
Alla seconda serata della Settimana di San Tommaso “Legami comuni”, interviene il Prof. Ugo Villani, docente emerito di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Il legame al centro dell’attenzione è quello che ci accomuna come cittadini europei: “Un’Europa da riscoprire nella speranza e nella solidarietà: un impegno e un sogno da realizzare insieme”.
Professor Villani, Winston Churcill, al Congresso d’Europa del 1948, disse che sperava di vedere un’Europa in cui tutti si pensassero cittadini europei quanto cittadini della propria patria e potessero dire dell’Europa: “Sono a casa!”. Pensa che possiamo dire oggi di sentirci a casa in europa?
Oggi siamo cittadini europei dall’entrata in vigore del trattato di Maastricht del 1992, nel senso che, molti non lo sanno nemmeno, ma ogni cittadino di uno Stato membro, per ciò stesso, aggiunge automaticamente la cittadinanza europea a quella del proprio Paese. Quindi oggi, ormai direi da qualche decennio, è uno status giuridico che la Corte di giustizia ha più volte definito come lo status fondamentale dei cittadini degli stati membri, al quale si collega una serie di diritti come la libera circolazione delle persone. Si potrebbe dire che questa esisteva già nei trattati originali, ma lì era subordinata, in realtà, alla qualità di lavoratore autonomo o subordinato, quindi per una logica economica, mercantile. Oggi questo diritto è del “cittadino” che, in quanto tale, deve sentirsi -come diceva Churchill- a casa sua nel contesto europeo”. Essere cittadino europeo ha anche una valenza culturale: non significa essere privato della propria cittadinanza nazionale (e di tutto ciò che ne fa parte come la cultura e tradizioni nazionali), ma cittadino europeo è colui che si confonde, si arricchisce in un contesto senza muri, senza barriere, e che porta con sé la sua cultura e le sue tradizioni che poi esporta, apprendendo quelle degli altri, diventando soggetto protagonista di un fenomeno sociale e culturale che porta ai grandi valori europei, prodotto dei valori nazionali.
Già, la cultura europea… Ma non siamo forse troppo legati ad una visione di Europa incentrata in buona parte su temi economici, perdendo di vista che l’Unione Europea è prima di tutto una comunità di uomini?
Probabilmente la cosa si può spiegare perché è vero che negli ultimi anni, a partire dal 2008, la grande crisi che viene dagli Stati Uniti e poi arriva in Europa, ciò che abbiamo colto dell’Europa è stato il viso peggiore, quello più duro e severo, il rigore, quello per la stabilità della zona euro. Credo anche che le misure anticrisi siano state socialmente ed eticamente molto criticabili, specialmente quelle imposte alla Grecia. Questo è un volto arcigno e sgradevole di un’Europa che però non è la vera unione europea, perché gli strumenti usati, tecnici, giuridici, economici non fanno parte dell’armamentario dei trattati europei, sono stati realizzati mediante degli accordi collaterali, creando addirittura un’altra organizzazione che si chiama MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, che è quello che ha imposto, mediante una serie di intese, ai paesi che erano in situazioni peggiori, una serie di condizioni per risanare l’economia che però hanno avuto dei costi sociali inaccettabili. Quest’Europa non piace assolutamente. Ma guardiamo all’Europa che realizza la circolazione delle persone e anche quella delle merci, utile a tutti. Pensiamo a materie a cui ci siamo abituati come la tutela del consumatore. La tutela dell’ambiente in parte deriva dalle iniziative europee, le condanne che i vari Stati, compresa l’Italia, prendono per lo smaltimento dei rifiuti, derivano da norme europee che riguardano la qualità della vita, lo sviluppo sostenibile. La circolazione delle sentenze può sembrare un fatto irrilevante ma non lo è. Quindi c’è tutta una serie di realizzazioni di grande valore sociale, per non parlare poi delle azioni di accompagnamento, di finanziamento. Quante volte vediamo nelle scuole o negli edifici pubblici le bandiere con le stelle, vuol dire che l’Unione Europea ha messo soldi lì, quindi a volte bisognerebbe un po’ pensare a questi aspetti che io credo siano i più autentici. Senza dimenticare che dalla mia generazione in poi, noi europei non abbiamo conosciuto più la guerra.
Cosa direbbe agli elettori che sono chiamati alle urne il prossimo 26 Maggio?
Il primo consiglio è di andare a votare perché oggi c’è disaffezione per l’Europa e per la politica, anche giustificata, ma bisogna reagire, bisogna riprendere in mano il proprio destino. Il secondo consiglio è: non dico di leggersi un manuale di Diritto dell’Unione Europea, ma di informarsi un po’, perché a volte l’idea che uno ha dell’Europa non corrisponde alla verità. Sapere cosa fa il Parlamento europeo è importante. Un altro consiglio lo vorrei dare ai candidati, che sappiano cosa vanno a fare, perché mi pare che non tutti lo sappiano!