Don Konrad e don Tonino, come entrambi amano farsi chiamare, riaccendono la dignità umana e la speranza cristiana dove erano spente

Luigi Manconi scrive su La Repubblica che il gesto solidale del cardinale Konrad Krajewski, di riattivare l’erogazione di energia elettrica agli occupanti lo Spin Time di Roma, appartiene all’ordine dei segni, e per questo è destinato a lasciare il segno: proviene dalla Chiesa che torna a condividere la disperazione e la speranza degli ultimi. E le dà luce… avendola riaccesa con gesto d’impeto accompagnato da parole essenziali: “Si tratta di vite umane!”.

Quel gesto l’ho già visto, manifestato in forma analoga da un altro vescovo: don Tonino Bello, che dopo neanche un anno di episcopato (come Krajewski, neppure dopo un anno di porpora cardinalizia) ha occupato i binari della stazione ferroviaria di Giovinazzo per solidarizzare con gli operai appena licenziati dalle Ferriere. Anche lui agendo d’impeto, da folle di Dio, e usando parole essenziali: “Si tratta di disoccupati!”. Alle cui famiglie ha voluto devolvere quanto era nelle casse della diocesi di Molfetta per la costruzione delle nuove chiese: “Giacché l’uomo vivente è basilica maggiore”… avrebbe detto poi.

Allora, un magistrato intelligente e coraggioso come Nicola Magrone non rinviò a giudizio don Tonino Bello, perché capace di realizzare che rispondeva alla legge della coscienza umana: primaria e più forte di ogni altra norma. Anche di quella amministrata da un giudice della Repubblica Italiana. Non so cosa accadrà a Krajewski in questo crepuscolo di civiltà.

È certo, però, che il cardinale si sposta in Vespa. Quasi come il salentino don Tonino Bello, che viaggiava in Cinquecento. Segno di povertà da “Chiesa delle catacombe” che ha generato la “Chiesa del grembiule”: serva del mondo e per questo capace di evocare la forza del “potere dei segni” su ogni ingessatura ecclesiale nei “segni del potere”.

É anche certo che Krajewski è l’elemosiniere apostolico, cioè colui che fa la carità per conto del Papa, ministro di Cristo. Come don Tonino Bello è evento tangibile della grazia divina, mosso dall’urto dello Spirito. Docile alla sua forza impetuosa.

Don Konrad e don Tonino, come entrambi amano farsi chiamare, riaccendono la dignità umana e la speranza cristiana dove erano spente. E “ci scuotono all’impegno concreto in favore di tante persone scartate dalle logiche del sistema, che sempre più sacrifica l’uomo sull’altare del profitto per arricchire pochi e gettare nella miseria tanta parte dell’umanità”, afferma il materano don Angelo Tataranni che, ispirandosi anch’egli al Vangelo sine glossa, manifesta particolare vicinanza all’uno e all’altro.


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Renato Brucoli (Terlizzi, 1954) è editore e giornalista pubblicista. Attivo in ambito ecclesiale, ha collaborato con don Tonino Bello dirigendo il settimanale d’informazione religiosa della diocesi di Molfetta e il Settore emerge della Caritas, in coincidenza con il primo e secondo esodo dall’Albania in Italia (marzo-agosto 1991) e per alcune microrealizzazioni di ambito sanitario nel “Paese delle Aquile”. Nella sfera civile ha espresso particolare attenzione al mancato sviluppo delle periferie urbane e fondato un’associazione politica di cittadinanza attiva. Ha anche operato nella Murgia barese per la demilitarizzazione del territorio. Autore e curatore di saggi biografici su don Tonino Bello e altre personalità del Novecento pugliese, dirige la collana Alfabeti per le Edizioni Messaggero Padova. Direttore responsabile della rivista Tracce, collabora mensilmente con il periodico La Nuova Città. È addetto stampa per l’associazione Accoglienza Senza Confini Terlizzi che favorisce l’ospitalità di minori bielorussi in Italia nel dopo Chernobyl. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la quale ha pubblicato una collana di Quaderni a carattere pedagogico sul rapporto adulto-adolescente, gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito culturale. L’Ordine dei Giornalisti di Puglia gli ha attribuito il Premio “Michele Campione”: nel 2013 per l’inchiesta sul danno ambientale procurato da un’industria di laterizi; nel 2015 per la narrazione della vicenda umana e sportiva di Luca Mazzone, campione del mondo di paraciclismo.