La lingua italiana ci offre suffissi per tutte le occasioni. Da superlativi ai pronomi fino ad arrivare agli avverbi, ogni singola parola del nostro vocabolario ci racconta un’epoca, una situazione, il contesto e lo stato d’animo in cui siamo quando la pronunciamo.
Sin da piccolo guardavo al suffisso ‘’enta’’ con la superficialità di chi a quell’età non ci sarebbe mai arrivato o, forse, di chi aveva ancora tanto da imparare in un’adolescenza che, in fondo, è stata estremamente serena. Aver compito da poco trent’anni non ha scalfito in me le speranze di un bambino oniricamente proiettato verso il futuro.

Tutto sommato anche mio padre mi ripeteva che la differenza sostanziale tra le varie generazioni resta sempre la stessa. Quando avevo dieci anni, i miei genitori ne avevano trentacinque e alla mia prima comunione i miei nonni erano poco più che sessantenni. Il mio approccio alla loro pseudo anzianità non è assolutamente mutato nel corso degli anni, anzi.

Tuttora, infatti, ho la sbagliatissima convinzione che trentenni e quarantenni abbiamo capito davvero tutto della vita. Già, sbagliatissima, perché ora che sono anch’io nel club mi rendo conto che nulla è veramente cambiato in me. Certo, ho smussato molti angoli del mio carattere ma chi nasce tondo, fondamentalmente, non muore quadrato.

Se dovessi ripensare a tutte le mie esperienze, però, mi accorgo che, cavolo, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Abituato persino in fasce a lottare nella quotidianità, ho coltivato dentro un senso del sacrificio non comune. Il desiderio di impormi contro tutte le difficoltà mi ha regalato una propensione al lavoro, un andare oltre il rischio calcolato in maniera cosciente e consapevole.
Ammetto di sentirmi spesso un leone in gabbia, un uomo ingabbiato nelle sue paure, ma, perlomeno, adesso queste ansie hanno una forma ben delineata, una logica dedotta dagli incastri che hanno messo insieme i pezzi del mio puzzle chiamato vita.

‘’Non sentirti in colpa se ancora non sai che cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita, i quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno’’(Tratto dal film The Big Kahuna).

Quando l’altro giorno ho soffiato sulle trenta candeline della torta ho espresso un desiderio non comune, un controsenso se si pensa al mia fede calcistica. Ho sperato, infatti, che nel 2016 sulla mia carta d’identità di anni me ne revochino un paio dandoli alle persone a me più care.