La musica non tiene spazio, non tiene tempo

Carlo quella mattina si era scetato presto, più presto del solito con un pensiero fisso in testa. Si era addormentano coi musicisti di corte che suonavano. Aveva sognato ma non ricordava, sapeva solo che era domenica per cui nessuno da ricevere, neanche la moglie da considerare che era andata da chissà quale cugina, contessa di echisenembort. Era solo, i che bellezz! Scese per il lungo mare, il Vesuvio troneggiava imponente. Neanche la risacca del mare gli tolse la sensazione. Voleva un teatro, più grande dei teatri mai visti, semicircolare come o spicc e luna che ancora era in cielo, enorme come il vulcano: il tempio della musica. Era o non era nella culla della civiltà? Era o non era o re di Napoli e di Sicilia? Sarebbe divenuto pure re di Spagna?

Sette mesi dopo il teatro era lì con gli stucchi e le candele, con la corona grande sul palco reale dove ci stavano più di venti persone. Ci arrivava diretto dalle sue stanze con un corridoio interno, poi palchi e palchi coi nobili a contendersi la vicinanza a lui. Il palco diciassette portava jella, così gli architetti lo convertirono in un bel 16 bis. E gli specchi poi che guardavano tutti nella sua direzione. Mang che auveir  i nobili e il popolo stessero a considerarlo. Durante gli spettacoli essi vivevano, mangiavano, giocavano a carte, facevn ammore. Gli piaceva questo. Il tempio però li cristallizzava tutti in un tempo senza tempo, nella musica che esplodeva perfetta in qualsiasi punto ci si trovasse, nel foyer o in piccionaia. Aveva costruito il capolavoro della musica!

Quello che successe dopo è o veir: ai canti angelici degli eunuchi settecenteschi capeggiati dal Farinelli, si susseguirono le prime delle maggiori opere liriche di Bach e Handel, per cominciare. Hanno diretto il tempio della musica nomi come Rossini, Donizetti, Verdi. Stendhal si estasiò nel vederlo, “con occhi abbagliati e anima rapita”. Mozart bambino prodigio si fece condurre dal papà. L’elenco di chi ha calcato le scene del teatro San Carlo è eccelso e infinito.

Oggi il teatro, vivo, è all’ennesimo rifacimento di trucco e si prepara a riaccogliere musica e orecchi in ascolto, nella cassa acustica più bella mai prodotta. Le candele sono divenute lampade, sedersi nel palco reale è solo questione di biglietto, gruss.

Carlo capitava che dormiva nel suo palco, dove si rilassava al suon di musica e bel canto, cumm nu criatur. Sognava altre opere maestose, mentre la musica saliva.

La musica non tiene spazio, non tiene tempo.

Oltre gli stemmi dei Borboni e di chi è venut, oltre il sogno di Carlo, oltre gli spartiti eccelsi, oltre gli applausi, in ricchezza e in povertà.

D chiù.