Il percorso di Andrea Angelini

Frederic Nietzsche in uno dei tanti Frammenti postumi, vera e propria miniera di idee molte delle quali ancora da metabolizzare nel loro più autentico senso anche se, come hanno sperimentato Simone Weil e Georges Bataille, più ci si avvicina a lui  più si rischia di diventare cenere, non è d’accordo con coloro che sostengono che l’essere giovani sia uno dei periodi più felici della vita, quando invece l’intero destino di ognuno di noi dipende da alcuni sì detti proprio in tale critica età; se questo  è un dato quasi ovvio di fatto nell’esperienza di vita, acquista un significato diverso nell’ambito delle vie non sempre lineari della ricerca e del pensiero  più in generale dove la dialettica dei sì e dei no viene a giocare un ruolo propulsivo con delle poste in gioco non di poco conto. Infatti, pur dando uno sguardo retrospettivo alla storia della scienza, casi del genere si sono verificati prima con Bernhard Riemann nel gettare le basi di una delle geometrie non-euclidee e poi con dei giovani fisici da Einstein a Bohr e Heisenberg, da Fermi a Majorana,  che seppero dire un deciso no ad una ben solida tradizione scientifica col mettere in atto in modo costitutivo quella che Gaston Bachelard, in una delle sue più opere dal significativo titolo  La philosophie du non  del 1940, chiama la ‘filosofia del perché no?’.

È da segnalare che un approccio  simile si sta verificando ultimamente  da parte di alcuni giovani ricercatori nell’ambito degli studi inerenti la filosofia della scienza, disciplina che tra l’altro  e non   caso, forse perché giovane essa stessa in quanto venne a costituirsi come tale solo nei primi decenni del secolo scorso, ne attrae sempre di più in ogni parte del mondo col mettere in campo diverse prospettive e filoni di indagine con l’arricchire il pensiero più in generale; pur facendo tesoro dei ‘doni dell’analisi e del rigore’  consegnatici dalla cosiddetta filosofia standard in tale ambito, come li ha chiamati tempo fa Ludovico Geymonat nell’importarla in Italia nell’immediato secondo dopoguerra per poi prenderne alcune distanze come altre più note figure da Karl Popper a  Thomas Kuhn, alcuni di essi stanno individuando nuovi settori di indagine con ampliarne i contenuti  e metodologie. Nel porsi in maniera programmatica al di là delle pur forti tradizioni di ricerca  esistenti anche per evitare in tale ambito di ricerche nuove forme di koyné come quelle verificatesi nel recente passato che pur necessarie hanno di fatto impoverito le ottiche con cui guardare alle diverse ‘ragioni della scienza’ come le chiamava Federigo Enriques già più di un secolo fa,  alcuni di essi si stanno adoperando per ampliare gli orizzonti del patrimonio epistemologico esistente  e per forgiare di nuovi strumenti quello che Dario Antiseri ha chiamato il nostro ‘arsenale epistemologico-ermeneutico’.

Per chiarire  ulteriori ‘ragioni della scienza’ con tutto il  portato di eventi di verità che provengono da diversi settori a dirla con Alain Badiou, ci viene in aiuto il poderoso lavoro di Andrea Angelini, Biopolitica ed ecologia. L’epistemologia politica del discorso biologico tra Michel Foucault e Georges Canguilhem (Firenze, University Press, 2021), volume che, nell’offrire un non comune percorso dentro il pluriarticolato pensiero di queste figure,  approda ad una organica proposta teoretica basata sull’intreccio stretto tra biologia, ecologia, tecnica e politica  tale da ottenere il Premio Ricerca ‘Città di Firenze’ per il 2020; e questo  vero e proprio tissu costruito tra ambiti che possono sembrare eterogenei  si spiega anche col fatto che Angelini attualmente   svolge la sua attività di ricerca  e quella didattica presso l’Università Paris 8 Vincennes – Saint Denis, Università voluta con tali finalità ‘sperimentali’ dallo stesso Georges Canguilhem sul finire degli anni ’60.  Alla base di tale scelta istituzionale era l’idea, già ben espressa e resa operativa da Jean Piaget nel suo Centre d’Épistémologie génétique a Ginevra, che i veri progressi del pensiero scientifico-filosofico avvengono au carrefour des savoirs, idea che poi è venuta a concretizzarsi con diverse ed ulteriori modalità nella cosiddetta epistemologia della complessità; far dialogare le discipline, una volta chiariti prima gli specifici statuti epistemologici e poi con l’evidenziarne le interconnessioni, è ritenuto strategico sia per dare così adito a nuove costellazioni concettuali o ‘virtualità’ teoretico-esistenziali, nel senso di Gilles Châtelet, e sia per i loro risvolti in campo politico-culturale in senso più ampio (Gilles Châtelet: le virtualità di una vita, 25 novembre 2021).

