Brevi riflessioni sull’importanza dei consigli parrocchiale e il loro valore consultivo

La Chiesa a livello universale, nazionale e particolare sta vivendo e riscoprendo il valore della sinodalità, parola che piano piano sta entrando a far parte del nostro vocabolario e che papa Francesco tanto ci raccomanda, trova una sua chiara e intensa attuazione anche nei consigli parrocchiali, che si fanno carico del cammino di vita edi fede della comunità parrocchie in sintonia con le indicazioni pastorali diocesani. Questo stile sinodale da valorizzare negli organismi di partecipazione viene evidenziato anche nel testo preparato dalla CEI per secondo anno di cammino sinodale “I Cantieri di Betani”. In questo testo si legge: « Nell’ambito del cantiere sinodale si potrà poi rispondere alla richiesta, formulata da molti, di un’analisi e un rilancio degli organismi di partecipazione (specialmente i Consigli pastorali e degli affari economici), perché siano luoghi di autentico discernimento comunitario, di reale corresponsabilità, e non solo di dibattito e organizzazione» (I cantieri di Betania, p. 9). Prendendo spunto da questo testo si propone ai lettori, alle lettrice, ai presbiteri e agli operatori pastorali  una riflessione e approfondimento sul tema e l’importanza dei consigli pastorali parrocchiale e la loro natura consultiva. Si ringrazia l’Autore di questa riflessione: don Fabrizio Ammenda, sacerdote della Diocesi di San Marco Argentano-Scalea, dove è vicario parrocchiale nella parrocchia “San Pietro Apostolo” in Roggiano Gravina e svolge il servizio di notaio presso la curia vescovile

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L’esperienza sinodale ha fortemente fatto riscoprire il contributo di parola profetica al consensus fidelium che i battezzati offrono, grazie alla responsabilità  di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l’aiuto dello Spirito Santo, di ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta (GS, 44).

È indubbio che «i fedeli possiedono un istinto per la verità del Vangelo, che permette loro di riconoscere la dottrina e la prassi cristiane autentiche e di aderirvi»[1]. È contemporaneamente chiaro che affinché vi sia una partecipazione autentica al sensus fidei occorre vivere determinate disposizioni: la partecipazione alla vita della Chiesa, l’ascolto della Parola di Dio, l’apertura alla ragione, l’adesione al magistero, il cammino verso la santità con umiltà, libertà e gioia, la ricerca dell’edificazione della Chiesa[2]. E allora nelle parrocchie come “camminare insieme” vivendo il proprio battesimo attraverso un fattivo contributo negli organismi di partecipazione?

Lo scopo del Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) e del Consiglio d’Affari Economici Parrocchiale (CAEP) è risaputo essere  rispettivamente quello di prestare aiuto nel promuovere l’attività pastorale (cfr. can.536) e di aiutare il parroco nell’amministrazione dei beni della parrocchia (cfr. can. 537), fermo restando il disposto del can. 532[3]. Nella Chiesa, grazie al cammino sinodale voluto da Papa Francesco, sono molti quelli che si chiedono se il processo in corso sia in grado di portare delle decisioni concrete, tanto da propone un’ipotesi ben precisa: una sorta di “soggetto comunionale deliberante”[4] composto dai fedeli e dal pastore che prendono assieme decisioni per attuare il bene della Chiesa, optando di fatto per il voto deliberativo piuttosto che per quello consultivo attualmente in vigore sia nel sinodo diocesano che negli organismi di partecipazione parrocchiale.

Nell’attuale ordinamento giuridico canonico, a norma del can. 500 § 2, quando è sancito il consenso, risulta invalido l’atto del superiore che non lo richiede; quando, invece, si esige il consiglio, risulta invalido l’atto posto in essere senza richiederlo (cfr. can 127 § 2, 1° e 2°). Nel complementare can. 934 del Codice per la Chiesa Orientale si evince la duplice differenziazione tra «Superior» (i.e. superiore) e «auctoritas» (i.e. autorità) da una parte, e «consensum» (i.e. consenso) e «consilium» (i.e. parere) dall’altra parte.

Questa duplice differenziazione in merito ai primi due termini «denota il persistere di una mentalità troppo indulgente per il ricorso alle metafore personalistiche del potere, e quindi poco propensa a declinarlo in termini di vero servizio»[5] e al contempo in merito ai secondi due termini sottolinea che «il legislatore codiciale ha fatto palese l’intento di non volere enfatizzare la differenza, sia pure esistente, tra assenso e parere, così come fra modo ultimativo e modo consultivo dello svolgersi del potere»[6]. All’interno del potere, dunque, per prevenire la polarizzazione fra libertà ed autorità da un lato e la sua degenerazione dall’altro, occorre esercitare la funzione consultiva secondo il paradigma del servizio, cioè il corretto modello di un ministerium, atto alla crescita e alla salvezza della comunità ecclesiale e, di conseguenza, dell’umanità intera[7]; diversamente la mentalità corrente, secondo cui il voto consultivo dei consigli pastorali è una mera polarizzazione tra maggioranza e opposizione, fa perdere la bellezza del consiglio, suscitando inevitabilmente disaffezione[8].

