È un Paese di grandi contraddizioni, la Cina; ti può creare tanti problemi, ma ti dà anche i mezzi per risolverli

Parafrasando una gran bella canzone della PFM, butto su carta i pensieri che mi scorrono nella mente quando ci avviamo alla fine di questo mese, che a Pechino è il mese di transizione dal breve autunno al lungo inverno, in cui si alternano giorni di cielo limpido ad altri avvolti da nebbia e smog.

Qui l’epidemia, come nel resto del mondo, sembra non finire mai, ma a differenza del resto del mondo, qui continuano con le misure di contenimento di cui la gente non ne può più.

Un mese fa c’è stato il congresso che ha visto il trionfo di Xi Jinping, con il misterioso allontanamento dell’ex presidente Hu Jintao poco prima del voto. Dico misterioso perché la stampa cinese ha prontamente censurato l’episodio, dopo aver fatto trapelare la notizia di un allontanamento dovuto a un malore dello stesso Hu, ma c’è chi pensa invece che sia stato punito per un mancato allineamento alle politiche di Xi Jinping.

Io sui media cinese ho solo potuto verificare che il suo nome è presente tra i membri elettori (c’è anche una foto che lo ritrae nel momento in cui inserisce la scheda nell’urna), ma tutto questo è comunque emblematico di quali siano le conseguenze di un sistema che prevede un unico partito al potere e il controllo pressoché totale sulla stampa, e che usa la censura come un giardiniere le sue cesoie.

Devo dire però che ultimamente la censura sta facendo una gran fatica a contenere il malcontento della popolazione, che sta dando vita a manifestazioni come non si erano mai viste negli ultimi trent’anni, e penso a chissà come finirà questa situazione.

Al congresso non si è parlato di epidemia, anche se qui si spera in imminenti allentamenti, come dimostrano le proteste a cui ho accennato prima, ma per ora questi si vedono solo per chi viene dall’estero, con prezzi dei voli molto più bassi e quarantena limitata a cinque giorni in hotel, mentre all’interno della nazione siamo ancora fermi al tampone giornaliero o quasi, e le chiusure e i lockdown locali sono sempre dietro l’angolo.

Io devo tanto a questo Paese, ma devo ammettere che se non avessi casa e famiglia qui, forse anch’io me ne sarei già andato come tanti altri, però poi penso positivo quando pago una trentina di euro al mese per luce, acqua e gas (in totale), e quando ho bisogno di qualcosa e c’è un corriere per qualunque cosa e a qualsiasi ora del giorno.

Per esempio, ultimamente, abbiamo persino comprato un frigorifero di seconda mano la domenica sera dando in permuta il nostro, rottosi improvvisamente, il tutto con una semplice telefonata e nel giro di quaranta minuti, mentre un’altra volta siamo andati all’ospedale pediatrico dimenticandoci di portare il biberon; ebbene, abbiamo chiamato un corriere che è andato a casa a prenderlo (per fortuna c’era la tata), e ce l’ha portato all’ospedale, il tutto in meno di un’ora, (l’ospedale è a circa 5 km da casa nostra, e a Pechino non si può neanche cosiderare lontano).

È un Paese di grandi contraddizioni, la Cina; ti può creare tanti problemi, ma ti dà anche i mezzi per risolverli.

Intanto sono iniziati i Mondiali in Qatar, seguitissimi anche in Cina, nonostante la Nazionale del Dragone non si sia qualificata.

Per i cinesi però questa non è certo una tragedia, a differenza di noi italiani ci sono abituati, e non potendo tifare la loro squadra, se ne scelgono una in base al loro beniamino (per esempio ci sono molti sostenitori di Argentina e Portogallo in quanto fan di Messi e Cristiano Ronaldo) oppure semplicemente sono tifosi temporanei della squadra sulla cui vittoria scommettono.

Di solito, i cinesi (e gli stranieri qui presenti) riempiono bar, spiedinerie, pizzerie e quant’altro per assistere alle partite, anche in tarda notte, ma stavolta per le misure anti-covid le partite si seguono soprattutto da casa.

Qui nessuno ha posto la questione del boicotaggio, in nome del sacro (per i cinesi) principio della non ingerenza negli affari degli altri Stati, boicottaggio che invece sembra aver acceso gli animi di tanta gente, anche in Italia.

Sembra che improvvisamente tutti tengano molto ai diritti umani in Qatar.

Non che lì con ci siano davvero violazioni dei diritti umani come li intendiamo noi Occidentali (che con i Paesi arabi ci facciamo da tempo grandi affari), così come c’è sicuramente da discutere sull’assegnazione di questa edizione dei Mondiali al Qatar, ma la gente che arriva anche ad affermare di essere contenta che l’Italia non partecipi ai Mondiali (vallo a dire agli appassionati e agli addetti ai lavori), mi sembra un po’ fuori luogo.

Poi c’è la stampa che riporta articoli su articoli riguardo a questi “vergognosi” Mondiali, ma non manca di coprire l’evento, cercando poi di rifarsi esaltando gesti come quello dei calciatori tedeschi o parlando dei diritti umani in Arabia Saudita insieme alla loro impresa sportiva contro l’Argentina, per non parlare delle domande che continuano a rivolgere a Queiroz, allenatore portoghese dell’Iran, sulle proteste per i diritti delle donne nel Paese, domande che non sembrano molto opportune da rivolgere all’allenatore della Nazionale, senza dimenticare la polemica sul divieto di portare la fascia da capitano con la scritta “One Love”, anche se molti dimenticano che non è certo la prima volta che si chiede ai capitani di portare una fascia “omologata”, in Italia alla Fiorentina fu quasi vietato di portare la fascia commemorativa del compianto Davide Astori, e si dovette chiedere una deroga alla Lega Calcio, deroga che invece la FIFA non vuole concedere per non irritare il Paese ospitante del Mondiale.

Insomma, giusto o sbagliato che sia, la politica è entrata a gamba tesa in questo campionato mondiale, eppure quando alle Olimpiadi ci sono atleti arabi (e non solo) che protestano contro l’occupazione israeliana, questi vengono squalificati senza che nessuno si indigni, e la motivazione è sempre la stessa: “La politica non deve mischiarsi con lo sport”

A quanto pare però, questo principio ha molti se e molti ma, quindi io il Mondiale me lo guardo (fuso orario e figlia permettendo) senza particolari rimorsi di coscienza, ma invidio chi pensa di ripulirserla con gli improperi su Facebook rivolti a questa edizione della Coppa del Mondo, e probabilmente non avrà da ridire sulla prossima.

D’altronde siamo tutti bravi su FB (e non solo) a sparare sentenze anche su argomenti di cui sappiamo poco o nulla, per poi accusare gli altri di essere dei saccenti che vogliono dire la propria su tutto, siamo tutti pronti a obiettare le tesi degli altri con i soliti “E allora quello? E allora quell’altro?”, ma altrettanto pronti ad accusare di “benaltrismo” chi invece fa dei paragoni per contrastare le loro tesi, e quindi non c’è da stupirsi se ciò succede anche per i Mondiali.