Che più ci parla, più si rivela complicato

Se c’è una cosa che accomuna gli sforzi dell’uomo tesi alla conoscenza del reale, nelle diverse espressioni dall’arte alle scienze, è la presa d’atto che esso è per lo più ‘silente’, come ripeteva spesso Leonardo da Vinci sulla scia di Eraclito: “la natura primordiale ama nascondersi”. Questo fatto del resto è una costante a cui è pervenuto il più maturo pensiero filosofico e scientifico nel suo complesso come del resto anche lo stesso James Hillmann nell’ambito della psicologia analitica: “La ghianda della natura umana fa lo stesso; si nasconde dappertutto in mezzo al visibile”.  Già i maestri Greci parlavano dell’opacità intrinseca del reale e pur tuttavia il loro sforzo fu indirizzato a svelare il nascosto (aletehia), a dargli  una voce dai poemi epici agli stessi poemi matematici; nello stesso tempo il loro particolare acume filosofico-scientifico li portò a prendere atto della non trascurabile differenza tra apparenza ed essenza dei fenomeni, dove si gioca il destino della conoscenza con i suoi  percorsi caratterizzati da diverse vittorie e da molte inevitabili sconfitte.

E tutta la storia del pensiero filosofico, scientifico e artistico, soprattutto dal ‘600, da Galileo in poi, è un continuo sforzo teso a cogliere gradualmente l’essenza del reale al di là dell’apparenza sino a poter dire con maggiore coscienza teoretica con le parole di  Karl Marx, avanzate nel Capitale: “la scienza  sarebbe superflua se l’apparenza e l’essenza delle cose coincidessero”. La storia delle scienze e di ogni altra espressione umana, cioè del pensiero umano, è un continuo fare i conti col reale e le sue rugosità  e nello stesso tempo la si può configurare come una lunga lotta tra l’apparenza che si fonda sull’evidenza immediata dei fenomeni e la loro essenza ‘nascosta’ che ha bisogno per emergere di sofisticati e astratti sistemi teorici per loro natura controintuitivi e contrari al senso comune; questi risultati ‘teorici’ poi hanno bisogno di una lunga metabolizzazione nel tessuto sociale e culturale per essere accettati come veri e punti di non ritorno in quanto non solo vengono a modificare il piano della conoscenza, ma mettono in discussione le diverse visioni del mondo (Weltanschauungen) su cui l’umanità aveva basato la sua identità a volte per secoli. Per questo quando si parla di Galileo e della nascita della scienza moderna si usa l’espressione ‘prima rivoluzione scientifica’ e poi, con Bernhard Riemann e Charles Darwin, di seconda rivoluzione scientifica e di terza avuta inizio grosso modo con l’avvento della meccanica quantistica per arrivare a quella in corso negli ultimi tempi nelle diverse scienze, tutta da scandagliare e da interpretare.

Ma la cosa più sorprendente è che man mano che il reale diventa meno ‘silente’, conoscendolo sempre di  più, si rivela nello stesso tempo complicato o complesso, per usare un termine oggi più diffuso; la vecchia opacità di cui parlavano i Greci oggi si presenta come complessità, cioè la presa d’atto, sempre per usare un’altra lungimirante idea di Leonardo Da Vinci, che esso ha ‘mille ragioni per essere tale’. Lo sforzo dell’uomo è quello di andare al di là dell’apparenza, di superare il primo livello dei cosiddetti ‘fatti bruti’ e di fare emergere le ‘ragioni’ sottostanti del ‘reale silente’;  ed ogni ‘ragione’ che è in grado di portare allo scoperto costituisce una scienza, una teoria con una storia tutta particolare fatta di esaltanti vittorie e amare sconfitte, la cui analisi critica da parte della riflessione filosofica viene a rafforzare  la stessa ragione umana caratterizzata da una continua tensione verso il vero e a liberarla dalle visioni unilaterali che possono diventare pericolose ideologie com’è storicamente successo soprattutto nel primo Novecento. Per questo si può dire, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza prodotta dalle scienze, che nella scienza non esistono teorie vere, ma teorie sempre più vere, per usare una affermazione del matematico ed epistemologo italiano Federigo Enriques, ognuna delle quali ha la sua ragion nell’essere  espressione di una ‘ragione’ del reale o di una delle sue tante rugosità; e per questo ogni teoria, ogni scienza, ed ogni altra forma di interrogazione del reale   nello stesso tempo ha bisogno delle conquiste di altre per proseguire il suo cammino, in quanto come diceva Galileo ogni singola verità acquisita e soprattutto metabolizzata può chiarire meglio il senso di altre verità pur appartenendo ad altri ambiti dell’esperienza umana.

TRA LA RUGOSITÀ DEL REALE:

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FontePhotocredits: Terry Lomonte
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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.