
L’anno scolastico è finito. Le lezioni di speranza e di umanità, non ancora. Morale della “favola”? Il linguaggio dei segni come madre lingua di un sogno di comunione.
L’anno scolastico è finito. Sta per concludersi anche per i maturandi. Quello accademico per i laureandi. Tutti al mare, a spegnere la calura!
Ma qual è la storia più bella consumatasi tra i banchi, dove spesso serpeggia la fatica e il disincanto, e talvolta si registrano eventi strepitosi?
Di storie positive ne conosco tante, che farebbero accapponare la pelle. Anche dal territorio prossimo.
Quella che più commuove, però, arriva dalla Bosnia, ieri teatro di guerra, oggi laboratorio di pace. Vorrei brevemente raccontarla proprio per questo.
Zejd Coralic ha problemi di udito fin dalla nascita. Circa un anno fa, mamma Mirzana decide di iscriverlo alla prima elementare in una classe di alunni “normali”, presso la scuola Osman Nakas di Sarajevo. La diversità non deve confluire nel ghetto fino a esservi racchiusa e perimetrata, ma stemperarsi nella società diffusa: non sordi con sordi e udenti con udenti, ma gli uni e gli altri insieme. È la sua teoria semplice. E così fa.
Il suo piccolo, però, è infelice, perché nessun compagno di classe conosce la lingua dei segni e ad assisterlo non c’è alcun insegnante di sostegno. La diversità lo esclude di fatto: dalle lezioni e dalle relazioni.
La maestra Sanela Ljumanovic cerca di fare del suo meglio. Risultati scarsi! Zejd è sempre triste: non comunica.
Così l’insegnante decide di organizzare una colletta tra i familiari degli scolari tutti, per retribuire una persona capace di insegnare loro il linguaggio dei segni, o almeno gli elementi fondamentali. Obiettivo: esprimersi abitualmente con Zejd, affinché Zejd si esprima agevolmente con tutti. Lingua comune per stare bene insieme. Il linguaggio dei segni come madre lingua di un sogno di comunione!
Tre mesi dopo, il piccolo bosniaco è perfettamente integrato nella classe, anzi non vede l’ora di andare a scuola: è motivato nello studio, disposto a immergersi nelle attività didattiche, contento di avere amici e desideroso di giocare con loro.
Anche i suoi compagni sono felici. Taric Sijaric, ad esempio, sostiene che la lingua dei segni è divertente. Altri la usano per dialogare seriamente ma anche per scherzare con Zejd. La maestra Sanela promette che dal prossimo anno scolastico sarà pienamente inserita nel programma.
Non è una storia d’altri tempi, tratta dal libro Cuore. È una vicenda contemporanea, in cui il cuore però c’entra, eccome se c’entra; ci vuole cuore perché i “normali” adottino il linguaggio dei “diversamente abili”, traendone occasione di felicità per tutti!
C’entra anche il coraggio di una madre fuori dall’ordinario, e la genialità di un’insegnante speciale, e l’amore che i genitori seminano oltre la propria figliolanza.
C’entra, soprattutto, il sorriso e la gioia dei bambini: risorsa tra le più preziose.
L’anno scolastico è finito. Le lezioni di speranza e di umanità, non ancora.