L’adulto non è tale perché non sogna, non progetta, abbandona i grandi valori, gli slanci, i modelli, le idee e i valori più belli…
La necessità di tenere insieme la vita in tutti i suoi aspetti, di imparare ad accogliere la sua necessaria complessità come possibilità di una pienezza che non può fare a meno di nessuna delle sue dimensioni …è qualcosa che si impara gradualmente.
Abbandonare le innumerevoli esistenze ideali costruite dal nostro cervello è l’atto d’ingresso nell’adultità, l’inizio della maturità. L’adulto non è tale perché non sogna, non progetta, abbandona i grandi valori, gli slanci, i modelli, le idee e i valori più belli per tuffarsi in una praticità quotidiana da subire soltanto. Chi si comporta in questo modo non è uomo.
L’adulto riesce, tra successi e fallimenti, tra lacrime e sorrisi, a tenere insieme le cose, tutte le cose della vita, accettando la realtà per quella che è. L’adulto è un giovane capace ancora di sognare e progettare, ma senza inseguire l’idillio di un mondo perfetto, dove tutte le ombre sono destinate a schiarirsi nella luce della chiarezza e dell’univocità in un presente immediato.
L’adulto, in altre parole, conosce i limiti di sé e della realtà, li accoglie, giunge ad amarli, a considerarli un’opportunità irrinunciabile.
Gli antichi Romani credevano che i limiti dell’Impero fossero sacri in quanto custoditi da una divinità. La preziosità di questa concezione è testimoniata dall’esistenza nella lingua latina di due termini atti a designare il concetto di limite: limes e limen. Il primo assume l’accezione negativa di confine, come barriera invalicabile per cui si è spinti a stare all’interno di qualcosa; il secondo ha il valore di soglia, come passaggio e apertura verso nuovi orizzonti.
Un limite, forzando la persona a stare entro un certo spazio, la educa a cogliere la ricchezza che ha davanti agli occhi, resa quasi invisibile da una strana, atavica brama capricciosa di possedere sempre altro e di essere sempre altrove. Solo così si possono scoprire cose nuove e inaspettate: il nuovo senza il vecchio è un inganno; l’inaspettato senza l’ordinario abbaglia; in altre parole per lanciarsi entro meraviglie inesplorate bisogna avere piedi ben piantati nell’oggi. Altrimenti si sta fuggendo. E l’adulto non fugge.
Stare entro i limiti fa male: ci si sperimenta piccoli, condizionati, stretti da tante cose, mentre dentro un bisogno irrefrenabile di libertà scalpita violento, figlio di un tempo nel quale ogni vincolo è vissuto come minaccia e gesti e parole, a volte anche molto ordinari, traducono il sogno della potenza subordinante, fagocitante tutto e tutti. Eppure re-imparare a stare nei limiti è vitale, anzi urgente, per gli adulti soprattutto. I giovani, infatti, si comportano di conseguenza.
A volte ci si sforza pure di rispettarli e ci si sente forti perché “si è riusciti in qualcosa NONOSTANTE i limiti”. Chissà quanti miracoli insospettabili vengono compiuti o potrebbero essere attuati “PROPRIO PER, IN VIRTÙ, GRAZIE A quei medesimi limiti”. È un cambio di prospettiva radicale.
Stare entro i limiti può fare bene: dimorare lì dove siamo stati posti anzitutto dalle nostre scelte, stare in questa situazione, in questa casa, in questa famiglia, in questo carattere, in questo corpo meraviglioso permette un radicamento appassionato nell’oggi e apre alla scoperta di insospettabili profondità nascoste in sé e negli altri. Ci si sperimenta capaci di donare fino all’inverosimile e, magari, destinatari di doni mai messi in conto.
Stare entro i limiti, insomma, porta al paradosso di scoprirsi abitati di una profondità senza limiti!
L’esperienza della libertà autentica passa dalla silenziosa obbedienza alla realtà; le ali del cuore sono nascoste nel groviglio del quotidiano. Lì, entro i confini sacri delle potenzialità umane, dimorano le possibilità più grandi.
Wow! Che parole!
Grazie… 💫