Si intitola “Metallo Pesante” il nuovo libro di poesie di Alessandro Angelelli, pubblicato da L’Erudita. Il volume raccoglie i pensieri di un uomo che dialoga con la propria anima nell’Heimat, un non luogo dove migliorarsi attraverso la catarsi del dolore
Ciao, Alessandro. Qual è il metallo pesante che ognuno di noi porta sulle spalle?
È ovviamente differente per ognuno di noi, dipende dalla propria storia, dalle proprie fragilità, soverchiate, come traversine, da treni di “metallo pesante, su fragile legno” come recito nella poesia “Notte”. Il tema di questo personale fardello, portato da ognuno di noi è molto presente in questa raccolta che si pone come obiettivo di stimolare un percorso interiore che porti ad una migliore consapevolezza di se stessi.
Da un punto di vista di pace interiore, sarebbe corretto paragonare Heimat al Nirvana?
Direi di no, se identifichiamo il Nirvana come un luogo di estasi e privo di dolore. Heimat è, per come lo vedo io, un luogo, non-luogo nel quale ognuno incontra i propri fantasmi, le proprie sensazioni e sentimenti. Si affrontano, li si elabora e si arriva ad essere consapevoli del passato e a disegnare il proprio futuro. Nel mio Heimat c’è nostalgia, anche dolore, ma anche molto amore per le cose e le persone migliori che hanno attraversato la mia vita
Una nave che salpa dal proprio porto, e ne attraversa altri mille prima del ritorno a casa, è esperienza necessaria per ritrovare il proprio Io?
A mio modo di vedere è assolutamente necessario: affrontare di petto la propria vita, i propri errori, le vittorie, gli amori, è catartico, una via indispensabile se si vuole arrivare ad una vita futura più appagante e serena possibile.
A chi dedichi la tua silloge?
L’ho dedicata a tre personaggi di un’opera teatrale che ho scritto e che spero di portare presto in scena con la mia compagnia teatrale, Icdun Teatro. Sono figure che rappresentano metafore di tre importanti fasi della vita, ma sono per me anche delle identità precise di persone che hanno attraversato il mio mondo nel corso degli anni. Il primo di quei personaggi/persone è André, l’Io bambino, che in quanto tale identifica la capacità di amare in maniera incondizionata; poi c’è Patrick che rappresenta l’età adulta che irrompe nella vita di tutti noi a portare responsabilità, difficoltà, spesso dolore. Per ultimo la silloge è dedicata a Julie, che identifica l’amore ideale, qualunque tipo di amore, non solo quello legato all’attrazione tra due persone ma anche quello verso un genitore, un’amica o verso il proprio figlio.