I maschi sono indietro, ma occhio alle donne!

Una sola partecipazione alla fase finale di un campionato mondiale di calcio, nel 2002, con tre sconfitte su tre partite giocate, 0 goal fatti e 9 subiti. In campo continentale, i risultati non sono molto più confortanti, con nessuna Coppa d’Asia conquistata, con due finali perse e due terzi posti all’attivo.

No, non possiamo dire che la Cina brilli per i suoi risultati in campo calcistico, ma questo non vuol dire che la Cina non ci tenga a lasciare il segno nello sport più diffuso al mondo e, per raggiungere questo obiettivo, negli ultimi anni sono stati investiti miliardi di Yuan (valuta cinese). Ma questi investimenti stanno portando a dei risultati? A livello di nazionale non si direbbe, viste le ultime prestazioni (mancata qualificazione al mondiale del 2018 e un’eliminazione ai quarti di finale nella Coppa d’Asia del 2019, sconfitta per 3-0 dall’Iran), e non sta portando i risultati sperati neanche la naturalizzazione di campioni (o presunti tali) come il brasiliano Elkeson, che adesso gioca nella nazionale cinese insieme a calciatori piuttosto privi di esperienza internazionale, visto che solo uno di loro gioca in un campionato di alto livello, Wu Lei, che milita nell’Espanyol. A livello di squadre di club, invece, ottimi risultati sono stati ottenuti da almeno una squadra, Il Guangzhou Evergrande, in passato allenato anche da Marcello Lippi e attualmente guidata da Fabio Cannavaro, ha vinto due Champions’ League asiatiche.

Questo non è un caso, se pensiamo che gli investimenti cinesi finora hanno avuto come obiettivo soprattutto quello di portare in Cina grandi (o ex-grandi) calciatori come Tevez, Pato, Paulinho, Robinho, Diamanti (questi ultimi tre hanno militato proprio nell’Evergrande) e altri ancora, oltre a ricoprire d’oro allenatori di prestigio come Eriksson, oltre ai succitati Cannavaro e Lippi, che hanno anche allenato la nazionale cinese.

Ma è questo il modo giusto di investire i soldi? È così che il calcio cinese nei prossimi anni potrà arrivare a competere con il calcio europeo o sudamericano? Lo chiediamo a chi conosce bene la materia, lavorando in questo settore da alcuni anni, cominciando da Nicholas Gineprini, ventinovenne marchigiano, giornalista sportivo free-lance che ha anche scritto un libro sul tema (Il sogno cinese), e che attualmente dirige il sito web www.allasianfootball.com che si occupa di approfondimenti e interviste per tutto quel che concerne il calcio asiatico, dai fatti di campo alle tematiche economico-sociali.

“Vivo da due anni a Pechino e sono anche abbonato al Beijing Guoan, la squadra più importante della città. Negli anni scorsi ho lavorato come consulente calcistico per un’associazione italo-cinese che si occupava di cooperazione bilaterale. Il mio ruolo di consulente e giornalista mi ha permesso di interfacciarmi con molte figure che lavorano nel calcio cinese, da allenatori di academy fino a quelli della Nazionale giovanile e anche Marcello Lippi. Ho dunque acquisito una visione a 360 gradi del calcio cinese, e per questo posso dire che il futuro del calcio cinese lo vedo con pochissime possibilità di sviluppo. Il calcio in Cina è solo un’ottima opportunità di fare affari per i club europei, per chi offre servizi di formazione, per gli agenti dei calciatori e per i costruttori di stadi. Poco o nulla viene fatto invece per coltivare il talento dei giovani calciatori cinesi, a partire dalle scuole, dove l’attività calcistica non è vista come un’attività ludica, ma solo una delle tante attività extra-curriculari, senza nessun percorso di formazione vero e proprio, tant’è che per molti genitori è solo una perdita di tempo, e forse lo è anche per molti ragazzi, visto che in Cina raramente si vedono dei ragazzi giocare spontaneamente a calcio nei parchi o in campi improvvisati come avviene per esempio in Italia. Inoltre, il livello di preparazione degli allenatori cinesi è assolutamente inadeguato, sono loro i primi a necessitare di formazione.

A livello di federazione, poi, va messa in evidenza l’assurda regola che obbliga i club a schierare tanti U23 quanti stranieri in campo, ha generato una caccia al giovane calciatore a cui veniva offerto un contratto d’oro facendolo sentire già realizzato, senza nessuna prospettiva di miglioramento.

