Alice sorrise: “Non ha senso tentare”, disse, “non si possono credere cose impossibili”. “Direi piuttosto che non hai molta pratica”, disse la Regina, “quando ero più giovane, lo facevo sempre per mezzora al giorno. Alcune volte ho creduto fino a sei cose impossibili prima di colazione” (Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie)

“Non puoi mai sapere quello che ti accadrà domattina”.

Lo ascoltiamo, lo leggiamo, fingiamo di crederci, in realtà non ci crediamo affatto.

Fatto salvo il concetto per il quale sappiamo bene che prima o poi moriremo e certamente restiamo legati al ‘prima o poi’, non certo a quel distillato e puro ‘domani mattina’, che in realtà potrebbe tranquillamente trasformarsi in ‘fra un minuto’.

Allora: “vivi ogni giorno come fosse l’ultimo!”.

Eh, belli i paroloni, per carità. Ma sono paroloni, del resto probabilmente se sapessimo che questo è il nostro ultimo giorno, davvero sapremmo come viverlo?

Sono pronta a scommettere di no: un affollarsi immediato ed ingestibile di cose da dire, fare, confessare, provare. Il caos, il tempo che correrebbe alla velocità della luce e noi immobili, fissi, seduti. Solo il necessario per raccattare le idee su come riempire al meglio l’ultimo giorno utile… ed ecco, magari lo scoccare della mezzanotte fatidica ci scoverebbe lì a pensare: “e se non fosse l’ultimo?”.

Sorrido! Penso che non vorrei proprio mai conoscere la data del mio ultimo giorno, morirei il giorno prima, a causa di una non meglio specificata crisi di ansia.

Eppure è vero, l’ultimo giorno può essere ancor prima che io abbia finito di scrivere.

Ma non può cambiare tutto solo per la fine: esistono vite che sono la prova tangibile di come tutto possa modificarsi in dodici ore, verso un’inimmaginabile domani, mai nemmeno pensato.

Non era impossibile, era solo impensabile. E poi? E poi succede! Ci si può ritrovare a vivere facendo cose che nemmeno si sapeva esistessero; o, ancora, succede che si pensi “questo accade solo nei telefilm” e poi no, accade a te; per quanto ne so, per un fatto di esperienza (che è breve rispetto a quella che regala la saggezza di un nonno, per capirci), potrei arrivare a credere che qualcuno ha visto un asino volare e non darei per scontata la menzogna, non prima di aver confutato la notizia.

E quindi l’impossibile: non penso sia legato ai desideri, a ciò che vorremmo e sappiamo di non potere avere. In quel caso sarebbe forse illudersi che qualche karma farà la magia o che il buon Dio elargirà un miracolo ad personam, magari perché siamo simpatici.

No, quello che può accadere domattina, o fra un minuto, ha un’altra caratteristica.

È davvero ciò che non possiamo in alcun modo sapere il giorno o un minuto prima. È concettualmente inarrivabile, quello di cui non possediamo nemmeno le categorie del pensiero. Non ci si può preparare, non si può pregare, non si può fare niente. È qualcosa che, semplicemente, subito prima di verificarsi, non esiste.

Ci si può riscoprire capaci di risolvere un’equazione di quarto grado, ragionando su un foglio che ci costringe per un motivo contingente, pur non conoscendo ancora a memoria la tabellina del 9. Quand’è successo che quelle nozioni siano rimaste sotto i ponti del retrocervello? Ah boh, intanto c’erano, l’equazione è risolta!

Questa vita è fatta tutta così: dire che impossibile è solo sfuggire alla morte, vuol dire qualcosa.

Non tanto che volere è potere, poiché non è sempre vero in un mondo in cui troppe variabili cercano di controllarci, modularci, pilotarci come burattini in altre mani, privi di diritti e pensiero cosciente. Come esistessero divinità scese in terra, la cui volontà supera quella personale di ognuno. Quelli che hanno la loro idea di verità e giustizia e tutto quanto si discosta da quella è un male da estirpare, minacciare, soggiogare ed alla fine far fuori!

Vuol dire piuttosto che lei, la vita stessa, ha bisogno che ogni tanto la si legga nel suo divenire; non la si lasci andare, ma le si consenta di provare ad accadere.

Credo si tratti di accettare che casa non è luogo, che costume non è regola, che fatto non è antefatto, che idea non è genio, che saggezza non è studio, che la vita andrebbe rispettata così, ricordando una donna, una tra tante, che ha saputo evidentemente vedere ed ammettere quanto ho potuto leggere: “la mia vita è stata tutta così, piena di piccoli segni che mi vengono a cercare” (Margaret Mazzantini).

Il pensiero che si guarda nell’atto stesso del pensare: eccolo, è arrivato il segno.

Fai un tentativo, non sciuparlo. Prendilo.

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FonteIn copertina: "Una piuma dal Cielo" (photo credits: Paolo Farina)
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.