asciugarle, non sono più sufficienti ché è meglio, per lo scopo, optare per asciugamani, oppure lenzuola…

I cervelli, di un tratto, si sono trasformati in mulini a martello: triturano i sassi e pure le buone idee:  lo fanno  in un avvicendamento repentino, improvviso, da non far capire al “mugnaio” che il prodotto ricavato non è ciò che s’aspettava e che dovrà essere attentamente riveduto…

Siamo rimasti tutti esposti a rappresaglie, basti guardare a come sia stata facile, falsa e ingannevole l’inizio di una esercitazione militare ai confini di uno Stato sovrano e trasformatosi, con dei motivi insensati e d’inconcepibile interpretazione logica, in una guerra così cruenta e distruttiva.

Nel frattempo, dalle notizie  e dalle idiote, azzardate facke new, molti di noi ne abbiamo ricevuti input ricavandone aspetti più o meno interessati al dramma in questione. Sciagura che rimane tale, ma che  per molti è quasi diventato un evento di competizione e dove si aspetta solo di vederne il vincitore. Che sia l’uno a prevalere oppure l’altro, poco c’importerà se solo non coinvolgesse l’intera umanità, una volta per tutte, a pagarne il totale delle spese…

Con questa guerra, si badi bene, di non scorarsi d’animo ma si vegli costantemente a ché arrivi un buon lavacro a spegnere le vampate di odio e di collera e che il cielo ritorni a riempirsi di voli di uccelli coi loro cinguettii al posto degli ordigni di micidiale precisione.

Di seguito riporto un passo, tratto dal libro “Le confessioni di un italiano” di Ippolito Nievo, dov’egli fa affidamento alla saggezza dell’uomo per un futuro di pace e serenità.

 

“Qual essere ti parrà più grande e più felice di quello che tende con ogni sua forza a far dell’umanità una sola persona concorde, sapiente, e contenta per quanto lo permettono le leggi di natura?…

Oggi poi, oggi che queste idee ingigantiscono, e pesano, fremendo, sulla sfera riluttante dei fatti, oggi che io veggo affievolirsi sempre più quella nebbia che le nascondeva agli occhi degli uomini, chi più felice di me?… Oh questa, questa, amico, è la vera calma dell’animo!… Sollevati una volta a quella fede libera e razionale, né fortune avverse, né tradimenti, né dolori potranno turbare la serenità dello spirito. Son forte, incrollabile in me, perché credo e spero in me e negli altri!”

(Ippolito Nievo)


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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.