Imparare la comunicazione di un popolo che incontreremo, magari facendo un viaggio, potrebbe essere un balzo in avanti alla comprensione di un universo che non è solo nostro

Da che le lingue si confusero e si moltiplicarono, gli uomini impararono a comunicare attraverso accenti fonici differenti.

Bella, sì, la varietà di voci, la polifonia che “canta” il proprio essere, le proprie radici, l’ humus vitale attraverso cui ci distinguiamo come cifra identitaria unica, bella però anche la possibilità di trovare un terreno comune di scambio di pensiero nella dissonanza, nell’asimmetria.

Potere incontrarsi in una terra collettiva, neutra e insieme amalgamata, richiede tuttavia uno sforzo non indifferente, una volontà di ascolto.

Ciò non comporta la rinuncia di sé, semmai la scoperta di un dono: lo scambio di una bellezza che è pensiero, segno, suono, gesto, capaci di sbocciare dall’ intento comunicativo di ogni popolo.

I conflitti attuali, come quegli antichi, spesso hanno a che fare con la superbia, l’ orgoglio smisurato, l’ antropocentrismo di un nucleo di umanità che davvero crede di rappresentare un intero popolo, in nome di una superiorità etnica e linguistica.

Imparare le lingue è un atto di amore profondo, un rendere in gesti l’ abbraccio che dice “noi” in luogo di un ” io”.

Ci sono popoli che trovano la propria bellezza espressiva nel segno elegante di lettere alfabetiche.

È come se essi chiedessero di essere guardati nel volto, nella forma degli occhi, nelle movenze e nella tensione muscolare del corpo, ancora prima di trasformare se stessi in suoni verbali.

Da qualche parte, ognuno cerca, del resto, di iniziare una relazione, (espressione di un desiderio di coinvolgimento), con quanto ha di più bello.

La grafia curata, elegante, diviene quindi simbolo di approccio con l’altro.

Noi sentiamo lontano e quasi alieno questo senso di comunicazione… a tal punto da trascurare l’esercizio grafico e questo fin da bambini.

Se il segno deve essere volontà di “dire”, farsi comprendere, esprimere una domanda, soprattutto di significato, allora è importante fare passare le parole scritte attraverso un ponte di lettere chiare.

Questo vale anche per la parola-suono.

Imparare la comunicazione di un popolo che incontreremo, magari facendo un viaggio, o anche solo preparandoci preventivamente,  approfondendo in forma personale i modi espressivi di chi “straniero” cammina nelle nostre città, potrebbe essere un balzo in avanti alla comprensione di un universo che non è solo nostro.

Marina Agostinacchio