Un’immagine di miseria intellettuale e umana che non eravamo usciti a dare in settant’anni

Caro Diretore,

Di Maio e Conte che scoprono il tabernacolo con la prima tessera di povertà somiglia alla caricatura di un Paese alla frutta. Una cerimonia solenne per dirci che siamo un Paese ridotto alla fame che ha bisogno dell’elemosina dello Stato. Cosa vera in minima parte, se i poveri da tessera sono 2,7 su 60 milioni. Un premio ai fancazzisti trasformato in un miracolo economico. Una misura che scoraggerà la ricerca di lavoro, in un Paese che reclama, da nord a sud, decine di migliaia di tecnici e di operai. Una scena patetica, una di quelle a cui siamo ormai avvezzi. Un comizio a spese del contribuente, volendo usare il corrente linguaggio gialloverde.
Converrà abituarsi a queste sceneggiate. Da oggi al 6 marzo non succederà altro, se non annunci e annunci. Dal 6 marzo si potrà fare domanda e ce lo ripeteranno ogni giorno fino a sfinirci. Poi, dopo la domanda, ci vorrà un altro mese per accedere agli agognati quattrini da spendere secondo il menù di Stato, manco la Russia di Brèžnev. E, in contemporanea, assisteremo alla campagna elettorale per l’Europa, accompagnati dalla colonna sonora di un 2019 bellissimo, regia di mago Zurlí.
È inutile aggiungere che i soldi delle nuove tessere di povertà arricchiranno le imprese, rilanceranno l’economia, faranno salire il Pil, creeranno posti di lavoro, taglieranno il debito pubblico, insomma avete presente Totò e il Cappotto di Napoleone? Bè il reddito di povertà sarà milioni di volte più ricco di un pranzo di Natale. Senza trascurare la previsione di Conte che prevede la corsa dell’Europa alla stessa trovata elettorale.  L’Europa infatti è governata da un branco di incapaci e non aspetta altro che prendere esempio da Conte, Di Maio e Salvini, nuovi De Gaulle, Adenauer e Churchill, dei quali il mondo sentiva la mancanza.

Il bello è che il nostro governo gialloverde, a parte la caccia al “negro” e al reddito da divano, litiga su tutto, ma proprio su tutto. Dando all’Europa un’immagine di miseria intellettuale e umana che non eravamo usciti a dare in settant’anni, fra alti e bassi. Ci mancava il Cappotto di Napoleone…


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

1 COMMENTO

  1. Questo gruppo stellato insieme al gruppo che sino a ieri considerava e considera i meridionali semplicemente terroni fanno a gara per mettersi in evidenza collezionando tante figure di niente. Il problema grosso è che l’economia và a rotoli, lo spread si mantiene su livelli alti, il lavoro per i giovani NIET, chi sceglierà quota cento non sarà rimpiazzato, i servizi sono sempre più scadenti. Senza contare che una parte vuole la TAV gli altri sono per il NO a 360 (uno di loro affermò che sono 380) gradi. Non dimenticate che la Sindachessa di Roma non ci ha fatto partecipare PER L’ORGANIZZAZIONE DELLE OLIMPIADI. Sui vaccini, stendiamo un lenzuolo pietoso. Abbiamo dato una FERRARI in mano a chi aveva guidato una utilitaria tipo Panda senza offesa. Mi sembrano concorrenti della CORRIDA di CORRADO. Non abbiamo una politica estera credibile, stiamo diventando piccoli piccoli, tranquilli abbiamo un avvocato come capo del Governo, se fossi stato presente a queste dichiarazione gli avrei detto egregio Primo Ministro la maggior parte degli italiani non hanno bisogno di un legale, ma di uno STATISTA

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