Dopo otto anni d’attesa Albarn e compagni tornano con un nuovo disco che è già in vetta alle classifiche nel Regno Unito.

Probabilmente i più giovani non li conoscono, ma i Blur hanno rappresentato per quelli della mia età, ormai adulti quarantenni, uno dei principali gruppi di riferimento, che si ascoltavano nei walkman o che passavano in tv nei videoclip di MTV. Insomma, parliamo dei mitici anni ’90, dei quali i Quattro di Colchester sono stati la colonna sonora  assieme ad altri gruppi storici come i Verve, i Suede, i Pulp e soprattutto gli acerrimi rivali degli Oasis, con i quali diedero vita alla cosiddetta guerra della britpop. Il gruppo di Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James e Dave Rowntree si ricorda per hits come Sing, For Tomorrow, Girls and Boys, Coffee and TV, Tender, Country House e Song 2, per citarne solo alcune, e per album che si sono piazzati ai primi posti delle classifiche in Regno Unito e nel resto d’Europa, a partire da Parklife, che il prossimo anno festeggerà la ricorrenza dei trent’anni dalla sua uscita, sino all’ultimo lavoro del 2015 Magic Whip. E così, a distanza di otto anni, Albarn e compagni hanno deciso di riunirsi nuovamente, cosa che non è mai scontata per i Blur, la cui storia è segnata anche da lunghe pause e dall’allontanamento di Coxon, e di lavorare a un nuovo album che ha preso il nome di The Ballad of Darren. Prodotto da James Ford, che tra l’altro ha collaborato con Arctic Monkeys e Depeche Mode, il disco sarebbe stato ispirato da un murales che immortala Leonard Cohen in un hotel di Montreal frequentato da Albarn durante una sua tournée, il cui riferimento è presente nel brano Everglades (for Leonard) .

Il titolo del lavoro segna già la strada, con alcune ballate intimistiche che hanno a che fare con la vita, con ciò che si è perso, come avviene nelle prime parole della prima traccia, The Ballad, dedicata a chi di sicuro non tornerà e che abbiamo perso. St. Charles Square rimanda al sound del gruppo britannico del secolo scorso, una canzone che racconta una sorta di horror, di un essere nascosto al di sotto del pavimento, che nel testo potrebbe inquietare come l’uomo ragno di Lullaby dei Cure. Barbaric racconta di un sentimento che svanisce, senza che i protagonisti quasi riescano ad accorgersene (you lost the feeling that thought you never lose). Russian Strings ripropone il dramma di una guerra sempre all’ordine del giorno, di persone disconnesse (where are you now? Are you coming back to us? Are you online), di palazzi che si sbriciolano e del ritorno di un conflitto che pensavamo non rivivere più (Flew to Belgrade. Stayed in a hotel sinkin). The Narcissist è stato il primo singolo che ha anticipato l’ uscita dell’album. È una sorta di introspezione, un resoconto fatto di fronte allo specchio che lascia aperta la porta ad una soluzione positiva, nonostante il dolore e la solitudine. Goodbye Albert è una ballata che racconta la perdita di una persona cara, con la quale si è vissuto un tempo importante e tale sensazione di vuoto si ripropone nelle domande di Far Away Island. Avalon racconta di fatiche inutili (What’s the point in building Avalon If you can’t be happy when it’s done?) e di aerei colorati di grigio che volano verso la guerra. Infine in The Heights la chitarra di Coxon emerge tra parole che augurano una speranza luminosa  in vite comatose, chiudendo con un fragoroso rumore elettrico che sembra avvolgere tutto il disco.

Come gran parte degli album che ho ascoltato dei Blur, soprattutto gli ultimi, mi è servito un ascolto attento per apprezzare la profondità della scrittura di Albarn, che rimanda ai suoi recenti lavori da solista. Ma la musica dei Blur non fa altro che esaltare la lirica che riflette le paure, le inquietudini e le riflessioni di cinquantenni che oramai un resoconto sulla vita possono farlo, ma senza perdere di vista la possibilità di regalarsi delle gioie e rosicchiare altro dall’esistenza. Trentasei minuti di musica di qualità, di profonda riflessione sulla vita che oggi manca soprattutto nel mondo della musica, dove l’immagine e le visualizzazioni social valgono più di ogni cosa. Invece i Blur hanno dimostrato che si può ancora vendere attraverso i formati classici ed essere primi nelle chart e che un concerto evento a Wembley può richiamare gente da ogni parte del mondo perché la qualità paga. Per Damon Albarn il nuovo disco “è stato come un cataclisma che si è abbattuto su di me. Spero di non doverlo vivere anche una terza volta”. E allora, mi verrebbe da dire egoisticamente ben venga un altro cataclisma del genere perché non può non farci che piacere.