Non è vero sempre che Davide vince contro Golia, come nella storia biblica, ma questa volta il nostro Golia in camicia nera un sberla la prende, e da una donna!

La storia tragica di Stefano Cucchi è la cartina di tornasole della regressione di questo Paese, che ogni tanto sembra civile per poi tornare alle sue abitudini barbare. I fatti sono noti. Un povero ragazzo come tanti, caduto nel vortice della droga e dello spaccio, esce brutalmente pestato dalla caserma dei carabinieri e va a morire nell’ospedale del carcere. Dopo nove anni di processi ingiusti e di racconti truccati, un carabiniere ha una crisi di coscienza e racconta la verità: Stefano è stato pestato in caserma, i rapporti ai superiori sono stati occultati, la verità è stata fatta a pezzi. Nei nove anni, la famiglia non si arrende, e la sorella Ilaria combatte a mani nude una battaglia di giustizia giusta che finalmente vede la luce della verità.

Questa è la cronaca, poi c’è la politica, intesa come uso delle disgrazie umane per gonfiare il petto e mettere all’indice e al muro i poveri disgraziati, “negri”, zingari, drogati, ladruncoli e disperati vari. Chi è a capo degli scarponi chiodati? Matteo Salvini, neanche a dirlo, ché non ce ne sarebbe bisogno, tanto il ministro dell’Interno da osteria va fiero di sé e del suo turpiloquio. Al tempo della sua protesta straziante, la povera Ilaria si becca un deciso “si dovrebbe vergognare, i carabinieri non fanno queste cose”. È il fiero Salvini che si fa truce e popolano per acquisire alla causa tutti i gonzi e razzisti che può, e non sono pochi. Sprezzante come sa essere solo un uomo senza principi, Salvini fa strame della ragazza indifesa ma non sola. Lui è la verità e la Bibbia dei cialtroni altamente pericolosi. Difendere i carabinieri contro i drogati è utile per i sondaggi della Lega legge e ordine.

Poi accade, dopo dieci anni, che la verità vera viene fuori, un militare non regge l’urto con la sua coscienza, racconta e porta prove. Nell’Arma qualcuno ha insabbiato il pestaggio. Qualcuno non vuol dire l’intera Arma che può andare fiera del suo lavoro, ma ogni tanto deve confrontarsi, come tutte le istituzioni, con le debolezze umane, vedi anche le accuse di stupro per due militari a Firenze. Ilaria comincia a vedere la luce. Suo fratello non è morto per caso, qualcuno lo ha aiutato a morire. Salvini, che al tempo non era ministro, fa un bel bagno di cacca ma, con la disinvoltura che lo contraddistingue, invita la famiglia del povero Stefano al Viminale. La faccia buonista degli scarponi chiodati. Ilaria gli risponde che prima lui, Salvini, si rimangia lo sterco che a suo tempo ha vomitato, poi la famiglia vedrà se accettare l’invito.

Non è vero sempre che Davide vince contro Golia, come nella storia biblica, ma questa volta il nostro Golia in camicia nera un sberla la prende, e da una donna, vivaddio!


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).