“Non so più come dirvelo, non so più come smentire queste fake news: io amo il Sud!”
A pronunciarlo, dal palco dello Stadio San Nicola di Bari, è Vasco Rossi, protagonista assoluto di un tour che ha fatto tappa nel capoluogo pugliese raccogliendo 50mila fans, elargendo emozioni, respirando vibrazioni che solo la rockstar di Zocca riesce a trasmettere.
È stato il mio terzo concerto del Blasco nazionale, ma quello dello scorso 22 giugno era un Vasco diverso, un settantenne a cui hanno somministrato l’elisir di giovinezza , un uomo saggio che inneggia all’Amore in favore di bambini e anziani vittime di guerra, un cantante che definire tale è riduttivo, un’icona, quasi un simbolo religioso, con buona pace di chi non considera opportuno mescolare sacro e profano.
Generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi, la nostra, le nostre, diciottenni che urlano a squarciagola hits degli Anni Ottanta, sessantenni che cantano a memoria successi più recenti.
È Vasco, l’uomo delle contraddizioni, il drogato, l’ubriaco, l’anima fragile che non può mai condurre alla perdizione, perché gli angeli sono dalla sua parte, nella sua penna, in quei versi che graffiano le coscienze di chi lo ascolta, di chi vuole una vita spericolata, di chi, come il Sottoscritto, intende vivere e sorridere e dei guai e pensare che domani sarà sempre meglio!
Giuseppe, Annarita, Michela, Gerry, Domenico, Angelica, Patrizia, Jenny, Carmen, Rita, Francesco, Ilaria. I miei compagni di viaggio, note che scorrono sul pentagramma di questa avventura come scalini che portano al paradiso o in curva, fa lo stesso, perché i cuori battevano all’unisono, finalmente di nuovo tutti insieme, fanculo il covid e fanculo la guerra!
È stata la notte di Vasco, del buio che ti fa gridare “sììì, stupendooo”, la notte che tutti ricorderemo per sempre, anche se un senso non ce l’ha, anche se in quel momento sei lì a cliccare rewind pur di non cancellare attimi di felicità. È stata la nostra rinascita, l’albachiara dei nostri sogni…