“…magna fuit quondam capitis reverentia cani”

(…grande era un tempo la riverenza per il capo canuto)

(Ovidio libro V dei Fasti)

 

È una storia come tante! Fatta di silenzi e di dolore. Fatta di sentimenti tristi e contrastanti. Fatta di senso, di abbandono e di impotenza. È la storia di un uomo come tanti, un uomo speciale, buono e semplice. Uno che non si fermava mai davanti a niente e che è in grado di ‘spaccare’ le montagne con la sola forza delle parole. È la storia di nonno Peppe.

Cercare l’unità nelle storie è impresa impossibile, c’è sempre qualcosa, che sfugge. Ci si dimentica sovente date, luoghi e nomi di vicissitudini e aneddoti, rendendo i ricordi sfumati e poco attendibili. Ciò che invece salva le storie di ogni persona sono i frammenti emotivi, dove si annida e si coglie la totalità dell’animo umano e della vita. Per questo le storie vanno ascoltate dal vivo per sentirne il timbro della voce dettato dal cuore e dalla sua profondità.

Difatti la storia di Nonno Peppe non ha un ordine cronologico. Sappiamo che è un andriese, nato nel pieno della seconda guerra mondiale, precisamente nel 1942.

La sua è una famiglia povera. Da adolescente è cresciuto tra le alture lucane di Genzano e Banzi. Nonno Peppe eredita dal padre il lavoro di pastore, occupandosi di masseria, greggi e campi. È il lavoro che poi svolge per una vita intera.

Nonno Peppe è un analfabeta firma documenti ancora con la X. L’italiano non lo conosce. Il suo è un linguaggio più ermetico di quello di Ungaretti e Luzi. Poche parole ma piene di sentimenti e vita, che accorciano le distanze e stabiliscono relazione.

Nonno Peppe è l’unico ancora in vita dei fratelli e delle sorelle. Racconta di un viaggio a Colonia in Germania, per far visita a sua sorella. Di questa esperienza riferisce sensazioni tra l’arcano e il sorprendente. Dice, che là a Colonia esistevano le macchinette automatiche per le sigarette invece in Italia ancora no.

Nonno Peppe non si è sposato, per cui dopo la morte dei suoi genitori, si trasferisce dall’altra sorella, che vive ad Andria, precisamente nel quartiere di Monticelli. Nel 2012, alla morte della sorella, nonno Peppe rimane senza dimora. Per circa un mese gironzola per le campagne delle zone periferiche di Andria, ma una notte, in pieno inverno, viene trovato da vigilanti e carabinieri adagiato su una panchina presso le zone del cimitero di Andria. Subito dopo vengono contattati alcuni della Comunità “Migrantesliberi”, per intervenire in regime di emergenza e accogliere, Nonno Peppe.

Nonno Peppe vive per cinque anni presso la Casa Famiglia San Vincenzo de’ Paoli ad Andria. Nell’ultimo periodo la situazione sanitaria di Nonno Peppe si complica per via dell’età, che avanza. In accordo con alcuni servizi territoriali si trasferisce Nonno Peppe presso una casa di cura per anziani nella Città di Andria. Ma l’esperimento non ha buon fine, dopo circa un anno Nonno Peppe fugge dalla casa di cura per anziani. I motivi sono diversi, tanti e tristi. Per qualche giorno Nonno Peppe ritorna a girare solo per le vie di campagna di Andria. Si ri-trova, nuovamente, adagiato sulla stessa panchina presso le zone del cimitero di Andria Sembra che il tempo non si sia fermato!

Nessuna istituzione e/o servizi territoriali possono aiutarlo, dicono: “…non si può andare contro la volontà del signore…se dovesse cadere, star male o scompensarsi del tutto, allora si potrebbe intervenire”.

E la storia si ripete! Nonno Peppe il mese scorso è stato di nuovo accolto dalla Comunità “Migrantesliberi” e ora dimora presso la Casa Famiglia Onesti nella Città di Andria. Nonno Peppe riferisce di non voler più andare via, chiede di firmare un contratto e di rimanere, a casa , nella sua casa fino a miglior vita.

Per la Comunità “Migrantesliberi” Nonno Peppe è il kalòs gèron, che per i greci stigmatizzava, l’uomo con esperienza e saggezza.

Gli Anziani sono biblioteche viventi di senno e buonsenso, sono custodi di un capitale inestimabile di umanità e spiritualità. È vero che hanno bisogno di aiuto, di compagnia, di cure, di carezze … perché le forze vengono meno per l’età che avanza, ma allo stesso tempo possono donare aiuto a quanti intraprendono il cammino dell’esistenza per poterne gustare la bellezza.

«La vecchiaia, come osserva san Girolamo, “accresce la sapienza, dà più maturi consigli”.

In un certo senso, è l’epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell’esperienza, perché “il tempo è un grande maestro”… Gli anziani aiutano a guardare alle vicende terrene con più saggezza, perché le vicissitudini li hanno resi esperti e maturi.

Essi sono custodi della memoria collettiva e perciò interpreti privilegiati degli ideali e dei valori comuni che guidano e reggono la convivenza sociale.

Escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente, in nome di una modernità senza memoria». (S. Giovanni Paolo II, Lettera agli anziani, 1999, n. 5, 10).


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.