Non è la scuola che manca e la politica non può lavarsene le mani
The way back – Sidney 2023
E tempo di approdare alle parole dell’Assessora e del Procuratore Antimafia nel tempo in cui scrivo. Ci vuole più scuola. Ci vogliono più politiche educative. Ma questo non significa come pensano tutti in Italia che ci vogliono più contenuti dentro la scuola per potersene lavare le mani. La scuola non è un Pozzo di San Patrizio.
No. Non è andata così. “Tic Toc”
Certo se raddoppia il tempo scuola raddoppia anche l’organico. È tutto il resto intorno al carcere che non c’è. Mancano insegnanti prima e dopo, fuori. Manca tutta la politica educativa delle zone disagiate. Manca una politica ambientale che non può essere fatta dalla scuola. Ma come ben spiega la parola deve essere fatta dalla politica. Dall’Assessora a livello locale e dal Ministero a livello globale. Per questo salutiamo con commozione il Progetto Scuole Aperte del Comune di Roma. Per costruire una Casa Famiglia ulteriore per detenute con figli ci vuole la politica. Non ci vuole più scuola. La scuola c’è già sia per la madre che per i figli. Per consentire ai bambini oltre i tre anni di restare con un genitore ci vuole la politica delle Case Famiglia o ci vogliono provvedimenti legislativi delle misure detentive alternative. La cosa più triste in assoluto del carcere è il gender gap. La direttrice del carcere femminile del tempo in cui scrivo era giustamente orgogliosa di aver portato il ciclo produttivo di Linkem dentro il settore femminile. Le detenute potevano costruire modem – so STEM – invece di occuparsi sempre della lavanderia come se la cura dei maschi dovesse essere una condanna anche in regime di detenzione.
Il patriarcato non perdona dentro e fuori dal carcere. Il patriarcato ha stufato fino alla nausea e al vomito.
Qui a Sydney l’altra sera mentre allegramente cenavamo si è consumato un femminicidio con coltello sul balcone di fronte. Ci siamo addormentati con la polizia e ci siamo svegliati con le televisioni. Per cambiare il carcere e per sconfiggere il patriarcato non occorre la scuola. Già lo fa. Ci vuole la politica. Le scuole ci sono di vario genere dentro tutte le carceri. Afferiscono ai CPIA – Istituzione pubblica degli adulti -. Il progetto educativo della scuola funziona sia dentro che fuori dal carcere. Molti dei nostri alunni seguono il corso dentro e poi fanno l’esame fuori a fine pena.
Questi CPIA sono circa 130 e sono in Rete nazionale – RIDAP – capofila Bologna – e si coordinano ogni anno in un meeting nazionale che si chiama FIERIDA. Qualsiasi spostamento in Italia non interrompe il progetto educativo che può proseguire in qualsiasi CPIA. L’ultima epidemia di COVID ha accelerato molto i processi digitali. Oggi tramite la rete di scopo ICT – Information Communication and Technology CPIADIGITALE– di 23 CPIA – copofila il CPIA di Lecco -, è possibile anche seguire a distanza fruendo di una FAD – Formazione a Distanza – strutturata e organizzata sia in sincrono che in asincrono.
No. Non è andata così. Non è la scuola che manca e la politica non può lavarsene le mani.
Il carcere così come è non funziona. Non persegue lo scopo del reinserimento, o almeno il più delle volte si arena davanti a mille insormontabili difficoltà. Il carcere va ripensato nelle forme, nei modi, nei tempi e negli spazi, e come il Presidente dice nella sua intervista occorre ripartire dagli IPM che hanno già intrapreso il percorso. Ma prima di ripensare il carcere occorre invitare al tavolo interistituzionale il convitato di pietra che è il Ministero del Lavoro. La scuola c’è per tutti. È il lavoro che spesso manca e comunque non c’è per tutti dentro il carcere.
No. Non è andata così. Occorre ripensare i tempi, i modi e i luoghi e lo spazio della detenzione. È molto costoso? No. La recidiva attuale superiore è molto più costosa.