I risultati di questo modus operandi? Vediamoli insieme!

Se analizziamo le prestazioni delle nazionali giovanili negli ultimi 10 anni (U16, U19, e U23), il miglior risultato nella Coppa d’Asia di categoria sono stati i quarti di finale raggiunti una volta dall’U19, decisamente un magro bottino, e per il futuro non vedo molte possibilità di crescita perché, ripeto, sussistono grandi difetti strutturali come la mancanza di uno sviluppo giovanile, politica scolastica quasi deleteria e sperpero di denaro in opere inutili, come la costruzione di stadi da 50.000 posti in città dove non ci sono neanche club professionistici. Spero che la situazione possa migliorare, anche perché ormai mi sento un vero tifoso del Beijing Guoan, ma con questi presupposti non sono molto fiducioso”.

Sulla necessità di investire nel settore giovanile, insiste anche Daniele D’Eustacchio, lombardo di trentun anni che vive e lavora in Cina da più di sette anni, ed è proprietario di un’azienda che collabora con il governo cinese e il dipartimento dell’educazione sportiva.

“Durante i miei sette anni in Cina, l’esperienza più significativa è stata quella che ho fatto a Wuhai, una cittadina nel mezzo del deserto della Mongolia Interna. Lì ho allenato le squadre giovanili di una scuola, vincendo un campionato e due coppe con la selezione Under 17 maschile, oltre al campionato femminile. Devo dire che le donne in Cina danno più soddisfazione degli uomini in campo calcistico. Il contratto che avevo firmato era molto rigido, non mi permetteva di frequentare le ragazze del luogo, ed essendo una piccola città sperduta, senza altri stranieri, senza cibo occidentale, e con una connessione internet lentissima, ho sofferto un po’ di solitudine. L’esperienza a Wuhai mi ha comunque fatto capire che in Cina si investe ancora troppo poco nel settore giovanile, con discutibili metodi di selezione dei piccoli calciatori, mentre si continuano a buttare milioni di euro ingaggiando allenatori come Lippi e calciatori ormai sulla via della pensione che vengono in Cina a ricoprirsi d’oro prima di ritirarsi. Investire soldi su grandi professionisti che però non sono in grado e magari neanche hanno voglia di integrarsi con la cultura cinese, non serve a nulla.

L’obiettivo della mia azienda, la Beijing Calcio Sports and Culture Ltd., è proprio quello di far sviluppare il calcio in Cina attraverso tutti i settori ad esso correlati, a partire dall’educazione dei più giovani. Puntiamo molto anche agli interscambi culturali, la Nuova Via della Seta gioca in nostro favore anche da un punto di vista commerciale per quel che può riguardare l’alimentazione e l’abbigliamento. Inoltre, tramite l’esperienza pregressa di Yen Wang presidente di ICFA, abbiamo accordi sia con Università italiane che cinesi.

Speriamo che questo progetto sia non solo un’opportunità di crescita per il calcio cinese, ma anche il primo passo per il calcio italiano per poter essere forte nel mercato di questo enorme Paese, il nostro desiderio più grande è che questa collaborazione sia proficua per entrambe le parti”.

Che i cinesi avessero tanti soldi da investire nel calcio, lo avevano già capito soprattutto i tifosi dell’Inter, visto che la società meneghina circa 4 anni fa è stata rilevata da Suning, colosso cinese dell’elettronica, operazione che ha portato il club nerazzurro ad aprire diverse Inter Academy in territorio cinese.

Parte attiva di questo progetto è Raffaele Quaranta, indimenticato idolo della tifoseria andriese a cavallo degli anni ottanta e novanta, capitano della Fidelis che in quegli anni ha centrato due promozioni, dalla C2 alla prima storica promozione in B nel 1992, quest’ultima ottenuta proprio con il suo goal nella vittoria per 1-0 contro il Chieti all’ultima giornata di campionato.

Attualmente, come già detto, Quaranta lavora per l’Inter all’interno del progetto Inter Academy, per il quale anche lui ha vissuto un’esperienza importante nella Repubblica Popolare Cinese.