Nello specifico, fermo restando che “consultare” implica l’idea di ricercare un giudizio o un consiglio, così come quella di indagare su determinate questioni, nell’attuale ordinamento canonico si parla di voto deliberativo per i titolari di potestà legislativa: i Vescovi nel Concilio Ecumenico (cfr. can.339 § 1), la Conferenza Episcopale (cfr. cann. 454, 455 § 2) e il  concilio particolare (cfr. cann. 443 §§1-2 e 444§ 2). S’’impone pertanto la questione della funzione consultiva a servizio dell’attività di governo allo scopo di sperimentare « la “recezione” come un processo attraverso il quale, sotto la guida dello Spirito, il popolo di Dio riconosce delle intuizioni o delle idee e le integra nella configurazione e nelle strutture della vita e del culto, accettando una nuova testimonianza resa alla verità e alle forme di espressione che le corrispondono, poiché comprende che sono in accordo con la Tradizione apostolica»[9], seppur emergono non poche difficoltà nella prassi quotidiana in merito, ad esempio, a questioni di carattere etico, a causa di un chiaro conflitto tra magistero e opinione dei fedeli.

Nell’esercizio della corresponsabilità, pertanto, viene a delinearsi un discrimine tra il consenso e il parere, cioè tra quelle che realizzano una partecipazione sinodale e quelle che attuano un consulto, da non confondere con le fattispecie della funzione giudiziaria, come, ad esempio, nel caso di perizie o di consulenze tecniche (cfr. can 1574 ss.): «il primo è un’unità o una sintesi compiuta, anche se di parte; il secondo è parte di unità o di una sintesi procedurale, in via di svolgimento»[10]. È proprio nell’esercizio della funzione consultiva, a ben guardare, che si diventa sempre più «capaci di far confluire le elaborazioni e le esperienze maturate nei vari coetus consultivi appartenenti ai diversi livelli o ai vari ambiti settoriali o categoriali, in una o più sedi regionali e, da ultimo, centrali di confronto e di dialogo, rappresentative di tutte le componenti ecclesiali»[11]. Occorre tener presente, infatti, che «in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone» (can. 212 § 3).

Se, dunque, si volesse definire l’originale caratteristica della modalità consultiva tipicamente canonica, si può affermare che, in base all’ermeneutica della continuità, il parere del CPP e del CAEP costruisce il consenso ecclesiale attraverso una tensione comunionale e deve tendere a realizzare il discernimento comunitario: più che dispensare consigli al parroco, si tiene consiglio per permettere alla parrocchia di rispondere alla sua missione, essendo i componenti del consiglio il riflesso della parrocchia piuttosto che i suoi rappresentanti. Il voto consultivo indica pertanto che la responsabilità della decisione appartiene al parroco, ma dopo aver ascoltato e valutato il consilium degli aventi diritto, aspetto che si comprende solo alla luce della corresponsabilità. In definitiva si tratta di un esercizio comunitario e spirituale per cogliere insieme dove porta la lettura dei segni dei tempi, in base al processo secondo cui i parrocchiani elaborano le decisioni (law-making) ed in virtù della sua ordinazione e della nomina ricevuta il parroco prende le decisioni (law-taking) che si impongono e di cui si assume la responsabilità finale[12].

don Fabrizio Ammenda

[1] Commissione Teologica Internazionale, «Il sensus fidei nella vita della Chiesa», presentato su “L’Osservatore romano”in data 20 e 21 giugno 2014, n. 2, fruibile sul sito Vatican.va al seguente link: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140610_sensus-fidei_it.html

[2] Ivi, nn. 88-105.

[3] Can. 532: Il parroco rappresenta la parrocchia, a norma del diritto, in tutti i negozi giuridici; curi che i beni della parrocchia siano amministrati a norma dei cann. 1281-1288.

[4] Cfr. Il futuro della sinodalità in un libro di Coccopalmerio su Vatican News del 20.5.2022, fruibile al link: https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2022-05/coccopalmerio-sinodo-libro-lev.html

[5] S. Berlingò, «“Consensum”, “consilium” e l’esercizio della potestà ecclesiastica», 99.

[6] Ivi, 100.

[7] Cfr. ivi, 118.

[8] Cfr. A. Giraudo, Consiglio Pastorale Diocesano e Parrocchiale. Prospettiva canonistica in Sinodalità a cura di R. Bottacchio e L. Tonnello, Padova 2020, p. 174.

[9] S. Berlingò, «“Consensum”, “consilium” e l’esercizio della potestà ecclesiastica», n. 78.

[10] Ivi, 111.

[11] Ivi, 117.

[12] L. Tonello, Sinodalità e Consigli Pastorali Diocesano e Parrocchiale. Prospettiva teologico pastorale in Sinodalità a cura di R. Bottacchio e L. Tonnello, Padova 2020, p. 161.