Preferire il senso al consenso

Vorrei nei politici di sinistra la metà del coraggio dimostrato da Checco Zalone in #tolotolo, la stessa libertà di rischiare il gelo ai titoli di coda perché ha preferito il senso al consenso. Grazie”. Scrive su twitter la scrittrice Michela Murgia.

Sarebbe riduttivo scrivere un ennesimo articolo di recensione al film “Tolo, tolo”, perché al di là del giudizio artistico, siamo di fronte ad un “fenomeno” che va oltre lo schermo, e oltre il cinema.

Parte dal grande schermo e lo trascende per una causa più grande.

L’arte è solo uno strumento.

E mai come in questo film, l’uomo Luca Medici, usa l’arte e la propria popolarità per una presa di posizione politica precisa, in un momento storico particolare.

Quindi, al di là del giudizio artistico, il grande insegnamento di coraggio, non solo ci viene dato dall’artista, ma dall’UOMO, che mette a servizio tutta la propria popolarità, talento, genialità e comicità per diffondere un messaggio di compassione tra gli esseri umani e di curiosità verso una cultura ed un popolo diverso dal nostro, in un periodo storico in cui “muri e barriere” sono innalzati tra popoli e paesi, in varie parti del mondo.

Corsi e ricorsi storici. Chiusura dei porti e delle frontiere per paura del “diverso”, pare che un’ondata di razzismo abbia pervaso vari stati del globo, negli ultimi anni.

Il migrante italiano, migrante economico, ed il migrante africano, migrante politico, si ritrovano con motivazioni molto diverse, ad affrontare un viaggio…tutti sulla stessa barca.

Luca Medici e la Taodue realizzano un progetto intelligente e coraggioso in totale controtendenza con l’andamento storico e politico attuale.

Ed è questa scoperta e curiosità per il “diverso” il Fil Rouge tra il suo primo film “Cado dalle nubi” e l’ultimo dei cinque film “Tolo, tolo”, con cui chiude (almeno a livello contrattuale finora) la rosa delle sue collaborazioni con la Taodue e il suo storico produttore Pietro Valsecchi.

In molti hanno commentato che si è sentita la mancanza di Gennaro Nunziante, (storico amico, sceneggiatore e regista di tutti i precedenti film di Checco Zalone).

Il sodalizio artistico con Nunziante, con cui ha costruito un percorso in ascesa fatto di record, è stato temporaneamente sospeso per motivi non resi noti, e Luca Medici affronta la sua nuova sfida come regista esordiente “Tolo, tolo”.

Infatti il coraggio di Luca Medici, sta anche nella decisione di fare il suo esordio alla regia, in un film di cui è anche l’unico attore protagonista, con una grossissima produzione (budget stimato oltre i 20 milioni), quasi totalmente ambientata in Africa…

Un’impresa titanica anche per i registi più navigati, figuriamoci, per un regista esordiente.

Data la grandiosa difficoltà dell’impresa possiamo affermare che Luca Medici, come regista al suo esordio, non può che ritenersi soddisfatto.

Come in molti hanno già osservato, la storia è a tratti confusa e frammentata: nella parte iniziale fatica un po’ a decollare, ed il finale è un punto interrogativo irrisolto, concluso in modo un po’ sbrigativo e “strano” con un cartoon… (genere introdotto visivamente, un po’ all’improvviso solo nel finale, ma pre-annunciato dai suoi brani musicali inediti, che ricordano alcune musiche Disney).

E questa visione un po’ infantile e sognante del protagonista, appunto un po’ “cartoon” possiamo ritrovarla in tutti i personaggi africani, vestiti, interpretati e scritti come se fossero usciti da un film Disney.

Idjaba ricorda Pocahontas, donna coraggiosa e guerrigliera, guida l’evasione dalla prigionia di tutto il gruppo, e decide di rimanere nella propria patria per difendere il suo popolo.

Finalmente un personaggio femminile che non sia la solita “bella ragazza della porta accanto” da conquistare, presente quasi in tutte le commedie italiane.

Finalmente una donna “diversa” che non si concede alla storia d’amore con il protagonista, ma consacra la sua vita all’amore per il proprio popolo.

Coraggio e innovazione nella scrittura di personaggi onesti, nei propri lati oscuri.

Particolarmente riuscite sono le scene accompagnate dai brani inediti di Checco Zalone.

Toccante è la scena dei migranti in mare: l’immagine drammatica delle mani alte che chiedono aiuto, nel tentativo di rimanere a galla, contrasta con la musica onirica, “Disney” appunto, che accompagna il sogno, quasi a fingere che quelle morti non avvengano sul serio tutti i giorni, quasi a voler chiudere gli occhi di fronte ad una realtà che non vogliamo vedere, perché ci piace rimanere un po’ “bambini”, un po’ sognanti.

