Imparare ad ascoltare il grande silenzio del buio e della notte: sembra che esista una relazione tra silenzio e comunione
Noi veniamo dal silenzio… C’è stato un tempo della nostra vita in cui abbiamo vissuto un silenzio assoluto, e nello stesso tempo abbiamo ascoltato tantissimo, vivendo intensamente. Era il tempo, prima e appena dopo la nostra nascita, in cui non disponevamo ancora della parola. Poi abbiamo imparato ad usare il linguaggio, e ci siamo accorti che le parole spesso erano ben lontane dall’essere vere e chiare. Abbiamo imparato per esperienza che si è capaci di usare una parola in disaccordo con la propria realtà e a nascondervisi dietro.
Gregorio Magno parlava del rumore del mondo, che distrae, che tiene svegli non in quanto a lucidità e vitalità, ma nel senso di essere “agitati”. Questo “rumore” è indicato con termini che descrivono bene certe esperienze di difficoltà: turba (“folla” di pensieri), tumultus, strepitus (pensieri disordinati, che gridano, che si affollano vociando, come nella piazza di un mercato).
In realtà il pericolo che incombe è una sorta di ferrea dittatura del presente che domina su quel diverso da noi che è il passato. Le conseguenze sono gravi. Si accende una sorta di ribellione al passato e ai suoi uomini attraverso una vera e propria “de vulgari eloquentia”, non ovviamente di dantesca memoria, ma appartenente a quell’opportunismo di chi cerca, come dietro a un’artificiosa quinta teatrale, di costruire la propria autoaffermazione come un grande fiume trionfale che baldanzosamente avanza dietro l’appoggio di esperti compiacenti e mecenati sprovveduti.
Di fronte a questo disperato soggettivismo di certi innovatori, un cristiano direbbe che è venuta meno la comunione fraterna; un laico osserverebbe che si è indebolito senza rimedio il legame tra le generazioni. Il senso stesso dell’avventura umana si fa indicibile, e quindi insignificante, perché non trasmissibile. Lo scorrere del tempo perde di senso.
Cercando, sperimentando il silenzio, superando l’horror vacui (il terrore del vuoto), si entra nel mistero profondo dell’inquietudine del cuore umano, posto tra il “mondo dei desideri” e il “mondo dei limiti”: oggi sembra che il male più grande da cui “salvarsi” sia il culto di sé e della propria onnipotenza.
Imparare ad ascoltare il grande silenzio del buio e della notte! La notte è un grande mistero, grembo di tanti segreti, forziere di tanti progetti… Vegliare nella notte, vegliare al mattino presto…”Nel silenzio – scriveva Dietrich Bonhoeffer – è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali”.
In realtà, sostiene Giuseppe Como, docente di teologia spirituale, non si convive più semplicemente con un marasma di sensazioni minacciose, con un mondo interiore che rimane sempre complesso, difficile da leggere, e contraddittorio: su tutto questo siamo diventati più padroni. Siamo dei signori in casa nostra, abbiamo acquisito più padronanza di noi stessi, perché ci conosciamo meglio, e abbiamo imparato a convivere con quello che siamo, senza smettere mai di lavorare, di lottare per diventare migliori.
Sembra poi che esista una grande relazione tra “silenzio” e “comunione”; il silenzio e la solitudine buona insegnano ad amare più profondamente gli altri e perciò aprono alla comunione: basta vedere il bellissimo gioco tra solitudine e compagnia, tra l’immergersi nella folla e il rientrare in se stessi descritti dall’evangelista Marco in 6,30-34.
Dal “silenzio che ascolta” nascono parole più vere, più essenziali, parole purificate, pacificate: nasce, scrive Enzo Bianchi, “una parola acuta, penetrante, comunicativa, sensata, luminosa, perfino terapeutica, capace di consolare”…, e che spesso ci manca.
Salve Signor Elia. Attendo sempre con piacere i suoi scritti. Sono una boccata d’aria pulita tra i fumi di scarico delle marmitte di tutta L’immondizia che pubblicano sul web. Sanno di pace e quiete. Con stima. Damiano Landriccia
Bello, bello, bello! Grazie Padre Elia!