«Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori!»

(Italo Calvino )

Un soffio intenso arriva e si dispone in un radioso alone di cultura e invita alla lettura degli scritti usciti dalla penna portentosa di Italo Calvino.

Leggendolo, si dipana meravigliosamente quel filo, la trama, dell’interessante e nutrita collana della sua opera letteraria, arricchendone l’animo appassionato di coloro i quali si dispongono a farlo.

Parliamo di opere classiche da cui, una volta tuffatosi nella lettura, non si sfugge senza averne presa coscienza di quanta cultura necessita un uomo per sentirsi parte di “due” mondi. Due mondi appunto: uno piccolo già conosciuto e l’altro immane da apprendere e, magari, da scrivere.

Conoscerlo, affinché ci renda persone partecipi, consapevoli di quella infinita parte, di conoscenza a noi mancante che, una volta attinta, appresa con la lettura, ne potenzierebbe la nostra fantasia e che ci farebbe immaginare storie inesistenti e mai scritte, da scrivere appunto.

Non è per nulla facile il salto che occorrerebbe per saltare il fosso che divide il lettore dallo scrittore. Ma non rimane comunque interdetto a quale grado possa arrivare la fantasia una volta che avrà preso stanza nel cervello, potenziandolo d’immaginazione.

Occorre l’etica giusta, però, per inquadrare il mondo che ci circonda, dove ognuno di noi è immesso, non come punto cardine, ma casuale, imprevisto: alla pari di un aspirante attore intento a imparare la parte del copione a memoria. Questo per poi inserirsi, con sicurezza e determinazione nel ruolo a lui spettante sul palcoscenico della vita.

Si chiami come si vuole un determinato momento della nostra vita purché il suo nome abbia radici discusse e approvate da un insieme di persone le quali non avranno poi problema di sorta per intendersi a dovere.

L’A. in un certo modo afferma che chiamare gli oggetti con un nome e non conoscerne il significato, significa tastare il buio e appoggiarsi all’invisibile, per non cadere e inciampare nel nulla.

Nel racconto “L’origine degli uccelli”, egli ne fa motivo assoluto, incondizionato poiché pone sul proprio “io” l’esistente rebus del:- Cosa significa, “io”?  (Leopardi, in “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” ad un certo punto si chiede:-…Ed io che sono?).

Nei molti casi in cui la memoria dell’uomo si estende a farlo ragionare e lo carica di sentimenti, possiamo affermare che egli vive uno stato efficiente. Non è la medesima cosa nei casi in cui la memoria è sottoposta a stress di qualsivoglia natura o, peggio ancora, rimane atrofizzata per cause cliniche, degenerative. Il contributo che possa dare, a livello sociale, una memoria siffatta, rimane quasi nullo.

La finezza con cui Calvino dipana la matassa e spiega ciò che ha scritto, porta il lettore a non aver dubbi sulla sua bizzarra estrosità e, al medesimo tempo, capirne, assaporandole passo dopo passo, tutte le finezze dei concetti scritti.

Calvino descrive bene e in modo sottile in uno dei suoi racconti (La giornata d’uno scrutatore), dove parla di un seggio elettorale in una struttura a dir poco paradossale, il Cottolengo di Porta Palazzo a Torino.

Il paradosso tra il voto espresso da chi non detiene capacità cognitive con quelli che ce l’hanno è rafforzato molto bene dalla scelta fatta dall’A. sul Cottolengo, come per affermare che per i politici vanno benissimo i voti di tutti: coscienti, fannulloni, religiosi, dementi, deformati, assassini e…perché no? pure i deceduti, purché col loro voto alzino l’asticella a quorum soddisfacente: si tratta di Democrazia, dove tutti abbiamo gli stessi diritti e, in certi casi estremi, anche la carne in decomposizione fa la differenza: bastano le generalità. Saranno bassezze abilmente dissimulate, secondo gli scopi da raggiungere è, generalmente, prerogative di chi fa politica…

Se la fantasia assume spirito di levitazione può liberare la mente dal peso eccessivo delle tante mancate risposte ai quesiti della vita. Avere ali robuste di fantasia, di creatività, significa volare in spazi siderali, mancanti di corpo ma forti di mente, per entrare nel fantastico, plastico, immaginario mondo della creazione e poterne, mentalmente, ritrarre le forme e trascriverle sotto forma di pensieri.

Proprio a questo portano i vibranti scritti-messaggi del nostro illustre scrittore, Italo Calvino.

Leggerne i racconti come pure i saggi, comporta affidarsi, con saggia misura, alla lettura, senza inutili enfasi né impetuosità: Calvino è stato e rimane uno scrittore: Sciolto, impegnato, fantastico.

«L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della “vita” tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la “vita” e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla»

(Italo Calvino)