Ma questo libro non parla solo di politica, va oltre la passione politica che si mescola continuamente con la famiglia, le gioie, i paradossi, i dolori, la morte, le morti

Caro Direttore,

questo è un invito ai Lettori di Odysseo a leggere “Come mi sono perso il fratello greco cercando la sinistra” (Progedit, euro 15). È l’ultimo libro scritto da Peppino Caldarola, noto giornalista due volte direttore dell’Unità, due volte parlamentare, commentatore di raffinata intelligenza politica. Non esagero.

Questo libro, dal titolo a forma di rebus, racconta la storia di una generazione che adesso viaggia fra i settanta e gli ottanta, che ha militato a sinistra, navigando un mare talvolta agitatissimo che è stato la vita di milioni di uomini e donne. Quel mare che ci manca e che è stato il sogno di eguaglianza, di diritti e di amore per il prossimo. Sogno che Peppino augura a chi verrà dopo di noi.
Ma questo libro non parla solo di politica, va oltre la passione politica che si mescola continuamente con la famiglia, le gioie, i paradossi, i dolori, la morte, le morti. Peppino è homo totus politicus, ma il racconto avvincente che scrive è pieno di passione intima, privata, nascosta. La quotidianità di un ragazzo barese, la vita povera dell’infanzia, l’amore dei genitori per lui e per le sorelle Carmela e Rosa, la crescita fra problemi economici e di salute, la scoperta della politica, l’impegno.

E poi i nonni, le zie, le abitudini, gli imprevisti della vita. Il sospetto di avere un fratello seminato dal padre in Grecia durante l’invasione di Mussolini e Hitler. Sospetto che ossessiona Carmela, la sorella che legge un libro al giorno, scrive poesie, è legatissima a Peppino, ed è ammalata di cuore dall’infanzia.
Ecco, a me è parso questo il cuore del racconto. Peppino, un ragazzo come gli altri ma di grande curiosità intellettuale, è stato capo carismatico dei giovani della sinistra barese, redattore di Laterza, funzionario del Pci sempre un po’ eterodosso, giornalista autorevole. Ma è stato soprattutto il fratello di Carmela. Ci sono passi struggenti del libro, che non manca mai dell’ironia di Peppino, un’ironia bruciante anche quando parla di se stesso.

Il racconto è minuzioso, il privato e il pubblico si mescolano continuamente. Ma mentre il dolore “politico”, diciamo così, si stempera nel tempo per lasciare spazio a qualche speranza. Il dolore privato lo mette di fronte alla fragilità delle vite, la sua e quella delle persone che ama.
Carmela è stata atea per convinzione. Peppino è agnostico. Ma continuerà a parlare con Carmela per sempre, anche quando il cuore di lei si fermerà. Come se non avesse perso la speranza di rincontrarla un giorno da qualche parte.

Presente l’Autore
martedì 28 maggio a Bari
se ne parlerà alla libreria “Prinz Zaum” ore 19.00
(Via Cardassi angolo Abbrescia)


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).