“La mia avventura in Cina ha avuto due tappe: sono stato per nove mesi a Pechino e tre mesi a Suzhou, vicino a Shanghai, nel sud del Paese. Abbiamo lavorato con la metodologia Inter nelle nostre Academy affiliate in queste due città, avendo come obiettivo quello di formare gli allenatori locali, soprattutto quelli delle fasce di età più basse, perché solo formando dei buoni allenatori di squadre giovanili, il livello calcistico di un Paese si può elevare. Il calcio cinese ha una grande disponibilità economica, e perciò prevedo che in futuro il loro possa diventare un campionato molto interessante, ma ribadisco che deve essere data assoluta priorità ai settori giovanili”.

Uno degli allenatori che ha seguito i corsi di formazioni tenuti, tra gli altri, proprio da Raffaele Quaranta, è Zhang Chao, trentottene cinese con il sogno di allenare in Italia in futuro.

“Ho lavorato per Yihai, una filiale di Inter Academy a Pechino, e grazie a questa esperienza ho potuto anche seguire le lezioni di Quaranta e di altri grandi professionisti legati a Inter Academy, dalle quali ho imparato molto. La mia passione per il calcio nasce nel 1990, quando ho seguito in TV i mondiali di calcio in Italia. A trionfare fu la Germania dei tre “panzer” (Matthaus, Brehme e Klinsmann) che allora militavano nell’Inter, così ho cominciato a seguire i nerazzurri e da allora sono un loro tifoso. Attualmente il livello calcistico nel mio Paese purtroppo è ancora basso, ma stiamo investendo molto in questo settore e perciò sono ottimista per il futuro. Bisogna avere un po’ di pazienza, perché si tratta di un processo a lungo termine, ma sono sicuro che già tra 15 o 20 anni cominceremo a vedere i primi risultati significativi. Per ottenere questi risultati, però, è necessario sviluppare le nostre competenze, e per questo credo che sia fondamentale creare le condizioni per permettere a un buon numero di allenatori e professionisti europei di venire qui a insegnare calcio sia ai bambini che si affacciano a questo meraviglioso sport, sia ai nostri allenatori che purtroppo peccano un po’ di esperienza e competenza, nonostante l’impegno sia massimo. Inoltre, se formiamo bravi calciatori in grado di giocare in Europa, questi potrebbero militare nei migliori campionati, imparando molto e portando poi al servizio dei compagni di nazionale la loro esperienza. Per questo motivo, spero di diventare un bravo allenatore per i nostri ragazzi, e di collaborare anch’io allo sviluppo del calcio nel mio Paese”.

E il calcio femminile? Come già detto da Daniele D’Eustacchio, in Cina il livello del calcio femminile è più alto di quello maschile, come dicono anche i risultati sul campo: una finale persa in Coppa del Mondo, una medaglia d’argento alle Olimpiadi e otto tornei continentali vinti. A parlarcene è la giovane Chen Di, ventun anni, che gioca a pallone a livello amatoriale.

“Gioco a calcio da quando frequento la seconda media. Mi piace molto questo sport, quando ci gioco provo una bella sensazione di libertà. Noi donne in Cina finora abbiamo dimostrato di essere più brave degli uomini in questo sport, ma siccome si tratta comunque di uno sport molto fisico e di contatto, sono relativamente poche le ragazze che lo praticano. Ma, come ho già detto, quelle che lo fanno ottengono ottimi risultati, e un esempio di ciò è la squadra maschile di calcio della mia università, che un paio di anni fa schierava due ragazze in squadra, perché non erano riusciti a trovare due ragazzi al loro livello.

La nazionale femminile si qualifica regolarmente ai campionati mondiali di calcio, al contrario di quella maschile, e anche se non abbiamo mai vinto una Coppa del Mondo, abbiamo trionfato più volte in Coppa d’Asia. Per fare in modo che anche la nazionale maschile raggiunga certi livelli, penso che vadano fatti più investimenti nella formazione dei piccoli calciatori, incentivando l’interesse dei bambini per il calcio. Il nostro governo sta già investendo molto in questo settore, e sono fiduciosa sul fatto che in futuro la situazione non potrà che migliorare”.

Io personalmente auguro a tutte le persone che hanno gentilmente accettato di rilasciare le loro interessantissime dichiarazioni di realizzare i loro obiettivi, e spero anche di vedere presto la nazionale cinese partecipare a un campionato mondiale di calcio, magari nel 2022 o nel 2026, quando ci sarà la prima edizione della Coppa del mondo a 48 squadre, operazione fatta per allargare il giro d’affari a discapito della qualità del torneo, ma questa è un’altra storia.