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La purezza tiene insieme il buono e le scorie, la fissità e i cambiamenti, le ombre e le luci

L’altro giorno, di fronte ad un mare stupendo e invitante, pensavo ad alcune parole di Nietzsche: «bisogna essere un mare per ricevere un fiume sudicio senza diventare impuri».

In effetti la purità può essere una fissazione.

I farisei, ad esempio, si indignavano con Gesù quando toccava cadaveri e donne indisposte, violava il sabato e il tempio. Egli annunciava un’altra purezza, sganciata dalla rigida osservanza di precetti e fatta di cura per gli altri, fermo restando che non mirava ad annacquare il valore della legalità in un perbenismo di facciata. Certo, li fece arrabbiare così tanto che quelli, chiedendo PIENI POTERI al popolo e ai Romani, lo tolsero di mezzo. Ma chi voleva abbindolare? Cosa c’entra la purezza con la denuncia di un sopruso? Il puro tace e acconsente.

Non sembri azzardato il riferimento alla barzelletta dei PIENI POTERI: «prima gli ariani, prima gli italiani» non è forse il grido folle di chi cercava e cerca nella purità un pretesto per innalzare muri e proteggersi dalle proprie falle? E non si tratta forse degli stessi personaggi convinti che una legittimazione di massa conferisca un potere puro, onnipotente, scevro da ogni valutazione?

Vi ricordate lord Voldemort, il nemico di Harry Potter? Stessa situazione: non sopportando l’idea di essere mago solo per metà, dichiara guerra ai babbani: «solo i maghi puri sono degni di vivere». Che brutta cosa non riuscire a capire che le contraddizioni non intaccano la purezza! Persino Harry lo capisce ed impara ad accogliere le scorie di male annidate dentro di lui. Figlio di una madre che di fronte al sacrificio estremo non piagnucola e non si perde in chiacchiere, ma offre la sua vita, e figlio di maghi, puro mago secondo la logica di Voldemort, Harry diventa un mago puro nella misura in cui è disposto ad amare fino e oltre la morte, in una logica nella quale sono le scelte a dire chi uno è, non le parole al vento.

Insomma il narcisista di ogni dove e quando, avendo bisogno di specchi, non può fare a meno di smaniare affinché la purità dell’altro gli confermi: «sei il più bello del reame». La rabbia fuori controllo è assicurata qualora l’altro si opponga e lasci trasparire il disaccordo tipico di ogni relazione normale che, proprio come il mare, nell’apertura trova la via, il ricambio d’acqua per mantenersi pulito. Nelle chiusure tutto è fermo e gestibile ma ristagna, come l’acqua in una pozza.

Il narcisista, spaventato da questa disponibilità a contaminarsi con le contraddizioni proprie e altrui, può solo scagliarsi, con i pieni poteri dell’apparenza capace di distorcere la realtà, contro quei falsi puri che, mannaggia mannaggia, hanno cercato di abbindolarlo! E quando mai è puro, ripeto, chi ha l’ardire di manifestare dissenso? Non può essere puro chi osa sfidare le maschere di coloro i quali devono assolutamente mantenere un’immagine linda e pinta, per il proprio ruolo o più semplicemente per evitare di crollare di fronte a innumerevoli inadempienze.

E invece, come sempre, le parole smentiscono proprio chi ne abusa: il latino purus è legato etimologicamente dalla radice PÛ a putus, ossia netto, schietto. E l’origine del termine è addirittura connessa col greco fiur, da cui il tedesco feuer e l’italiano fuoco. Perché la purezza non è figlia di flebili luci né di scintille impazzite, ma di fuochi costantemente alimentati dalla passione per il quotidiano.

La purezza tiene insieme il buono e le scorie, la fissità e i cambiamenti, le ombre e le luci, i dissidi e le riappacificazioni, le arrabbiature e le risate, le conquiste e gli errori, il peccato e la Grazia: tutto combustibile per il focolare della vita. Che è pura nella misura in cui è umana e continuamente lo diventa, in un contatto aperto e spassionato con gli altri. La purità è l’utopia dei puritani ai quali, sconfitti dalla propria incapacità di tenere insieme tutte le cose, non resta che demolire la purezza altrui: del resto «l’ebbrezza del potere si decompone in raffiche di disagio», come scrive Gabriel Garcia Marquez.

Certo, si era partiti dal mare e si è finiti col fuoco. Ma come: il fuoco e l’acqua? Gli opposti insieme? I poteri, i pieni poteri della purezza.

Controsenso: usi e abusi delle parole quotidiane

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FontePhoto credits: Michela Conte
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Sono un'insegnante, anche se il più delle volte sono io quella in-segnata dai miei studenti. Sono una ricercatrice, perché cerco piste di rilevanza pubblica per una materia troppo fraintesa e troppo di nicchia: la teologia. Sono una giornalista e faccio cose con le parole. "Quello che non ho è quel che non mi manca" (F. De André) e sono immensamente grata alla vita perché, non senza impegno e sacrificio, "ho trovato amore nel mezzo de la via, in abito legger di peregrino" (Dante Alighieri, Vita nova)