
La scuola di creatività “Tutt’altro” non è solo un orgoglio cittadino, ma è anche lo specchio in cui centinaia di bambini rifletteranno la propria immagine nel futuro del mondo. Non è un caso, infatti, che il National Geographic America abbia dedicato un editoriale al progetto sociale di Francesco Merra che, ai nostri microfoni, ha espresso soddisfazione per i 25 anni di questa splendida realtà
Ciao, Francesco. Qual è stato il tuo primo pensiero quando hai saputo che “Tutt’altro” avrebbe avuto un editoriale su National Geographic America?
La prima reazione è stata una reazione di stupore. Dopo ho provato un enorme senso di gratitudine per chi mi ha dato la possibilità di arrivare fin qui. Prima di tutti i miei genitori, mia madre in particolare. E poi i bambini che mi offrono il loro tempo libero, i genitori che mi affidano il loro bene più prezioso. I maestri e gli assistenti di Tutt’altro, nonché gli amici che hanno creduto in questa Scuola di Creatività quando era un’entità astratta.
Da chi hai importato e a chi desideri esportare l’idea di combinare la bellezza della Natura con l’innocenza dei bambini?
A Milano all’Accademia di Brera i miei maestri, in particolare Bruno Munari. Imparare dai suoi corsi che si svolgevano nei corridoi di una pinacoteca così importante con dei capolavori assoluti di Caravaggio, di Mantegna, mi ha dato un’enorme attenzione per la bellezza. Io cerco di insegnare la bellezza ai miei bambini, che sicuramente saranno dei leader: lo capisco dai loro atteggiamenti, da come mi parlano e da come si comportano. Se riusciamo a trasmettere la bellezza della natura, il rispetto dell’altro, l’armonia della diversità così come la gioia di essere accanto ai più deboli a quella che sarà la futura classe dirigente è davvero tantissimo.
Cosa si intende per “scuola creativa”?
La creatività non intesa come imbellettamento, ma come spina dorsale della nostra vita. Io non mi sono più legato al mondo dell’arte ma all’arte del mondo. Ho pensato all’insegnamento della creatività tramite il pensiero progettuale: il progetto infatti risolve un problema , e quando si ha un problema bisogna trovare delle soluzioni. Sono convinto che un atteggiamento propositivo nei confronti dei problemi migliori tantissimo la nostra vita, soprattutto se instillato fin da tenera età. A Tutt’altro si fa tantissima ricerca, che sfocia in quella del proprio sé.
È corretto sostenere che la costruzione di un pozzo in Etiopia sia prodromica ad un progetto più esteso?
Sicuramente lo è e spero sia il primo tassello per i bambini di Tutt’altro. Voglio che imparino a scoprire se stessi aiutando gli altri. Magari noi non ci rendiamo conto di quanto l’acqua sia veramente importante, e questo pozzo in Etiopia vuole renderci consapevoli di quanto siamo fortunati e quanto sia necessario dare agli altri. L’esperienza del pozzo in Etiopia si chiama “Habete Cura”. Il concept è “io appartengo al mondo e il mondo appartiene anche a me”.
Come immagini il futuro di “Tutt’altro”?
Tutt’altro non lo vedo legato soltanto alla città di Andria. Lo vedo un progetto di grande respiro, che abbia grande forza. Ora siamo tanti ed è molto più facile credere nei nostri progetti perché ormai sono diventati una realtà.
Come pensi di festeggiare questi primi 25 anni?
Con dei gesti semplicissimi, ricordandocelo, ricordando tutte le varie tappe di questo percorso. Già National Geographic America ci ha regalato una grande possibilità e nel cassetto mio privato ho quattro righi di un caro amico, che sicuramente avrò il piacere in seguito di condividere.