
Ucraina. Se non ci fossero più armamenti…
Quanto è pericoloso il fumo di questi giorni: se nel buio evitiamo di addentrarci, di guidare, di andare per strada, col fumo siamo invece indotti a procedere; si va finché si vede!
Infatti un po’ si vede davvero, anche se male, come appena appare distorta la sagoma di una curva, di un ostacolo improvviso.
Di fumo infatti oggi ne vedo tanto e, soprattutto ben pochi si offrono di soffiarci sopra, almeno quel tanto che basta a farci intravedere il buio che dietro ci attende, paralizzante.
Fumo in cui la verità si perde: e sappiamo che un vecchio adagio voglia che la prima vittima di una guerra sia proprio la verità…
Sicuri, perché protetti dall’ombrello della “forza”, abbiamo trascurato con colpa grave quanto si andava già annunciando da diversi anni.
Putin infatti aveva già lanciato i segnali di un malcontento che animava i russi…
Ma dov’era chi poteva e doveva dircelo?
Trincerati nelle vicende nazionali a rincorrere le ripetute crisi di governo e un benessere da trattenere con le unghie a qualsiasi costo, abbiamo di fatto trascurato il “resto” del mondo.
Mentre eravamo affaccendati a rilanciare sfide per un più grande progresso economico a nostra esclusiva protezione, ci siamo lasciati sfuggire pericolosamente quello che il “fumo” nascondeva:
una guerra a casa nostra, nella nostra Europa!
Che i confini della NATO si siano azzardati ai margini dell’ex impero Sovietico non è stato forse tanto grave (ma era proprio opportuno?), ma il fatto che ciò sia avvenuto in un momento storico in cui la Russia fosse molto debole, questo sì che deve profondamente interrogarci.
Perchè il popolo russo soffre da sempre: da prima degli zar, durate gli zar e dopo gli zar.
E oggi soffre anche le terribili restrizioni imposte dalle sanzioni di tanta parte del mondo, oltre
che per la cronica assenza di democrazia.
Ma noi, ritenuto fossimo sufficientemete protetti dalla “forza”, non abbiamo immaginato che ciò poteva esser vissuto come uno schiaffo dato a un popolo, pretendendo, esecrandi, che che la storia non ci presentasse il conto, appena appunto dietro il fumo…
Siamo sicuri che nel rivaneggiare la visione di un’auspicata nuova grande Russia a qualsiasi costo, Putin non sia partito da questo punto?
Siamo sicuri che sia un pazzo, o non piuttosto un visionario sanguinario che si vuol fare largo nella storia per rivendicare il diritto al “non accerchiamento”, all’ autoprotezione?
Ma quanto sanguinario? Non sta forse applicando lo setsso paradigma a noi così tanto caro tanto da essere entrato nel nostro DNA di occidentali? Quello cioè di essere costruttori di una deterrenza che fa della forza l’ago della bilancia?
Così abbiamo costruito la pace?
Quando gli equilibri della pace e le diverse complesse realtà geopolitiche non verranno più filtrate dalla “forza”?
Un patrimonio dell’umanità, silente ma essenziale per “co-struire” rapporti nuovi tra le nazioni è la misericordia… So che qualcuno storcerà il naso, ma vorrei suggerire che questa virtù non caratterizza gli uomini buoni o i “babbioni” privi del senso della realtà; al contrario essa è la qualità di coloro che, in modo sorprendentemente intelligente, riscrivono gli eventi, semplicemente perché sanno come scendere nelle “miserie” altrui, sapendo bene di essere a loro volta portatori di miserie.
Un reciproco riconoscersi tra “miseri”, pur tra opposte fazioni, credo possa davvero reinventare il modo di essere la storia.
Inoltre chiediamoci perché stiamo giustamente aprendo le porte delle nostre case agli esuli ucraini, quando proprio noi abbiamo inaugurato nel Mediterraneo il più grande cimitero a cielo aperto del globo chiudendole invece a tanti altri disperati?
Siamo sicuri che non stiamo così dando corpo all’immagine di un “impero delle bugie” che qualcuno, seppur strumentalmente, ci sta ritagliando addosso?
A quando una storia davvero finalmente nuova, senza più il fumo dell’ipocrisia?
Qualcuno di noi cominci ad “armarsi” di quel coraggio ardimentoso per fare ciò: a compiere cioè il primo passo, ad esporre la propria faccia.
Credo fermamente che questo vero eroismo prima o poi produrrà coi suoi frutti, anche la “reciprocità”.
Penso che le donne, ma quelle che non si comportino come uomini con la gonna, le donne “vere” intendo, possano avere la chiave di questo pensiero complesso: nulla può più essere visto infatti con gli occhiali del pensiero “duale”, cioè i buoni di qua, i cattivi di là…
Donne così ai vertici decisionali del mondo mi metterebbero più tranquillo, perché loro e soltanto loro hanno gli occhi di una “madre” per la quale i figli, “tutti” i figli, anche quelli che liberamente prendono altre dolorose strade di vita, sono “uguali” .
Ho due immagini di donne che si rincorrono nella mente: quella dell’attempata signora ucraina che sceglie senza fucili e senza lanciamissili di “resistere” al soldato russo gridandogli addosso il prorpio sdegno e lanciandogli semi di girasole che cresceranno poi sul luogo dove forse morirà,
e quella di Sophia Loren, impareggiabile interprete nel 1970 del film di Vittorio De Sica “I girasoli”.
La storia, ambientata nel primo dopoguerra, si riferisce ai caduti dell’Armir in Russia:
anche qui, alla ricerca del marito scomparso in guerra, ella si imbatte in un immenso campo di girasoli nati e cresciuti sulle sepolture di quei soldati italiani…
fin quando non scopre che il suo è ancora vivo e che si è rifatto però una nuova famiglia con la donna russa che lo aveva salvato e che gli aveva pure dato una figlia!
E quando il suo “lui” anni dopo, nella maturità tornerà a cercarla, scoprono entrambi di amarsi ancora, ma lei non accetta di rompere le rispettive famiglie nel frattempo nate perché “i bambini non hanno colpa”!
Che immagine eroica di questa donna ancor bella che, sacrificando il cuore, proietta nel futuro il bene supremo dei due bambini nati dalle rispettive relazioni, una in Russia, l’altro in Italia…
Da sempre poi, studiando le armi usate nella storia dai vari popoli, si può avere uno spaccato del progresso tecnologico-scientifico da essi raggiunto; il meglio dell’inventiva umana viene infatti evidenziato dagli armamenti concepiti in una data epoca.
Mi piacerebbe che, tra due o tremila anni, gli archeologi che esaminassero i nostri resti sepolti, ad un certo punto degli scavi, non trovassero più traccia alcuna di armamenti: sarebbe segno che quella nostra civiltà sarebbe approdata all’ultima sfida dell’”ulteriorità”, cioè la fratellanza tra tutti gli uomini…
Viceversa, insieme a poveri resti e a frammenti di armi di vario tipo, si domanderebbero stupiti come mai il meglio che in tanti millenni l’uomo sarebbe riuscito a produrre fosse unicamente cenere, solo povera, anonima e volgarissima cenere!
Gabriele Perrucci