Fedele a questa che si potrebbe ormai chiamare vera e propria tradizione di ricerca epistemologica francofona e potenziata anche dal suo apporto ad un gruppo di ricerca italiano confluito nella collana ‘Officine filosofiche’ (Per un’epistemologia dell’ecologia: il contributo di Andrea Angelini, 6 maggio 2021),  Andrea Angelini viene a situare questo suo lavoro nell’odierno e variegato dibattito in corso in vari contesti internazionali sulle diverse dimensioni che stanno comportando a più livelli il discorso ecologico ed il  discorso biologico anche da parte di figure come Giuseppe Longo e altre che, a partire dalle matematiche, si stanno interrogando sulle ragioni della vita e la sua specificità, con ricerche condotte presso il Centre Cavaillès;  visti nella loro interazioni e alla luce dei risultati raggiunti in diversi settori, tali discorsi offrono gli strumenti per interrogarne criticamente lo “statuto epistemologico ed il loro funzionamento politico” aspetti essenziali nei percorsi sia di Canguilhem che di Foucault. E come primo e non secondario risultato di tale approccio è un dire no a letture riduttive o di natura esclusivamente politica o sociologica con qualche venatura biologica del complesso discorso di Foucault; è una rilettura portata avanti da Angelini in tutto il lavoro di “Foucault avec  Canguilhem”, approccio che specialmente in Italia non ha ricevuto un’adeguata attenzione critica, nonostante il ricco uso e a volte abuso di molte sue idee nei più svariati campi dove è stata sottovalutata quasi sistematicamente la questione della vita’, ‘il modello biologico’ all’interno del punto di vista  genealogico temi ritenuti invece essenziali per  capire “il vivente come oggetto e presupposto del governo” e la stessa “questione del soggetto”, “le concezioni del sociale e del suo rapporto con l’ambiente”,” lo spazio ambientale e simbiotico delle tecnologie biopolitiche”.

In tal modo, anche grazie a studi recenti condotti anche in Italia  sulla  figura di Canguilhem, la cui Opera omnia  continua in Francia ad essere pubblicata, da giovani e meno giovani, la filosofia della biologia e dell’ecologia per Angelini, nel porre al centro la “vita nella struttura epistemologica moderna”,  sfocia nel rapporto stretto tra “biopolitica e biologia”, nel loro “rapporto congiunturale e plurale’ che richiede quasi che la biologia vada “al di là dell’episteme antropologica”, della visione antropocentrica  come risulta dai risultati innescati negli ultimi decenni dove si parla di “biostoria e di storicità biologica” col mettere al centro il pluralismo evolutivo con le sue categorie di “singolarità, complessità, eterocronia”; tutto ciò richiede da una parte l’andare “oltre Foucault” e dall’altra di fare i conti con “i modi dell’evento biologico tra creazione e vincolo”. Ed è chiaro che la figura di Canguilhem, nell’affrontare la questione della vita, per Angelini offre anche gli strumenti più adeguati per affrontare su diverse basi una “filosofia biologica della tecnica” dove essa, come espressione delle logiche del vivente, diventa a sua volta il “presupposto della scienza” stessa sino a porre la necessità di una “filosofia politica della tecnologia” con l’entrare nel vivo dell’ecologia politica stessa; essa nel farci prendere coscienza dei vincoli in cui ci troviamo immersi è a sua volta bisognosa di una riflessione specifica data la posta in gioco degli eventi planetari che richiedono interventi su larga scala e transgenerazionali, eventi verso i quali non si può più mentire  anche perché più entrano nei nostri orizzonti cognitivi, più  aumenta la nostra responsabilità etico-politica nei loro confronti come avvertiva lucidamente Simone Weil.