Il contrasto tra musica ironica e cruda realtà ha un effetto fortissimo e commovente, e ad un certo punto non capisci più se piangi dal ridere per i versi della canzone o per la drammaticità della situazione, come avviene nella scena dei migranti nell’autobus che iniziano a cantare allegramente, spiattellando in faccia agli italiani, versi che racchiudono tutti i pregiudizi razziali più crudi nei confronti degli africani.

Ma la vera grandiosità di “Tolo, tolo”, non sta nella sua ricerca di perfezione registica o artistica. Anzi le imperfezioni fanno parte del percorso di un artista, che in questo caso date le premesse, sono “perdonabili”.

La genialità dell’artista sta nel coraggio spregiudicato dell’uomo e di tutta l’impresa.

Zalone ha sedotto il suo pubblico con un irresistibile trailer, sulle note del suo nuovo brano inedito “Immigrato” – canzone che, musicalmente, ricorda volutamente Toto Cutugno in “L’italiano”, e che non è presente per intero nel film.

In molti lo hanno accusato di razzismo a causa di questo trailer, c’è addirittura qualche politico che gli ha ironicamente proposto la carica di senatore a vita, pensando che il film fosse contro l’immigrazione.

Ed è proprio in questa strategia di marketing, che si rivela la genialità dell’artista e il coraggio dell’uomo.

Zalone ha mirato proprio a quel pubblico. Ad attirare nelle sale il pubblico che avrebbe voluto una storia contro gli immigrati, e lo ha spiazzato con una storia di umanità e con le parole di Primo Levi, citando Se questo è un uomo: “la convinzione (che ogni straniero è nemico) giace in fondo agli animi come una infezione latente” (P.Levi), quindi  pronta a venire a galla nei momenti di difficoltà… “Come la candida”, chiude ovviamente con una battuta alla Checco Zalone, ma il riferimento letterario iniziale è preciso ed inconfondibile.

Zalone, spiazza tutti, con una “malattia” che lui chiama “attacco di fascismo”, e che si manifesta, (dopo essere stato a stretto contatto con gli immigrati), con deliri di onnipotenza, cambio di personalità e totale convinzione di essere il “duce”.

Zalone ha cercato come interlocutori, tutti quegli italiani che stanno innalzando barriere e muri contro gli altri popoli. Forse ha mirato ad un pubblico che la pensa in modo opposto a lui, nella speranza di una catarsi? Qualcosa del genere fece all’epoca Niki Vendola per la sua campagna elettorale da candidato a Presidente della Regione Puglia e, non a caso, il cameo con Vendola che fa la parodia di se stesso è di quelli difficili da dimenticare.

Il punto non è dare una risposta all’interrogativo esistenziale lanciato da Zalone nel finale “perché alcuni bimbi nascono in Africa ed altri in altri paesi?”.

Il punto è porre il quesito, in modo che gli spettatori escano dalle sale cinematografiche con delle domande e non con delle risposte rassicuranti da lieto fine.


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Laureata all’Accademia Nazionale d’arte drammatica “S. D’Amico”, si forma come attrice al Susan Batson Studio di New York. Lavora da anni nel settore teatrale e cinematografico a livello nazionale ed internazionale. Dopo essere fuggita per anni da Andria e dalla Puglia per formarsi e realizzare il proprio sogno di attrice, si ritrova spesso a tornare in terra natìa perché la Puglia, ormai terra in continuo fermento culturale, è diventata negli ultimi un importante polo di attrazione per le produzioni cinematografiche nazionali ed internazionali e trampolino di lancio per giovani realtà teatrali. Cecilia sarà il nostro sguardo andriese “sotto i riflettori e dietro i sipari”.

3 COMMENTI

  1. Ho letto e riletto. Hai visto più di quanto c’era da vedere nel film, e una favola universale lo spiega: “l’essenziale è sempre invisibile agli occhi”. Bisogna contribuire con la propria vita interiore per scovare la bellezza quando c’è. Al contrario se hai dentro un vuoto, ti occorre riempirlo con le prime cose che trovi. Ti chiederei: “perchè non scrivi?”: lo fai talmente bene. Io amo il cinema. Non ho voluto scrivere una recensione del film di Luca Medici, non ne ero capace. Ho visto un uomo intelligente, un artista, da una parte e tanti soldi da spendere come produzione da un’altra. Arrabbiato, avevo dimenticato “la bellezza”. E’ presente, poca, qua e là in mezzo ad un casino emotivo e scenico. Tu ci sei riuscita.

  2. Non posso che ringraziarti, Damiano, per il tuo commento delicato e profondo all’Antoine de Saint-Exupérie.
    Ricordo la tua abilità nella scrittura, ed il tuo incoraggiamento vale molto.
    Di solito scrivo solo quando sento un’urgenza, non per professione per ora… ma chissà.
    Non scrivevo da anni, e negli ultimi mesi sto riprendendo nel tentativo di coltivare questo mio talento. Grazie ancora. A presto

    • Questo commento è ancora più ricco dell’altro. Sei riuscita a fotografare tanti momenti dandone una interpretazione che fa venir voglia di rivederlo per cogliere meglio tante sfumature. Brava e complimenti!

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