Attraverso poi l’analisi di un importante saggio di Canguilhem sul concetto di regolazione ed oggetto di interesse da parte di altri giovani studiosi, Angelini ne offre una non comune “storia epistemologico-politica” non facilmente metabolizzabile in termini concettuali, dati i processi di “autoregolazione e di irregolarità del vivente” che portano all’individualità biologica e alla questione dei vincoli o “naturalismo dei vincoli”; la filosofia della biologia odierna ci conduce verso la comprensione di una storicità intrinseca al vivente, verso un “naturalismo non essenzialista, non deterministico, né riduzionista” e ci costringe a fare i conti sino in fondo con la sua “molteplicità in fieri,  del poter esserecontro il dover essere” e  ci invita anche  a coglierne i segni, gli indizi della sua complessità contro cui si infrange ogni nostro tentativo normativo-politico. Attraverso un confronto critico con i dibattiti filosofico-scientifici in corso nel seno delle scienze biologiche e dell’ambiente, Biopolitica ed ecologia da un lato si presenta, pertanto, come il risultato più organico sul terreno teoretico con vari risvolti, da quello più  epistemico a quello etico-politico, di questa presa di coscienza che deve entrare nel nostro orizzonte culturale  e che porta a quello che viene chiamato “decentramento ecologico della biopolitica” o sulla scia di altri studiosi ad un “correlativo decentramento geo-storico ed eco-storico”; ciò è ritenuto strategico per avviare una “riflessione  sull’a priori storico delle tecnologie biopolitiche” che prenda in esame  ”ridefinendo il nostro spazio politico nella sua complessità multi-temporale, socio-ecologica, co-evolutiva, simbiotica”. Dall’altro lato,  grazie alla presa in carico della non facile boite à outils  fornita sia da Canguilhem che da Foucault e nel viverne sul piano ermeneutico quella che chiama “tensioni” e differenze presenti nei rispettivi percorsi, Andrea Angelini approda, data la dimensione politica dell’ecologia che viene o sotto taciuta o strumentalmente impiegata  per contrastare le scelte che impone, ad un percorso teso a  meglio “diagnosticare il nostro presente” e alla possibilità “di immaginare delle alternative” all’attuale Capitolocene, termine in uso a fianco di Antropocene e a volte in contrapposizione ad esso, come da più parti si sostiene (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022).

Ma ciò che più sorprende, data la giovane età dell’autore di Biopolitica ed ecologia,  è quella tensione cognitivo-esistenziale che si manifesta nei diversi piani del lavoro da quello più propriamente storico dei dibattiti a quello teoretico-epistemologico nel confronto con le tesi sostenute da tali figure  per cercare di “mostrarne la complementarità” ed interrogate nelle pieghe del loro discorso attraverso un confronto con le odierne ricerche scientifiche che ancora, per parafrasare una celebre espressione di Gaston Bachelard, non hanno la filosofia che si meritano. Andrea Angelini è stato in un certo senso fedele a questo intento ed il suo sforzo va valutato in tale direzione, cioè quello di sviscerane aspetti impliciti e germinali che interrogati con adeguati strumenti sono in grado di offrirci altri orientamenti di vita e di pensiero; e come ogni vero ricercatore non si è dimesso, per usare un’espressione di un altro giovane filosofo della scienza francese degli anni ’30 come Albert Lautman (1909-1944) che disse un no deciso all’immagine della scienza del suo periodo con l’avere un motivo più per dire sì alle ragioni della Resistenza, dall’impegno di tradurne alcuni esiti in campo filosofico ed umano più in generale.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.